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tattiche, USA
E se Putin dice la verità?

maggio 17, 2015 2 commenti

F. William Engdahl New Eastern Outlook 15/05/2015
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora Il 26 aprile la principale emittente televisiva nazionale della Russia, Rossija 1, ha intervistato il Presidente Vladimir Putin in un documentario sugli eventi recenti come l’adesione della Crimea, il colpo di Stato degli USA in Ucraina, e lo stato generale della relazioni con Stati Uniti ed Unione europea. Le sue parole erano sincere. E nell’intervento l’ex-dirigente del KGB russo ha sganciato una bomba politica nota dai servizi segreti russi da vent’anni. Putin ha dichiarato senza mezzi termini che a suo parere l’occidente sarebbe contento d’indebolire la Russia, farla soffrire e mendicare dall’occidente, qualcosa chiaramente cui il carattere russo non è disposto. Poi con un breve passo nel suo intervento, il presidente russo ha dichiarato per la prima volta pubblicamente ciò che l’intelligence russa sa da vent’anni, ma su cui è stata in silenzio finora, molto probabilmente nella speranza di una normalizzazione delle relazioni Russia-Stati Uniti. Putin ha dichiarato che il terrorismo in Cecenia e nel Caucaso russo, nei primi anni ’90, fu attivamente sostenuto dalla CIA e dai servizi segreti occidentali per indebolire deliberatamente la Russia. Ha osservato che l’intelligence russa FSB aveva documentato il ruolo occulto degli Stati Uniti, senza fornire dettagli. Putin, professionista dell’intelligence di altissimo livello, ha solo accennato nel suo discorso a ciò che è documentato in dettaglio da fonti non russe. Il rapporto ha enormi implicazioni rivelando al mondo la lunga agenda occulta dei circoli influenti a Washington per distruggere la Russia come Stato sovrano; un ordine del giorno che include il colpo di Stato neo-nazista in Ucraina e la greve guerra delle sanzioni contro Mosca. Quanto segue è tratto dal mio libro, Amerikas Heilige Krieg.
Le guerre cecene della CIA
Non molto tempo dopo che mujahidin finanziati da CIA e servizi segreti sauditi avevano devastato l’Afghanistan alla fine degli anni ’80, costringendo alla ritirata l’esercito sovietico nel 1989, e la dissoluzione dell’Unione Sovietica qualche mese più tardi, la CIA iniziò a cercare possibili luoghi nell’ex-Unione Sovietica dove i suoi “afghani arabi” potessero essere schierati per destabilizzare ulteriormente l’influenza russa nello spazio eurasiatico post-sovietico. Erano chiamati arabi afghani perché furono reclutati dagli ultraconservatori wahabiti di Arabia Saudita, Emirati Arabi, Quwayt e altrove nel mondo arabo in cui si pratica l’ultra-rigida visione wahabita dell’Islam. Furono portati in Afghanistan nei primi anni ’80 da una recluta saudita della CIA inviata in Afghanistan, Usama bin Ladin. Con l’ex-Unione Sovietica nel caos totale e allo sbando, l’amministrazione di George HW Bush decise di “colpirla quando era stesa a terra”, un triste errore. Washington riposizionò i suoi terroristi afghani per creare caos e destabilizzare l’Asia centrale e anche la Federazione Russa, in crisi profonda e traumatica per il collasso economico dell’era Eltsin. Nei primi anni ’90 la società di Dick Cheney, Halliburton, aveva esaminato le potenzialità petrolifere offshore di Azerbaigian, Kazakistan e dell’intero bacino del Mar Caspio. Si stima che la regione fosse “un’altra Arabia Saudita” del valore di diversi miliardi di dollari, sul mercato attuale. Stati Uniti e Regno Unito decisero di tenere quella miniera d’oro petrolifera fuori dal controllo russo con tutti i mezzi. Il primo obiettivo di Washington fu organizzare un colpo di Stato in Azerbaigian contro il presidente Abulfaz Elchibej ed installarne uno più amichevole al Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) controllato dagli statunitensi, “il gasdotto più politico del mondo”, l’oleodotto da Baku in Azerbaijan attraversava la Georgia verso la Turchia e il Mediterraneo. All’epoca, l’unico oleodotto esistente da Baku era il gasdotto sovietico che attraversava la capitale cecena, Groznij, seguendo la rotta a nord, nel Daghestan della Russia e attraversava la Cecenia fino al porto russo sul Mar Nero di Novorossijsk. L’oleodotto era l’unico concorrente e maggiore ostacolo alla molto costosa rotta alternativa di Washington e dei giganti petroliferi inglesi e statunitensi. Il presidente Bush Sr. diede ai suoi vecchi amici della CIA il mandato di distruggere il gasdotto russo e creare un tale caos nel Caucaso che nessuna società occidentale o russa potesse considerare l’uso dell’oleodotto russo di Groznij. Graham E. Fuller, collega di Bush ed ex-vice direttore del Consiglio nazionale sull’intelligence della CIA, fu l’architetto chiave della strategia dei mujahidin della CIA. Fuller descrisse la strategia della CIA nel Caucaso nei primi anni ’90: “La politica per guidare l’evoluzione dell’Islam e aiutarlo contro i nostri avversari ha funzionato meravigliosamente bene in Afghanistan contro l’Armata Rossa. Le stesse dottrine possono ancora essere utili per destabilizzare ciò che resta del potere russo“.
La CIA assunse un veterano degli sporchi trucchi, il generale Richard Secord, per l’operazione. Secord creò una società di copertura della CIA, MEGA Oil. Secord fu condannato negli anni ’80 per il ruolo centrale nelle operazioni illegali armi e droga della CIA, l’Iran-Contra. Nel 1991 Secord, ex- viceassistente del segretario alla Difesa, sbarcò a Baku e costituì la società di facciata della CIA MEGA Oil. Era un veterano delle narco-operazioni segrete della CIA in Laos durante la guerra del Vietnam. In Azerbaigian creò una compagnia aerea che trasportò segretamente centinaia di mujahidin di al-Qaida di bin Ladin dall’Afghanistan all’Azerbaijan. Nel 1993, MEGA Oil aveva reclutato e armato 2000 mujahidin, mutando Baku in una base per le operazioni dei terroristi nel Caucaso. L’operazione segreta dei mujahidin del generale Secord nel Caucaso, scatenò il colpo di stato che rovesciò il presidente Abulfaz Elchibej e piazzò Hejdar Aliev, fantoccio più flessibile degli Stati Uniti. Un rapporto segreto dell’intelligence turco trapelato al Sunday Times di Londra confermò che “due giganti della benzina, BP e Amoco, inglese e statunitense rispettivamente e che formano l’AIOC (Azerbaijan International Oil Consortium), erano dietro il colpo di Stato”. Il capo dei servizi segreti sauditi, Turqi al-Faysal, dispose che il suo agente Usama bin Ladin, che inviò in Afghanistan all’inizio della guerra dei primi anni ’80, usasse l’organizzazione afgana Maqtab al-Qidamat (MAQ) per reclutare gli “arabi afghani” per ciò che stava rapidamente divenendo la jihad globale. I mercenari di bin Ladin furono utilizzati come truppe d’assalto di Pentagono e CIA per coordinare e sostenere le offensive musulmane non solo in Azerbaigian, ma anche in Cecenia e, in seguito, Bosnia. Bin Ladin si portò un altro saudita, Ibn al-Qatab, divenuto comandante o emiro dei jihadisti in Cecenia (sic!) e il signore della guerra ceceno Shamil Basaev. Non importa che Ibn al-Qatab fosse un saudita che parlava a malapena qualche parola di ceceno, per non parlare del russo. Sapeva chi fossero i soldati russi e come ucciderli.
La Cecenia poi era tradizionalmente una società prevalentemente sufi, un ramo apolitico dell’Islam. Ma la crescente infiltrazione dei terroristi sponsorizzati, ben finanziati e ben addestrati dagli USA per predicare la jihad o guerra santa contro i russi, cambiò l’inizialmente riformista movimento di resistenza cecena. Diffusero l’ideologia estremista di al-Qaida nel Caucaso. Sotto la guida di Secord, le operazioni terroristiche dei mujahidin si estesero rapidamente nel vicino Daghestan e in Cecenia, trasformando Baku in un punto del traffico di eroina afgana della mafia cecena. Dalla metà degli anni ’90, bin Ladin pagava i capi guerriglieri ceceni Shamil Basaev e Umar ibn al-Qatab diversi milioni di dollari al mese, la fortuna di un re nell’economicamente desolata Cecenia degli anni ’90, consentendogli di emarginare la maggioranza moderata cecena. I servizi segreti statunitensi furono profondamente coinvolti nel conflitto ceceno fino alla fine degli anni ’90. Secondo Yossef Bodansky, allora direttore della Task Force del Congresso degli Stati Uniti su terrorismo e guerra non convenzionale, Washington partecipò attivamente all'”ennesima jihad anti-russa, cercando di sostenere e potenziare le forze islamiste anti-occidentali più virulenti“. Bodansky rivelò in dettaglio l’intera strategia della CIA nel Caucaso, nella sua relazione, affermando che i funzionari del governo statunitense vi parteciparono, “Una riunione formale in Azerbaijan, nel dicembre 1999, in cui i programmi specifici per addestramento e equipaggiamento dei mujahidin in Caucaso, Centro/Sud Asia e mondo arabo, furono discusse e concordate, concludendosi con il tacito incoraggiamento di Washington agli alleati musulmani (principalmente Turchia, Giordania e Arabia Saudita) e ‘società di sicurezza private’ degli Stati Uniti… ad aiutare i ceceni e i loro alleati islamici nella primavera del 2000 e sostenerne la conseguente jihad per un lungo periodo… la jihad islamista nel Caucaso era un modo per privare la Russia di un oleodotto attivo attraverso la spirale di violenza e terrorismo“. La fase più intensa delle guerre cecene calò nel 2000, solo dopo la pesante azione militare russa che sconfisse gli islamisti. Fu una vittoria di Pirro che costò un enorme numero di vite e la distruzione di intere città. L’esatto bilancio delle vittime dal conflitto ceceno istigato dalla CIA è sconosciuto. Stime non ufficiali variano da 25000 a 50000 morti e dispersi, la maggior parte civili. Le perdite russe furono vicine a 11000, secondo il Comitato delle Madri dei soldati. Le major petrolifere anglo-statunitensi e agenti della CIA erano felici. Avevano quello che volevano: il loro oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, bypassando a Groznij il gasdotto della Russia. I jihadisti ceceni, sotto il comando islamico di Shamil Basaev, continuarono la guerriglia dentro e fuori la Cecenia. La CIA si riorientava nel Caucaso.
Il legame saudita di Basaev
Basaev era parte fondamentale della Jihad Globale della CIA. Nel 1992 incontrò il terrorista saudita Ibn al-Qatab in Azerbaijan. Dall’Azerbaijan, Ibn al-Qatab portò Basaev in Afghanistan per incontrare l’alleato, il saudita Usama bin Ladin. Il ruolo di Ibn al-Qatab era reclutare musulmani ceceni disposti a intraprendere la jihad contro le forze russe in Cecenia, per conto della strategia segreta della CIA per destabilizzare la Russia post-sovietica e garantire il controllo anglo-statunitense sul Caspio. Una volta tornati in Cecenia, Basaev e al-Qatab crearono la Brigata Internazionale Islamica (IIB) con denaro saudita e intelligence della CIA, coordinata dal collegamento saudita a Washington, l’ambasciatore e amico dei Bush principe Bandar bin Sultan. Bandar, ambasciatore saudita a Washington per oltre vent’anni, era così intimo della famiglia Bush che George W. Bush disse che il playboy saudita “Bandar Bush” era un membro onorario della famiglia. Basaev e al-Qatab fecero arrivare in Cecenia combattenti sauditi del ceppo fanatico wahabita dell’Islam sunnita. Ibn al-Qatab comandava coloro che erano chiamati “mujahidin arabi in Cecenia”, suo esercito privato di combattenti arabi, turchi e altri stranieri. Fu anche incaricato di creare campi di addestramento paramilitare nelle montagne del Caucaso della Cecenia, addestrando ceceni e musulmani delle repubbliche russe del Caucaso del Nord e dell’Asia centrale. La Brigata Internazionale Islamica finanziata da sauditi e CIA era responsabile non solo del terrorismo in Cecenia. Compì nell’ottobre 2002 il sequestro di ostaggi nel Teatro di Mosca, Dubrovka, e il raccapricciante massacro della scuola di Beslan del settembre 2004. Nel 2010, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite pubblicò il seguente rapporto sulla Brigata Internazionale Islamica di al-Qatab e Basaev: “La Brigata Internazionale Islamica (IIB) fu indicata il 4 marzo 2003… come associata ad al-Qaida, Usama bin Laden e taliban “partecipando a finanziamento, progettazione, supporto, preparazione e attuazione di atti o attività, in collegamento, in nome di, per conto o a sostegno di al-Qaida… La Brigata Internazionale Islamica (IIB) fu fondata e guidata da Shamil Salmanovich Basaev (deceduto) ed è collegata al Battaglione ricognizione e sabotaggio dei Martiri ceceni Rijadus-Salikhin (RSRSBCM)… e al Reggimento forze speciali islamico (SPIR)… La sera del 23 ottobre 2002, i membri di IIB, RSRSBCM e SPIR congiuntamente sequestrarono oltre 800 ostaggi al Teatro di Mosca (Dubrovka). Nell’ottobre 1999, emissari di Basaev e al-Qatab si recarono nella base di Usama bin Ladin, nella provincia afghana di Kandahar, dove bin Ladin accettò di fornire assistenza militare sostanziale e aiuti finanziari, e anche di prendere accordi per inviare in Cecenia centinaia di combattenti per lottare contro le truppe russe e perpetrare atti di terrorismo. Nello stesso anno, bin Ladin inviò ingenti somme di denaro a Basaev, Movsar Baraev (capo del SPIR) e al-Qatab, da utilizzare esclusivamente per l’addestramento militare, reclutamento di mercenari e acquisto di munizioni”. La “ferrovia terrorista” afgano-caucasica di al-Qaida, finanziata dall’intelligence saudita, aveva due obiettivi. Uno era l’obiettivo saudita di diffondere la fanatica jihad wahabita nell’Asia centrale dell’ex-Unione Sovietica. Il secondo era l’obiettivo della CIA di destabilizzare la Federazione Russa post-sovietica e farla collassare.
Beslan
Il 1° settembre 2004 i terroristi di Basaev e dell’IIB di al-Qattab presero più di 1100 persone in ostaggio, tra cui 777 bambini, nella Scuola Numero Uno (SNO) di Beslan, in Ossezia del Nord, repubblica autonoma nel Caucaso settentrionale della Federazione russa, vicino al confine della Georgia. Il terzo giorno della crisi degli ostaggi, mentre esplosioni furono sentite nella scuola, FSB e altre truppe russe d’élite assaltarono l’edificio. Alla fine, almeno 334 ostaggi furono uccisi, tra cui 186 bambini, con un numero significativo di feriti e dispersi. Fu poi chiaro dopo che le forze russe avevano gestito male l’intervento. La propaganda di Washington, da Radio Free Europe al New York Times e CNN, non persero tempo a demonizzare Putin e la Russia per la cattiva gestione della crisi di Beslan, piuttosto che concentrarsi sui legami di Basaev con al-Qaida e i servizi segreti sauditi. Ciò avrebbe denunciato al mondo le relazioni intime tra la famiglia del presidente degli Stati Uniti George W. Bush e la famiglia miliardaria saudita dei bin Ladin. Il 1 settembre 2001, dieci giorni prima degli attentati al World Trade Center e al Pentagono, il capo dei servizi segreti sauditi, il principe di cultura statunitense Turqi bin Faysal al-Saud che dirigeva l’ntelligence saudita dal 1977, e anche l’intera operazione dei mujahidin di Usama bin Ladin in Afghanistan e Caucaso, all’improvviso e inspiegabilmente si dimise, pochi giorni dopo aver accettato un nuovo mandato a capo dell’intelligence dal suo re. Non diede alcuna spiegazione e fu subito spedito a Londra, lontano da Washington. La cronaca degli intimi legami tra le famiglie bin Ladin e Bush fu insabbiata, in realtà del tutto cancellata con la motivazione della “sicurezza nazionale” (sic!) dalla relazione ufficiale della Commissione sull’11 settembre degli Stati Uniti. L’origine saudita di quattordici dei diciannove presunti terroristi dell’11 settembre a New York e Washington, fu anch’essa eliminata dal rapporto finale della Commissione 911 del governo degli Stati Uniti, pubblicata solo nel luglio 2004 dall’amministrazione Bush, quasi tre anni dopo i fatti.
Basaev si vantò di aver inviato i terroristi a Beslan. Le sue richieste includevano la completa indipendenza della Cecenia dalla Russia, che avrebbe dato a Washington e Pentagono un enorme pugnale strategico sul ventre meridionale della Federazione russa. Alla fine del 2004, a seguito del tragico dramma di Beslan, il Presidente Vladimir Putin ordinò una missione cerca e distruggi segreta all’intelligence russa, per dare la caccia ed eliminare i capi dei mujahidin di Basaev nel Caucaso. Al-Qatab fu ucciso nel 2002. Le forze di sicurezza russe scoprirono che la maggior parte dei terroristi ceceni, afgani ed arabi era fuggita. Si erano messi al sicuro in Turchia, membro della NATO; in Azerbaijan, quasi membro della NATO; in Germania, altro membro della NATO; a Dubai, uno dei più stretti alleati arabi degli Stati Uniti, e nel Qatar, strettissimo alleato degli Stati Uniti. In altre parole, i terroristi ceceni trovarono nella NATO un santuario.
F. William Engdahl è consulente di rischio strategico e docente, laureato in politica dalla Princeton University, è autore di best-seller su petrolio e geopolitica, in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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Iniziativa Popolare dal 24 Giugno al 1 Luglio 2015
non l’avevate mai visto vero?

Fare il blogger dentro Matrix è strano (dovreste provare a passare dall’altra parte, sul serio). Il problema è che se le notizie, anche quelle con le implicazioni più devastanti vengono nascoste dai media mainstream allora fai fatica a credere che siano vere.
Ieri ho ricevuto una mail da Joe Black in cui mi si chiedevano numi su una “piccolissima” questione scovata da Maurizio Blondet l’8 Maggio 2015 (e siccome c’è grossa crisi e ho poco lavoro…. non avevo avuto tempo di leggerla) su un sito Francese ovvero, da Effedieffe tenetevi forte:
L’Austria voterà l’uscita dalla UE
Eppure, segni del risveglio popolare, di fine della passività, si notano. A volte senza far rumore. Il 7 gennaio 2015, un progetto di iniziativa popolare (Volksbegehren) sulla uscita dalla UE è stato accettato dal ministero austriaco dell’Interno. Anche se questa speciale forma di democrazia diretta è prevista dalla legge fondamentale austriaca, non è stato facile: la prima raccolta di firme (diecimila) è stata ritenuta ininfluente dalla Corte costituzionale. Una seconda raccolta, con firme raddoppiate, non ha potuto più essere gettata nel cestino. Sicché, tra il 24 giugno e il primo luglio prossimo, per otto giorni, tutti gli austriaci potranno iscriversi sulle liste ufficiali del loro comune per esprimere ufficialmente, con la loro firma, la loro volontà di uscire dalla UE.
Qui sotto, un estratto del testo ufficiale dei promotori dell’uscita dalla UE:
Solo l’uscita dalla UE ci permetterà di sfuggire ai famigerati accordi transatlantici di libero scambio tra UE ed Usa (TTIP) e Canada (CETA).
L’Austria recupera una parte minima dei miliardi di euro annuali che servono alla ‘promozione’ della UE. Per questi pagamenti annuali, noi siamo contributori netti da venti anni.
L’Austria non ha nemmeno il ‘diritto’ alla co-decisione sull’utilizzo di questi fondi.
A conti fatti, l’appartenenza alla UE dopo 20 anni è un affare in perdita per l’Austria, ha condotto a diminuzioni delle prestazioni sociali e degli investimenti pubblici in favore della popolazione.
Se esce dalla UE, l’Austria non economizzerà solo i pagamenti annuali in qualità di contributore, ma anche i diversi «fondi di salvataggio per l’euro».
Le obbligazioni di deposito (che valgono miliardi di euro) per il Meccanismo europeo di stabilità e le enormi garanzie per il Fondo europeo di stabilità finanziaria (EFSF) sarebbero cancellate.
L’Austria potrebbe reintrodurre la sua moneta e condurre una politica monetaria che serva anzitutto alla sua economia nazionale.
Ed ecco la conclusione del testo:
«Vogliamo di nuovo vivere in un Paese libero e neutrale senza essere una ‘colonia’ di Bruxelles e di Washington. Non vogliamo essere trascinati in conflitti all’estero che non ci riguardano affatto e sono un vero pericolo per la pace. Fermiamo subito queste pretese, altrimenti sarà troppo tardi».
È una comunicazione per una cittadinanza matura, istruita e consapevole — tre caratteri che sfuggono all’italiota. Tuttavia, ai nostri oppressori converrà ricordare il detto di John F. Kennedy: «A forza di soffocare le rivoluzioni pacifiche, si rendono inevitabili le rivoluzioni violente».

Bum!

Francamente appena ho letto l’articolo del Direttore ho pensato che avesse preso un granchio. Ma come, gli Austriaci saranno chiamati a votare sull’Europa e nessuno ne sa niente, ne in Italia ne a cercare in italiano e in inglese su Google o altri motori di ricerca?
Fortunatamente un tedesco molto rudimentale lo conosco (cioè sto ritagliando francobolli di tempo per studiarlo, in Svizzera è molto utile) e dunque ho trovato la notizia, segnatevi questo link:
Ovvero il sito del comitato promotore dell’Iniziativa Popolare che impegna il Parlamento Austriaco a discutere una legge per l’Uscita dell’Austria dall’Europa.
Si tratta di un Volksbegehren ovvero di una procedura costituzionale austriaca che se ho capito bene funziona così: (e qui amici miei chiedo il vostro aiuto, cercate tutte le notizie utili sull’argomento e postatele nei commenti per favore).
Un gruppo di cittadini austriaci raccoglie un certo numero di firme per proporre una iniziativa popolare e sottopone il quesito al Ministro degli Interni e alla Corte Costituzionale Austriaca, il quesito viene vagliato nella sua ammissibilità costituzionale e nella sua rilevanza per i cittadini (numero di firme, 20.000 in questo caso)
Se il quesito passa al vaglio della Corte Costituzionale viene stabilito un periodo di 8 giorni in cui i cittadini austriaci (anche all’estero) possono andare presso comuni e ambasciate a registrarsi e firmare in favore dell’iniziativa popolare.
Se vengono raggiunte le 100.000 firme (su 8,47 milioni di cittadini) allora l’iniziativa popolare è valida
Il Parlamento a questo punto deve discutere della iniziativa popolare nella forma di una proposta di legge in via prioritaria. Cioè a differenza della RIDICOLA iniziativa popolare (fascio-comunista) itaGliana in questo caso il Parlamento Austrico DEVE almeno discuterne (e in seduta pubblica).
Purtroppo la democrazia diretta austriaca non è forte e compiuta come quella svizzera e dunque le Iniziative Popolari (Volksbegehren) non hanno una forza di legge che impegna il parlmento a eseguirle.
da Wikipedia sulle procedure democratiche in Austria
Direct democracy

Austria’s legal system distinguished between three different instruments of direct democracy: referenda (Volksabstimmungen), popular initiatives (Volksbegehren) and national opinion polls (Volksbefragungen).[10]
A referendum on a bill is to be held if a majority of the National Council’s members demand it or by a resolution of the President, which has to be counter-signed by all members of government. Also, substantial changes to the constitution always require a referendum, while changes to parts of the constitution only require a referendum if at least one third of the members of the National Council or if the Federal Council demands it. The result of a referendum is binding and the bill in question is not passed into law if a majority votes against it. Until now there have been two referenda in Austria, the most recent being on its entry into the European Union.[11]
Popular initiatives can start a legislative process: if a popular initiative is signed by at least 100,000 registered voters, the National Council has to consider it. It takes precedence over all other matters on the National Council’s agenda.[12] As of 2010, 32 initiatives have taken place since their introduction in 1963.[10]
National opinion polls or consultative referenda are held, unlike referenda, before the National Council passes a law. Its results are not legally binding and as of the date of writing, no national opinion poll has occurred.[13]
Concludo dicendovi una cosetta: conosco gli Austrici, li conosco molto bene per questioni che riguardano le mie origini familiari, e credetemi, sono il popolo europeo con lo spirito più libero (e libertario) che esista. Non a caso hanno (ancora, e dovranno lottare per mantenerlo) scritto nella loro costituzione il diritto al segreto bancario. Sotto traccia e nemmeno troppo in Austria sta divampando un odio viscerale verso le ingerenze europee, Haider non fu un “incidente della storia” e mi aspetto che dall’Austria e dai suoi cittadini esploda la critica più radicale e vincente alle urne verso Euro e Europa. Non dalla socialista Francia (ma come vi è venuto in mente?) o dalla opportunista Inghilerra . Proprio dall’Austria di cui nessuno parla. Scommettiamo?
p.s. la NOTIZIA è che la Corte costituzionale Austriaca HA FATTO PASSARE IL QUESITO! Incredibile che la questione sia sotto una gigantesca
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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


3 h · https://www.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#




Il Prof Galloni in due minuti fa una cosa che non ha mai fatto nessuno: dice la verità. Una cosa è sicura: sarà molto difficile rivederlo in RAI...
http://coscienzeinrete.net/…/2413-il-prof-galloni-sbugiarda…




Il Prof. Galloni sbugiarda la propaganda renziana in 2 minuti su RAI1
Il professor Galloni, (docente dell'accademia di politica di Coscienzeinrete) ospite di "Uno Mattina" lo scorso 15 maggio, in 4 minuti fa fare una ...
coscienzeinrete.net


http://coscienzeinrete.net/economia...da-la-propaganda-renziana-in-2-minuti-su-rai1
 

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nel video abbiamo la dimostrazione che puoi mettere pippo, pluto e paperino ovunque,,,,prossimamente sulle rampe di cape Canaveral,in orbita con Goldrake,jeg robot e capitan harlock:D:D:D:D:D:D:sad::sad::sad::sad::sad::sad:
 
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La nostra ignoranza è la LORO forza. ha condiviso il video di Pierluigi Seghetti.


2 h · https://www.facebook.com/LaNostraIgnoranzaELaLoroForza#




LA TRUFFA DELL'EURO SPIEGATA DA UN ECONOMISTA.
Nino Galloni ha ricoperto diversi incarichi e ruoli ai ministeri del Bilancio e del Lavoro (dal 1990 è direttore generale al Ministero del Lavoro alla Cooperazione, Osservatorio sul Mercato del Lavoro, Politiche per l’Occupazione Giovanile e Cassa Integrazione Straordinaria nelle grandi imprese), sindaco all'INPDAP sl 2012 e all'OCSE. Dal 2010 è membro effettivo del collegio dei sindaci all'INPS



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Pierluigi Seghetti

Il Professor Nino Galloni, Grande Uomo, Grande Italiano.. !!
Forse non sembra MA STIAMO GIÀ USCENDO DALL’€uro…
Il fatto che le politiche di austerity e di spending review non servano per migliorare i conti pubblici ma per peggiorarli, tutto questo è funzionale ad un preciso disegno…






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mototopo

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MONETA PARALLELA IN GRECIA...CHE PASSIONE!




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1. "La Grecia dovrebbe emettere una moneta parallela per il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, confermando che un accordo con i creditori pubblici è tutt'altro che vicino.


Un paio di funzionari, che hanno partecipato a un incontro insieme al ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, questa settimana, hanno riferito che questi avrebbe citato la possibilità che la Grecia emetta una moneta parallela, qualora non fosse raggiunto a breve un accordo, senza proporla effettivamente come soluzione.
Il riferimento è alle indiscrezioni dei mesi scorsi, quando si è diffusa la voce che il governo greco fosse pronto a pagare stipendi e pensioni con i cosiddetti IOU, certificati di credito, simili alle nostre cambiali "pagherò", che potrebbero essere offerte a dipendenti pubblici e pensionati al posto dei pagamenti cash, consentendo loro di portarli a scontare in banca o di girarli ad altri, ottenendo la somma indicata sui titolo. Si tratterebbe, però, di una monetizzazione vera e propria della spesa pubblica ellenica, perché le banche nei fatti finanzierebbero il governo, a corto di liquidità.
Gli IOU eviterebbero alla Grecia di dichiarare default e forse anche di uscire dall'euro, ma dovrebbero essere tollerati dalla BCE, il cui statuto vieta tale pratica."


2. Se emettere una moneta parallela diviene una soluzione per gli €-rigoristi più intransigenti, e ben interessati al mantenimento dell'euro, un qualche sospetto potrebbe insorgere.
Ma come, i rigoristi germanici che considerano il divieto di emissione di moneta fuori dal potere di autorizzazione della BCE un presidio indispensabile per la loro stessa presenza nell'area euro (art.128 TFUE)?
La questione è semplice e ha a che vedere con gli effetti interni e verso l'estero, di questa moneta parallela: evidentemente idonea, nell'immediato (forse, se non contestata dalla BCE, ma si potrebbe avere un'elasticità "tattica" pur di salvare il sistema di potere dei paesi creditori...), a estinguere i debiti dello Stato verso i cittadini greci (salari e pensioni, pagamento di servizi e persino appalti di lavori pubblici), sarebbe poi simmetricamente idonea a effettuare pagamenti in senso inverso.

3. E' nella natura del "pagherò", che non è una vera moneta, riserva di valore (tanto più se emesso da uno Stato che non ha più il potere di garantirlo!), ma un credito a scadenza futura, che viene naturalmente "scontato" nella sua circolazione e si rapporta, con ciò, in valore (decrescente) al valore che nel frattempo assuma la vera e propria moneta "avente corso legale".
In particolare, la moneta parallela servirebbe, come prima funzione avallata dallo Stato, a estinguere i debiti tributari dei cittadini verso lo Stato greco. Quindi si tratterebbe di un'emissione che, entro un breve periodo di maturazione di tali crediti (dipende dal momento di scadenza del periodo di imposta dei vari tributi), porterebbe ad un innalzamento dell'indebitamento - attenzione CONTEGGIATO IN EURO- dello stesso Stato: un innalzamento direttamente proporzionale alla differenza di valore tra il valore nominale del "pagherò" e il valore (costante e persino accresciuto) dell'euro in cui deve essere espresso il bilancio dello Stato greco.
Cioè a un maggior deficit, determinato da un'estinzione fittizia di entrate non più prelevate in euro: euro che rimarrebbero gli unici idonei a estinguere il debito verso i vari creditori esteri.
Mentre invece, va ribadito, allo Stato greco, si chiede di realizzare un crescente avanzo primario - SEMPRE IN EURO- per poter pagare, in euro, i creditori della trojka.


4. Ma non basta: quella liquidità (una cambiale circolante) servirà ai greci che la ricevono, nell'immediato, anche per acquistare i beni indispensabili alla sopravvivenza e saldare i debiti a titolo privato comunque accumulati. Ad es; rate dei mutui e delle automobili.
Alle banche che li ricevessero (per tali titoli di soluzione dei debiti, essenzialmente con imprese estere) toccherebbe convertirli in euro: ammesso che li accetterebbero pro-solvendo, cioè come pagamenti a titolo definitivo (cosa che presupporebbe uno Stato greco solvibile IN EURO, condizione che, per definizione, non sussisterebbe più, e proprio perchè lo Stato ha emesso tali cambiali che sono la prova provata della mancanza di liquidità, cioè dell'insolvenza).
E le banche dovrebbero al più presto convertirli in euro, sia perchè i loro bilanci devono essere espressi in euro, - se non altro perchè attualmente il sistema bancario greco sopravvive attraverso il sistema di elargizione di emergenza ELA della BCE, ovviamente in EURO -, sia perchè una parte consistente di quegli stessi debiti deve essere pagata al sistema bancario-finanziario estero (creditore di quello greco, per via della operazione importativa sottostante) che ha venduto, in euro, i beni a pagamento rateizzato.


5. E ancora non basterebbe: la liquidità così immessa servirebbe altresì per pagare generi alimentari, farmaci (indispensabili), beni di consumo durevoli di ogni tipo (persino i pezzi di ricambio di frigoriferi e condizionatori, per non parlare del materiale per le sale operatorie- che i greci non potessero più permettersi e che dovessero almeno manutenere), determinando una ulteriore aggiunta di debito commerciale estero.
E questo dato che la Grecia, questo insieme di beni di consumo già non li produceva prima e ora, meno che mai, è in grado di produrli sul proprio territorio, squassato dalla feroce austerità e disoccupazione, devastanti il proprio precedente (e già esile) sistema industriale.


6. Che poi, quest'ultimo, è esattamente il problema (crediti commerciali esteri di medio e breve periodo) che ha portato alla crisi greca e che, nel calcolo degli economisti greci, come costantemente evidenzia Sapir, è decisivo circa la titubanza nell'arrivare all'euro-exit: nel senso che, poi, non si disporrebbe nè delle riserve di valuta pregiata per non deprimere distruttivamente il cambio della eventuale neo-dracma, nè di un sistema industriale per poter prontamente riprendere la produzione dei beni che non convenisse più importare a causa dell'aggiustamento-svalutazione del cambio.
La pseudo-valuta creata con la moneta parallela, anticiperebbe solo questo effetto, di insolvenza aggiuntiva rispetto ai paesi creditori e si trasformerebbe in un ulteriore debito pubblico (per accumulo di uscite-spesa pubblica non compensate da entrate prelevabili in euro, in quanto anticipatamente sostituite dai pagherò, corrisposti come stipendi, pensioni e pagamenti di eventuali residui fornitori dello Stato).


7. Il quadro dovrebbe essere chiaro: in questa situazione, la moneta parallela sarebbe null'altro che un aggravamento della situazione debitoria verso l'estero sia dello Stato che del sistema bancario greco, e dunque dell'insieme dei cittadini greci, che si troverebbero a detenere uno strumento di pagamento che "scotta", in quanto per definizione costretti a usarlo in super-offerta per convertirlo in euro (essi stessi o il sistema bancario greco: in pratica non cambia molto, tranne un leggero lag temporale di conversione rispetto alle transazioni).


8. La super-offerta significa che il prezzo di questa moneta parallela sarebbe immediatamente depresso nel "cambio" rispetto all'euro, che rimarrebbe la vera valuta di pagamento di ultima istanza (di pagamento di debiti pregressi o ulteriori espressi in euro): ci sarebbe la corsa a liberarsene e questo scatenerebbe un'inflazione galoppante.
Ma solo sul versante della capacità di pagamento (con moneta parallela a rapida svalutazione) dei greci e sul livello dei prezzi interni: il debito essenziale legalmente fissato in euro, essendo verso "l'esterno", si rivaluterebbe simmetricamente, creando condizioni ancora più dure di possibile rientro, a vantaggio di creditori che si sono mostrati intransigenti e spietati.
Per questo Schauble caldeggia la moneta parallela...


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sabato 23 maggio 2015

L'OCSE E L'ILLUSIONE FINANZIARIA AL SERVIZIO DELL'IMMINENTE NEO-WELFARE BANCARIO (l'ingiustizia sociale, no?)




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1. Vi propongo un fresco indizio a pistola fumante:


Da http://www.independent.co.uk





"I paesi sviluppati con maggiori disparita?? di reddito

Uno studio dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico dimostra come la disparità di reddito ostacoli la crescita economica e rovini il tessuto sociale.




Nel rapporto OCSE si vede come la differenza tra ricchi e poveri cresca sia in tempi di prosperità sia in periodi di crisi, e come i grandi gruppi si spartiscano i profitti maggiori lasciando poco o niente alle famiglie.




L’Italia si trova nella parte bassa della classifica, ma non tra i 10 stati peggiori, che sono, nell’ordine: Cile, Messico, Turchia, Stati Uniti, Israele, Regno Unito, Grecia, Estonia, Portogallo e Giappone."


2. E qui incominciano gli "avvertimenti" dell'Ocse.
Straovvia l'assenza di qualunque riferimento all'assetto del mercato del lavoro e alle politiche di contenimento del deficit pubblico, imposte a colpi di condizionalità e di trattati di liberoscambio.
Per il Cile e per il Messico, come pure per gli Stati Uniti, abbiamo abbondantemente illustrato.
Per il Portogallo rinviamo al "solito" grande Riccardo Seremedi e per il Giappone al dettagliato studio di Sofia (rammentiamo la "strana" assonanza tra il rapporto di lavoro "Arbaito" e il modello Walmart...).
Ma abbiamo anche visto come funziona nel Regno Unito sull'inerzia del para-welfare post Thatcher (in salsa iperfinanziaria blairiana).
Sulla Grecia non c'è bisogno di spiegazioni: l'OCSE, denuncia qualcosa che pare implicare la "consueta" responsabilità delle politiche nazionali, senza alcun segno di pentimento e senso della realtà (a differenza del FMI, che, a sua volta, non ne trae le conseguenze).
Insomma, la "condizionalità" per l'OCSE è un oscuro fenomeno estemporaneo, come un cambiamento climatico innescato da forze incontrollabili su cui è inutile spendere parole e additare meccanismi causali.


3. Infatti, arrivando sul pianeta giusto adesso, con un volo "last minute", e cercando "sotto il lampione", l'OCSE "constata e invita", come se nulla fosse: in pratica senza memoria alcuna di decenni delle sue prediche precedenti, sulle riforme strutturali, a cui certo non dedica alcun riferimento nè una rinuncia al considerarle la "soluzione":
"In cambio, la disparità influisce negativamente sul PIL: si vede, infatti, come nei 34 stati membri dell’OCSE l’aumento delle disuguaglianze tra gli stipendi dal 1985 al 2005 abbia causato un rallentamento della crescita complessiva, con una media di 4.7 punti percentuali in meno tra il 1990 e il 2010.
I ricercatori hanno messo i cosiddetti “paesi sviluppati” in una tabella in base alla differenza di reddito nella popolazione. L’OCSE sostiene che il rapporto non riguardi solo l’economia, ma anche la politica e il sociale.

L’Organizzazione ha invitato i leader mondiali ad adottare politiche contro la polarizzazione tra ricchi e poveri, contro le differenze di genere e la concentrazione dei grandi patrimoni.

“Introiti più bassi non permettono alle persone di realizzare il loro capitale umano, con ripercussioni negative sull’intera economia”, si legge nel rapporto dell’OCSE."




4. Perciò non si cresce e l'output-gap è spaventosamente evidente; ma per l'OCSE ciò non ha nulla a che fare, parrebbe, nè con le politiche fiscali nè col mercato del lavoro costantemente "consigliati" dall'OCSE medesimo; mentre l'invito a correggere le ingiustizie, si appunta contro i "grandi patrimoni", oltre a un fantastico invito al diritto cosmetico "contro le differenze di genere": di cui proprio non può scorgere la connessione coi tagli al welfare e la denatalità, finendo per caldeggiare "l'esercito industriale di riserva" aggiuntivo delle "in-quanto-donne"; e fingendo di ignorare che, col mercato del lavoro idolatrato dall'OCSE, l'allineamento di genere può solo andare nel senso dell'abbassamento retributivo per tutte/tutti, dato che predica "a tutte le genti", pur sempre, la massima flessibilità del lavoro in base alla sue irrinunciabili classifiche, ad indicatori ben calibrati.



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5. Alla fine della giostra, una volta ritradotto, il senso dell'invito è "tassate i grandi patrimoni": che poi sarebbe a dire, di individuarli, - in una società globalizzata a crescente indebitamento privato!-, in termini di basi imponibili a valori di mercato nazionali; cioè mediante tasse prelevabili solo sui patrimoni radicati nei territori e non debitamente occultati dalla liberalizzazione dei capitali e dallo shadow banking off-shore.
Ragion per cui, un vero ricco, spesso non figura come intestatario di nulla (o quasi, se non è uno sprovveduto), per le autorità fiscali di singoli Stati, "invitate", senza alternative serie e veritiere, a punire i pesci medi, e medio-piccoli; cioè coloro che, nelle neo-statistiche della ricchezza territoriale al ribasso, figureranno come parassiti che affamano il resto della società (pur costituendo in pratica una parte maggioritaria della società...già impoverita).
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6. Una tassazione patrimoniale che così pressantemente suggerita, farà accelerare oltretutto lo scoppio delle bolle immobiliari (e, ovviamente, non solo) innescate dal denaro facile riversato nel settore finanziario dalle "banche indipendenti".
Ma si tratta di prendere il malloppo, utilizzando gli Stati (obbedienti all'ordine internazionale dei mercati) e il moralismo dell'ingiustizia sociale (senza indicarne le cause), finchè si è in tempo: cioè, prima che si dissolvano i valori di mercato, comunque destinati al periodico sboom (in tutti i paesi ex avanzati, e assoggettati alle politiche supply-side della competitività, predicate dall'OCSE, dove i salari sostengono i consumi solo perchè "garantiscono" livelli di indebitamento insostenibili nel tempo, per ogni genere di beni: di consumo e patrimoniali veri e propri).

7. Tutto pare quindi tendere ad un obiettivo: trasformare il gettito fiscale relativo alla intensificata caccia ai ricchi...sprovveduti, - individuando soglie opportune di patrimoni "indecenti" (come già avviene sempre più per le "pensioni d'oro")-, in soldini da versare in welfare bancario di soccorso alle banche mutuanti nonchè detentrici dei derivati sui mutui, nell'intreccio "Repo" dalle due parti dell'Atlantico.
Questi crediti (aggiuntivi alla marea delle sofferenze, dovuta alla mai menzionata crisi da domanda innescata dal mercato del lavoro predicato dall'OCSE), in realtà, sono già a rischio bolla, comunque, anche senza inviti dell'OCSE, ma per la sola inerzia della finanziarizzazione, di scoppiare entro poco tempo.
Insomma, quando il rischio sub-prime (di ogni genere) si fa duro, l'OCSE si rammenta della ingiustizia sociale e torna alla carica per il grande festino del patrimonio delle famiglie.
Tanto per ricordare:

8. TRE UOMINI IN BARCA (Renzi, Mentana e....Barca)? O TRE UOMINI E UNA PECORA (PATRIMONIALE)?

"Mettendo in gioco l'illusione finanziaria, vorrà dire che le "entrate straordinarie" ce le becchiamo comunque, ma in una forma che verrà fatta apparire come una cosa positiva.
Vale a dire: la patrimoniale (una tantum, cioè straordinaria) dovrebbe essere di 400 miliardi, perchè questo è il livello della colpa che avete accumulato vivendo al di sopra delle vostre possibilità e, naturalmente, provocando la disoccupazione giovanile (che è naturalmente colpa di chi, responsabile di un'assurda distribuzione della ricchezza e del reddito, si è comprato casa o ha maturato una pensione o ha comunque risparmiato, provocando il problema, centralissimo, del debito pubblico): ma siccome loro sono buoni, internazionalisti e "di sinistra", e ci tengono all'occupazione giovanile ma anche alla "ricrescita" (il punto non è mai chiarito nei suoi meccanismi causali, ma si tratta di aritmetica ordoliberista, cioè pop di facciata ed "esoterica" nelle sue radici), la faranno per un pò meno oppure in comode rate pagabili in 3-5 anni.

...Interviene a questo punto una correlazione tra risparmio=riserva di liquidità da spendere e livello della domanda aggregata; un fenomeno che tende ad accentuarsi quando la politica fiscale crea univoche e costanti attese di pressione fiscale comunque crescente, facendosi valere, non tanto nella mentalità corrente, quanto nella teoria economica innestata di forza sul corpo sociale, una delle principali "equivalenze ricardiane": cioè si considera che il debito pubblico equivalga, in modo totale o consistente - come in definitiva assume la riduzione predicata dal fiscal compact- alla capitalizzazione di futuri incrementi di imposizione fiscale adottati per ripagarlo (cosa che presuppone come assioma incontestabile la banca centrale indipendente "pura", attualmente sancita dai trattati europei).


...E il fenomeno in esame ci riporta un effetto diretto della tassazione patrimoniale, del tutto trascurato.
Cioè quello della "propensione marginale al consumo" connessa al risparmio stesso, quale ci ha segnalato StefanoC., nella misura individuata da Bankitalia, in modo, peraltro alquanto prudente, se non sottostimato: e questo in relazione alle eccezionali condizioni congiunturali, legate proprio alla suddetta equivalenza ricardiana, che il bench mark USA considerato da Bankitalia non sconta nella stessa misura. Se non altro perchè, come tutti ben sanno, quella realtà non ha affatto una banca centrale indipendente "pura".
Ma anche superando queste non trascurabili obiezioni, che ci indicherebbero una propensione marginale al consumo del nostro risparmio, specialmente monetario-finanziario, ben più alta, l'effetto di una patrimoniale una tantum, - specie in una situazione di auspicata ma improbabile "ricrescita fenice" e di sicura recessione appena vissuta con crescita attuale intorno allo zero (ma solo nell'ultimo e provvisorio trimestre 2013)-, risulterebbe comunque devastante. Sfefano stesso evidenzia la cosa in questi termini:
"Ho trovato qui sull' "effetto ricchezza": http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td04/td510_04/td510/sintesi_510.pdf
Per quanto concerne la sola ricchezza finanziaria, la propensione marginale al consumo è simile nei due paesi [USA e ITA], pari a circa 9 centesimi per ogni euro di ricchezza finanziaria. ...
Per quanto concerne la ricchezza reale (essenzialmente abitazioni e altri immobili), la propensione marginale al consumo delle famiglie italiane è pari a circa 2,5 centesimi per ogni euro di ricchezza reale."

Dunque una patrimoniale che innescasse una perdita anche solo del 10% del valore reale degli immobili (via credit crunch o tassa ricorrente) produrrebbe una calo di 12 miliardi in meno in termini di consumi. (5000mld*10%*2.5%=12.5miliardi)."








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mototopo

Forumer storico
MONETA PARALLELA IN GRECIA...CHE PASSIONE!




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1. "La Grecia dovrebbe emettere una moneta parallela per il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, confermando che un accordo con i creditori pubblici è tutt'altro che vicino.


Un paio di funzionari, che hanno partecipato a un incontro insieme al ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, questa settimana, hanno riferito che questi avrebbe citato la possibilità che la Grecia emetta una moneta parallela, qualora non fosse raggiunto a breve un accordo, senza proporla effettivamente come soluzione.
Il riferimento è alle indiscrezioni dei mesi scorsi, quando si è diffusa la voce che il governo greco fosse pronto a pagare stipendi e pensioni con i cosiddetti IOU, certificati di credito, simili alle nostre cambiali "pagherò", che potrebbero essere offerte a dipendenti pubblici e pensionati al posto dei pagamenti cash, consentendo loro di portarli a scontare in banca o di girarli ad altri, ottenendo la somma indicata sui titolo. Si tratterebbe, però, di una monetizzazione vera e propria della spesa pubblica ellenica, perché le banche nei fatti finanzierebbero il governo, a corto di liquidità.
Gli IOU eviterebbero alla Grecia di dichiarare default e forse anche di uscire dall'euro, ma dovrebbero essere tollerati dalla BCE, il cui statuto vieta tale pratica."


2. Se emettere una moneta parallela diviene una soluzione per gli €-rigoristi più intransigenti, e ben interessati al mantenimento dell'euro, un qualche sospetto potrebbe insorgere.
Ma come, i rigoristi germanici che considerano il divieto di emissione di moneta fuori dal potere di autorizzazione della BCE un presidio indispensabile per la loro stessa presenza nell'area euro (art.128 TFUE)?
La questione è semplice e ha a che vedere con gli effetti interni e verso l'estero, di questa moneta parallela: evidentemente idonea, nell'immediato (forse, se non contestata dalla BCE, ma si potrebbe avere un'elasticità "tattica" pur di salvare il sistema di potere dei paesi creditori...), a estinguere i debiti dello Stato verso i cittadini greci (salari e pensioni, pagamento di servizi e persino appalti di lavori pubblici), sarebbe poi simmetricamente idonea a effettuare pagamenti in senso inverso.

3. E' nella natura del "pagherò", che non è una vera moneta, riserva di valore (tanto più se emesso da uno Stato che non ha più il potere di garantirlo!), ma un credito a scadenza futura, che viene naturalmente "scontato" nella sua circolazione e si rapporta, con ciò, in valore (decrescente) al valore che nel frattempo assuma la vera e propria moneta "avente corso legale".
In particolare, la moneta parallela servirebbe, come prima funzione avallata dallo Stato, a estinguere i debiti tributari dei cittadini verso lo Stato greco. Quindi si tratterebbe di un'emissione che, entro un breve periodo di maturazione di tali crediti (dipende dal momento di scadenza del periodo di imposta dei vari tributi), porterebbe ad un innalzamento dell'indebitamento - attenzione CONTEGGIATO IN EURO- dello stesso Stato: un innalzamento direttamente proporzionale alla differenza di valore tra il valore nominale del "pagherò" e il valore (costante e persino accresciuto) dell'euro in cui deve essere espresso il bilancio dello Stato greco.
Cioè a un maggior deficit, determinato da un'estinzione fittizia di entrate non più prelevate in euro: euro che rimarrebbero gli unici idonei a estinguere il debito verso i vari creditori esteri.
Mentre invece, va ribadito, allo Stato greco, si chiede di realizzare un crescente avanzo primario - SEMPRE IN EURO- per poter pagare, in euro, i creditori della trojka.


4. Ma non basta: quella liquidità (una cambiale circolante) servirà ai greci che la ricevono, nell'immediato, anche per acquistare i beni indispensabili alla sopravvivenza e saldare i debiti a titolo privato comunque accumulati. Ad es; rate dei mutui e delle automobili.
Alle banche che li ricevessero (per tali titoli di soluzione dei debiti, essenzialmente con imprese estere) toccherebbe convertirli in euro: ammesso che li accetterebbero pro-solvendo, cioè come pagamenti a titolo definitivo (cosa che presupporebbe uno Stato greco solvibile IN EURO, condizione che, per definizione, non sussisterebbe più, e proprio perchè lo Stato ha emesso tali cambiali che sono la prova provata della mancanza di liquidità, cioè dell'insolvenza).
E le banche dovrebbero al più presto convertirli in euro, sia perchè i loro bilanci devono essere espressi in euro, - se non altro perchè attualmente il sistema bancario greco sopravvive attraverso il sistema di elargizione di emergenza ELA della BCE, ovviamente in EURO -, sia perchè una parte consistente di quegli stessi debiti deve essere pagata al sistema bancario-finanziario estero (creditore di quello greco, per via della operazione importativa sottostante) che ha venduto, in euro, i beni a pagamento rateizzato.


5. E ancora non basterebbe: la liquidità così immessa servirebbe altresì per pagare generi alimentari, farmaci (indispensabili), beni di consumo durevoli di ogni tipo (persino i pezzi di ricambio di frigoriferi e condizionatori, per non parlare del materiale per le sale operatorie- che i greci non potessero più permettersi e che dovessero almeno manutenere), determinando una ulteriore aggiunta di debito commerciale estero.
E questo dato che la Grecia, questo insieme di beni di consumo già non li produceva prima e ora, meno che mai, è in grado di produrli sul proprio territorio, squassato dalla feroce austerità e disoccupazione, devastanti il proprio precedente (e già esile) sistema industriale.


6. Che poi, quest'ultimo, è esattamente il problema (crediti commerciali esteri di medio e breve periodo) che ha portato alla crisi greca e che, nel calcolo degli economisti greci, come costantemente evidenzia Sapir, è decisivo circa la titubanza nell'arrivare all'euro-exit: nel senso che, poi, non si disporrebbe nè delle riserve di valuta pregiata per non deprimere distruttivamente il cambio della eventuale neo-dracma, nè di un sistema industriale per poter prontamente riprendere la produzione dei beni che non convenisse più importare a causa dell'aggiustamento-svalutazione del cambio.
La pseudo-valuta creata con la moneta parallela, anticiperebbe solo questo effetto, di insolvenza aggiuntiva rispetto ai paesi creditori e si trasformerebbe in un ulteriore debito pubblico (per accumulo di uscite-spesa pubblica non compensate da entrate prelevabili in euro, in quanto anticipatamente sostituite dai pagherò, corrisposti come stipendi, pensioni e pagamenti di eventuali residui fornitori dello Stato).


7. Il quadro dovrebbe essere chiaro: in questa situazione, la moneta parallela sarebbe null'altro che un aggravamento della situazione debitoria verso l'estero sia dello Stato che del sistema bancario greco, e dunque dell'insieme dei cittadini greci, che si troverebbero a detenere uno strumento di pagamento che "scotta", in quanto per definizione costretti a usarlo in super-offerta per convertirlo in euro (essi stessi o il sistema bancario greco: in pratica non cambia molto, tranne un leggero lag temporale di conversione rispetto alle transazioni).


8. La super-offerta significa che il prezzo di questa moneta parallela sarebbe immediatamente depresso nel "cambio" rispetto all'euro, che rimarrebbe la vera valuta di pagamento di ultima istanza (di pagamento di debiti pregressi o ulteriori espressi in euro): ci sarebbe la corsa a liberarsene e questo scatenerebbe un'inflazione galoppante.
Ma solo sul versante della capacità di pagamento (con moneta parallela a rapida svalutazione) dei greci e sul livello dei prezzi interni: il debito essenziale legalmente fissato in euro, essendo verso "l'esterno", si rivaluterebbe simmetricamente, creando condizioni ancora più dure di possibile rientro, a vantaggio di creditori che si sono mostrati intransigenti e spietati.
Per questo Schauble caldeggia la moneta parallela...


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sabato 23 maggio 2015

L'OCSE E L'ILLUSIONE FINANZIARIA AL SERVIZIO DELL'IMMINENTE NEO-WELFARE BANCARIO (l'ingiustizia sociale, no?)




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1. Vi propongo un fresco indizio a pistola fumante:


Da http://www.independent.co.uk





"I paesi sviluppati con maggiori disparita?? di reddito

Uno studio dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico dimostra come la disparità di reddito ostacoli la crescita economica e rovini il tessuto sociale.




Nel rapporto OCSE si vede come la differenza tra ricchi e poveri cresca sia in tempi di prosperità sia in periodi di crisi, e come i grandi gruppi si spartiscano i profitti maggiori lasciando poco o niente alle famiglie.




L’Italia si trova nella parte bassa della classifica, ma non tra i 10 stati peggiori, che sono, nell’ordine: Cile, Messico, Turchia, Stati Uniti, Israele, Regno Unito, Grecia, Estonia, Portogallo e Giappone."


2. E qui incominciano gli "avvertimenti" dell'Ocse.
Straovvia l'assenza di qualunque riferimento all'assetto del mercato del lavoro e alle politiche di contenimento del deficit pubblico, imposte a colpi di condizionalità e di trattati di liberoscambio.
Per il Cile e per il Messico, come pure per gli Stati Uniti, abbiamo abbondantemente illustrato.
Per il Portogallo rinviamo al "solito" grande Riccardo Seremedi e per il Giappone al dettagliato studio di Sofia (rammentiamo la "strana" assonanza tra il rapporto di lavoro "Arbaito" e il modello Walmart...).
Ma abbiamo anche visto come funziona nel Regno Unito sull'inerzia del para-welfare post Thatcher (in salsa iperfinanziaria blairiana).
Sulla Grecia non c'è bisogno di spiegazioni: l'OCSE, denuncia qualcosa che pare implicare la "consueta" responsabilità delle politiche nazionali, senza alcun segno di pentimento e senso della realtà (a differenza del FMI, che, a sua volta, non ne trae le conseguenze).
Insomma, la "condizionalità" per l'OCSE è un oscuro fenomeno estemporaneo, come un cambiamento climatico innescato da forze incontrollabili su cui è inutile spendere parole e additare meccanismi causali.


3. Infatti, arrivando sul pianeta giusto adesso, con un volo "last minute", e cercando "sotto il lampione", l'OCSE "constata e invita", come se nulla fosse: in pratica senza memoria alcuna di decenni delle sue prediche precedenti, sulle riforme strutturali, a cui certo non dedica alcun riferimento nè una rinuncia al considerarle la "soluzione":
"In cambio, la disparità influisce negativamente sul PIL: si vede, infatti, come nei 34 stati membri dell’OCSE l’aumento delle disuguaglianze tra gli stipendi dal 1985 al 2005 abbia causato un rallentamento della crescita complessiva, con una media di 4.7 punti percentuali in meno tra il 1990 e il 2010.
I ricercatori hanno messo i cosiddetti “paesi sviluppati” in una tabella in base alla differenza di reddito nella popolazione. L’OCSE sostiene che il rapporto non riguardi solo l’economia, ma anche la politica e il sociale.

L’Organizzazione ha invitato i leader mondiali ad adottare politiche contro la polarizzazione tra ricchi e poveri, contro le differenze di genere e la concentrazione dei grandi patrimoni.

“Introiti più bassi non permettono alle persone di realizzare il loro capitale umano, con ripercussioni negative sull’intera economia”, si legge nel rapporto dell’OCSE."




4. Perciò non si cresce e l'output-gap è spaventosamente evidente; ma per l'OCSE ciò non ha nulla a che fare, parrebbe, nè con le politiche fiscali nè col mercato del lavoro costantemente "consigliati" dall'OCSE medesimo; mentre l'invito a correggere le ingiustizie, si appunta contro i "grandi patrimoni", oltre a un fantastico invito al diritto cosmetico "contro le differenze di genere": di cui proprio non può scorgere la connessione coi tagli al welfare e la denatalità, finendo per caldeggiare "l'esercito industriale di riserva" aggiuntivo delle "in-quanto-donne"; e fingendo di ignorare che, col mercato del lavoro idolatrato dall'OCSE, l'allineamento di genere può solo andare nel senso dell'abbassamento retributivo per tutte/tutti, dato che predica "a tutte le genti", pur sempre, la massima flessibilità del lavoro in base alla sue irrinunciabili classifiche, ad indicatori ben calibrati.



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5. Alla fine della giostra, una volta ritradotto, il senso dell'invito è "tassate i grandi patrimoni": che poi sarebbe a dire, di individuarli, - in una società globalizzata a crescente indebitamento privato!-, in termini di basi imponibili a valori di mercato nazionali; cioè mediante tasse prelevabili solo sui patrimoni radicati nei territori e non debitamente occultati dalla liberalizzazione dei capitali e dallo shadow banking off-shore.
Ragion per cui, un vero ricco, spesso non figura come intestatario di nulla (o quasi, se non è uno sprovveduto), per le autorità fiscali di singoli Stati, "invitate", senza alternative serie e veritiere, a punire i pesci medi, e medio-piccoli; cioè coloro che, nelle neo-statistiche della ricchezza territoriale al ribasso, figureranno come parassiti che affamano il resto della società (pur costituendo in pratica una parte maggioritaria della società...già impoverita).
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6. Una tassazione patrimoniale che così pressantemente suggerita, farà accelerare oltretutto lo scoppio delle bolle immobiliari (e, ovviamente, non solo) innescate dal denaro facile riversato nel settore finanziario dalle "banche indipendenti".
Ma si tratta di prendere il malloppo, utilizzando gli Stati (obbedienti all'ordine internazionale dei mercati) e il moralismo dell'ingiustizia sociale (senza indicarne le cause), finchè si è in tempo: cioè, prima che si dissolvano i valori di mercato, comunque destinati al periodico sboom (in tutti i paesi ex avanzati, e assoggettati alle politiche supply-side della competitività, predicate dall'OCSE, dove i salari sostengono i consumi solo perchè "garantiscono" livelli di indebitamento insostenibili nel tempo, per ogni genere di beni: di consumo e patrimoniali veri e propri).

7. Tutto pare quindi tendere ad un obiettivo: trasformare il gettito fiscale relativo alla intensificata caccia ai ricchi...sprovveduti, - individuando soglie opportune di patrimoni "indecenti" (come già avviene sempre più per le "pensioni d'oro")-, in soldini da versare in welfare bancario di soccorso alle banche mutuanti nonchè detentrici dei derivati sui mutui, nell'intreccio "Repo" dalle due parti dell'Atlantico.
Questi crediti (aggiuntivi alla marea delle sofferenze, dovuta alla mai menzionata crisi da domanda innescata dal mercato del lavoro predicato dall'OCSE), in realtà, sono già a rischio bolla, comunque, anche senza inviti dell'OCSE, ma per la sola inerzia della finanziarizzazione, di scoppiare entro poco tempo.
Insomma, quando il rischio sub-prime (di ogni genere) si fa duro, l'OCSE si rammenta della ingiustizia sociale e torna alla carica per il grande festino del patrimonio delle famiglie.
Tanto per ricordare:

8. TRE UOMINI IN BARCA (Renzi, Mentana e....Barca)? O TRE UOMINI E UNA PECORA (PATRIMONIALE)?

"Mettendo in gioco l'illusione finanziaria, vorrà dire che le "entrate straordinarie" ce le becchiamo comunque, ma in una forma che verrà fatta apparire come una cosa positiva.
Vale a dire: la patrimoniale (una tantum, cioè straordinaria) dovrebbe essere di 400 miliardi, perchè questo è il livello della colpa che avete accumulato vivendo al di sopra delle vostre possibilità e, naturalmente, provocando la disoccupazione giovanile (che è naturalmente colpa di chi, responsabile di un'assurda distribuzione della ricchezza e del reddito, si è comprato casa o ha maturato una pensione o ha comunque risparmiato, provocando il problema, centralissimo, del debito pubblico): ma siccome loro sono buoni, internazionalisti e "di sinistra", e ci tengono all'occupazione giovanile ma anche alla "ricrescita" (il punto non è mai chiarito nei suoi meccanismi causali, ma si tratta di aritmetica ordoliberista, cioè pop di facciata ed "esoterica" nelle sue radici), la faranno per un pò meno oppure in comode rate pagabili in 3-5 anni.

...Interviene a questo punto una correlazione tra risparmio=riserva di liquidità da spendere e livello della domanda aggregata; un fenomeno che tende ad accentuarsi quando la politica fiscale crea univoche e costanti attese di pressione fiscale comunque crescente, facendosi valere, non tanto nella mentalità corrente, quanto nella teoria economica innestata di forza sul corpo sociale, una delle principali "equivalenze ricardiane": cioè si considera che il debito pubblico equivalga, in modo totale o consistente - come in definitiva assume la riduzione predicata dal fiscal compact- alla capitalizzazione di futuri incrementi di imposizione fiscale adottati per ripagarlo (cosa che presuppone come assioma incontestabile la banca centrale indipendente "pura", attualmente sancita dai trattati europei).


...E il fenomeno in esame ci riporta un effetto diretto della tassazione patrimoniale, del tutto trascurato.
Cioè quello della "propensione marginale al consumo" connessa al risparmio stesso, quale ci ha segnalato StefanoC., nella misura individuata da Bankitalia, in modo, peraltro alquanto prudente, se non sottostimato: e questo in relazione alle eccezionali condizioni congiunturali, legate proprio alla suddetta equivalenza ricardiana, che il bench mark USA considerato da Bankitalia non sconta nella stessa misura. Se non altro perchè, come tutti ben sanno, quella realtà non ha affatto una banca centrale indipendente "pura".
Ma anche superando queste non trascurabili obiezioni, che ci indicherebbero una propensione marginale al consumo del nostro risparmio, specialmente monetario-finanziario, ben più alta, l'effetto di una patrimoniale una tantum, - specie in una situazione di auspicata ma improbabile "ricrescita fenice" e di sicura recessione appena vissuta con crescita attuale intorno allo zero (ma solo nell'ultimo e provvisorio trimestre 2013)-, risulterebbe comunque devastante. Sfefano stesso evidenzia la cosa in questi termini:
"Ho trovato qui sull' "effetto ricchezza": http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td04/td510_04/td510/sintesi_510.pdf
Per quanto concerne la sola ricchezza finanziaria, la propensione marginale al consumo è simile nei due paesi [USA e ITA], pari a circa 9 centesimi per ogni euro di ricchezza finanziaria. ...
Per quanto concerne la ricchezza reale (essenzialmente abitazioni e altri immobili), la propensione marginale al consumo delle famiglie italiane è pari a circa 2,5 centesimi per ogni euro di ricchezza reale."

Dunque una patrimoniale che innescasse una perdita anche solo del 10% del valore reale degli immobili (via credit crunch o tassa ricorrente) produrrebbe una calo di 12 miliardi in meno in termini di consumi. (5000mld*10%*2.5%=12.5miliardi)."








Pubblicato da Quarantotto a 14:00 3 commenti: Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
 

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DISSOLUZIONE
wlady | 26-05-2015 Categoria: Massoneria [Mondialismo]



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Unione Europea voluta dalla C.I.A.
Ecco le prove del coinvolgimento dei padri fondatori.
In questa fase di crisi acuta dell’Euro e dell’Europa sentiamo troppo spesso dire che questa non è l’Europa che volevano i padri fondatori.

Vogliono farci credere che quella che stiamo vivendo è una fase transitoria , difficile e tortuosa a causa di qualche errore di percorso ma sicuramente superabile dato che non è questa l’Europa che i padri fondatori avevano concepito e presto si realizzerà il progetto iniziale di un’Europa nata con l’intento di unire i popoli.

Tutto falso, la realtà documentata venuta fuori da documenti ufficiali incontrovertibili di cui i media non hanno mai parlato, testimonia l’esatto contrario. Chi ha concepito, creato e finanziato l’Unione Europea aveva bisogno di un’Europa debole, di un Europa in crisi, di Stati e Governi senza potere decisionale e di popoli senza sovranità.

Questa che stiamo vivendo oggi è esattamente l’Europa che loro avevano in mente, la massima realizzazione del loro progetto e soprattutto l’euro che è palesemente un fallimento dal punto di vista dei popoli e dei lavoratori è il successo di chi lo ha concepito.

Chi sono i padri fondatori dell’Unione Europea? Chi c’è dietro di loro e quali intenti volevano perseguire ?

Jean Monnet
Nel 1950, Monnet decise fosse venuto il momento di tentare un passo irreversibile verso l’unione dei paesi europei. Prepara, con alcuni collaboratori, il testo di quella che sarà la Dichiarazione Schuman dove per la prima volta verrà ufficialmente annunciato il progetto dell’Unione Europea.

Nel 1952 Jean Monnet diventò il primo presidente dell’Alta Autorità della Comunità europea del carbone e dell’acciaio del 1952 giudicata il primo importante passo di cessione di sovranità statali ad un ente sovranazionale.
Egli sosteneva che: “Non ci sarà mai pace in Europa se gli stati si ricostituiranno su una base di sovranità nazionale”

E’ Monnet ad aver redatto il Victory program per l’America durante la seconda guerra mondiale dove si dice chiaramente che “L’America deve diventare l’arsenale della democrazia”.

Possibile che chi professa l’egemonia americana possa parallelamente aver contribuito a formare l’Unione Europea che se fosse diventata davvero ricca e forte avrebbe contrastato quell’egemonia stessa ?

Giscard D’estaing
E’stato Presidente Della Repubblica francese, ed ha presieduto la Convenzione Europea dalla quale poi è nata la Costituzione europea. (Bocciata nei paesi dov’è stata proposta con il referendum com’è’ avvenuto nella stessa Francia.) Sarà poi Il Trattato di Lisbona del 2007 approvato senza referendum a riprendere quasi totalmente le disposizioni della bocciata Costituzione.)

Robert Schuman
Presidente del Consiglio francese, fu ministro degli esteri ed è stato il primo presidente dell’Assemblea parlamentare europea
La Dichiarazione Schuman portò alla creazione della CECA e costituì il punto di partenza del processo di integrazione europea che condusse poi alla formazione dell’Unione Europea. Per ricordare tale origine, il 9 maggio viene celebrata annualmente la Festa dell’Europa.

Per l’Italia sappiamo che tra i padri fondatori si annoverano De Gasperi poi Spinelli poi Prodi. Per la Germania Adenauer.

Ma perchè nessuno ci racconta chi c’era dietro questi uomini? Perché se lo facessero diventerebbe chiaro a tutti chi ha voluto l’Europa Unita, quali erano gli scopi precisi; perché è stato accelerato il processo di unificazione e soprattutto perché volevano un’Europa debole, in perenne crisi e subordinata agli USA.

L’unica volta che sui media hanno parlato delle vere origini dell’Europa Unita è accaduto 14 anni fa ossia il 19 Settembre del 2000 quando un articolo del Telegraph britannico mai ripreso da altri media ha rivelato che: http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/1356047/Euro-federalists-financed-by-US-spy-chiefs.html

Documenti governativi americani resi di dominio pubblico mostrano che i servizi segreti americani condussero una campagna negli anni ’50 e ’60 per dare impulso ad un’Europa unita. Finanziarono e diressero il movimento federalista europeo. I documenti sono stati trovati da Joshua Paul, un ricercatore della Georgetown University di Washington. Essi comprendono file resi pubblici dai National Archives. Il principale strumento di Washington per forgiare l’agenda europea fu l’American Committee for a United Europe [ACUE], costituito nel 1948.

In pratica l’organizzazione che ha dato ufficialmente vita all’Unione Europea era in realtà un Comitato americano nato è finanziato proprio dagli Usa che più di ogni altra nazione avrebbe dovuto temere che un Europa unita ed una moneta unica forte potevano scardinare l’egemonia statunitense e quella del dollaro negli scambi internazionali.Questa è la prima grossa anomalia.

Ma chi era il Presidente dell’Acue e da dove provenivano i suoi membri?

Primo Presidente del “Comitato” fu William Donovan, capo dell’ufficio USA dei servizi strategici durante la Seconda Guerra mondiale (Office of Strategic Services, OSS), precursore della CIA. Vice presidente fu Alen Dulles, direttore della CIA dal 1953 al 1961. Presente nel consiglio troviamo anche Walter Smith, nominato nell’ottobre 1950 primo direttore della CIA. Poi abbiamo Paul Hoffman, ex ufficiale dell’OSS, capo dell’amministrazione del “Piano Marshall” e presidente della Fondazione Ford, che divenne capo dell’ACUE verso la fine degli Anni Cinquanta.

In pratica i fondatori del ACUE che è stata la culla dell’Unione Europea erano tutti uomini dei servizi segreti americani e quindi l’integrazione europea è stata una creatura del Dipartimento di Stato e della CIA. Un progetto ad ogni evidenza che completava il piano di dominio americano.

“Piano Marshall”, nel 1948-1952, (dominio economico) NATO dal 1949 (dominio militare) Unione Europea (dominio politico/commerciale/culturale). E come ha annunciato Brzezinski , Consigliere Usa per la sicurezza nazionale nonché fondatore della Commissione Trilaterale nel suo saggio “La grande scacchiera”. L’europa Unita doveva fungere da strumento di colonizzazione Usa e testa di ponte verso il continente asiatico.

Per capire ulteriormente i legami basti pensare che il ministro degli esteri belga Paul-Henri Spaak, che presiedette nel 1955 il Comitato preparatore del “rapporto Spaak” che portò, due anni dopo, alla creazione dell’Euratom e della Comunità Economica Europea, il 6 maggio 1957, ossia 42 giorni dopo aver firmato i due succitati Trattati di Roma (sottoscritti da Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi) diviene Segretario generale della NATO dove si parlava di Europa << ancora alle prese con i fantasmi della sovranità nazionale >> definitivamente da <> ad un’entità sovranazionale altrimenti verrebbe fortemente penalizzata la <<vitalità dell’alleanza atlantica >>.

Quali sono le prove evidenti e documentate del legame tra Acue ed i padri fondatori dell’Unione Europea?

La succursale europea dell’Acue si chiama Movimento Europeo ed era la più importante organizzazione federalista del dopoguerra. I documenti divulgati da Joshua Paul dimostrano che Acue era il grande finanziatore del Movimento in questione infatti nel 1958 ha fornito il 53% 5 dei fondi del Movimento Europeo e questi finanziamenti arrivavano principalmente dalle fondazioni Ford e Rockefeller che abbiamo già visto essere legate a doppio giro con Acue (Hoffman è stato Presidente di Acue e Ford).

Il leader del Movimento Europeo era Joseph Retinger ossia colui che qualche anno più tardi fonderà il Club Bilderberg.

Come riporta il sito dell’organizzazione (InvestireOggi - La guida agli investimenti finanziari e di Borsa), il Movimento Europeo ha giocato un ruolo essenziale nel processo di colonizzazione/integrazione europea «esercitando influenza sulle istituzioni nazionali e comunitarie».

Chi faceva parte di questo Movimento Europeo?

Facevano parte di questo Movimento proprio alcuni degli uomini ritenuti i padri dell’Europa Unita come Schuman, Monnet e Giscard D’Estaing ex presidente della Convenzione Europea che è stato addirittura presidente del Movimento e figura ora come presidente onorario. Quindi la relazione movimento europeo/unione europea è incontrovertibile e non è mai stata messa in dubbio quello che viene celato è che è stato però l’ACUE come scrive Joshua Paul a «gestire i programmi del Movimento e a dirigerne i leader», tra cui politici “europei” di primo piano, «rilasciando fondi solamente una volta che l’esecuzione proposta fosse stata approvata e dirigendo il Movimento mantenendolo dipendente dall’America».

È proprio Donovan (Acue /Servizi segreti OSS) con un memorandum datato 26 luglio 1950, a dare istruzioni per una campagna a favore del
Parlamento europeo. Ed è una comunicazione del Dipartimento di Stato USA datata 11 giugno 1965 e inviata al vice presidente della Comunità Economica Europea (CEE), Robert Marjolin, ad invitare a «portare avanti in segreto» i progetti di Unione monetaria: «non se ne deve parlare fino a che l’adozione di proposte del genere diventerà praticamente inevitabile».

“Proposte” che sono sfociate nel varo dell’euro, considerato dagli USA uno strumento di dominio sulle economie degli Stati europei, essendo più semplice controllare –piuttosto che una pluralità di valute ed istituti di emissione– un’unica valuta emessa da una sola Banca Centrale, a sua volta pressoché svincolata dalle esigenze politiche e finanziarie di ogni singolo Stato.

Ma come potevano portare avanti il progetto in silenzio se per farlo avevano bisogno di incontri continui con tutti i leader europei?

Fu a quel punto che Rockefeller finanziatore del ACUE e Retinger del Comitato Europeo diedero vita nel 1954 al Gruppo Bilderberg per proseguire gli interessi degli USA nella creazione di una Unione Europea delle élite sovranazionali e non dei popoli. Chi troviamo, infatti, alla prima riunione del Bilderberg? Troviamo Alcide De Gasperi, poi sostituito da Altiero Spinelli poi sostituito da Romano Prodi ossia quelli che noi consideriamo i padri fondatori italiani dell’Unione Europea.

Se come abbiamo visto l’Unione Europea doveva servire per portare alla dissoluzione degli stati Nazionali, ad una moneta unica che permettesse alle élite assolutiste di tenere i Governi ed i popoli sotto scacco, e alla spoliazione delle sovranità nazionali, oggi che tutto questo è stato realizzato perchécontinuiamo a dire che l’Unione Europea e l’euro stanno fallendo andando in una direzione che non era quella che volevano i padri fondatori?

Credete abbia senso interrogarsi sull’uscita o meno da questa Europa quando ci sono prove così evidenti che questa Europa è stato un golpe finanziario?
Perché ridurre la questione della permanenza nell’euro e nell’Europa ad una mera questione di scelte economiche e politiche nei dibattiti tra pro euro e contro euro quando è evidente che l’economia è stato solo un mezzo usato per portare avanti questo piano distruttivo che può essere arginato solo rivendicando l’indipendenza nazionale da questa euro trappola tutt’altro che democratica come dimostra il fatto che due istituzioni (Commissione e Consiglio) che sono dominate da pochi personaggi hanno il pieno potere e tutti i capi ufficiali dell’unione europea non sono mai stati eletti dai popoli degli stati membri che invece eleggono solo il Parlamento che infatti è stato spogliato di ogni potere divenendo quasi solo un’istituzione di facciata.

Volete ancora altre prove ?

Sapete chi è il vero padre fondatore dell’unione Europea universalmente riconosciuto da tutti i leader europei ma per nulla menzionato nei libri di storia e assolutamente sconosciuto ai cittadini?

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Il suo nome è Richard Coudenhove Kalergi, massone di alto grado che nel 1922 fonda a Vienna il movimento “Paneuropa” che mira all’instaurazione di un Governo Mondiale basato su una Federazione di Nazioni guidata dagli Stati Uniti. Documentato è l’appoggio che ebbe dal massone Wiston Churchill nel suo lavoro dietro le quinte per arrivare all’Europa Unita ed alla moneta unica.

Il movimento Panaeuropeo si unisce al Comitato europeo e Kalergi comincia a muovere le fila di quelli che noi chiamiamo i padri fondatori dell’Europa ed infatti è lui a fondare l’Unione parlamentari europei e a spingere Schumann nel progetto della CECA.

Ma perché nessuno parla mai di kalergi?
Non possono farlo perché Kalergi è uno che ha sempre dichiarato apertamente i suoi intenti come nel suo libro «Praktischer Idealismus», dove si evince non solo la sua volontà di arrivare ad un Governo mondiale a guida USA; la sua idea di eliminare gli stati nazionali ma è evidente anche il suo disprezzo verso i popoli europei che secondo lui “ vanno resi facilmente dominabili per la supremazia dell’élite” e perciò “con la mobilitazione dei parlamenti bisogna forzare i governi a costruire la Paneuropa”.

Ci sono prove che i leader europei riconoscano davvero in questo personaggio sconosciuto il padre fondatore dell’odierna Unione Europea ?

Certo, il premio più prestigioso istituito per le personalità “con meriti particolari in favore dell’integrazione e unione europea” si chiama premio Carlo Magno. Il primo ad aver ricevuto il premio Carlo Magno è stato proprio kalergi ed a seguire tutti quelli che noi chiamiamo i padri fondatori dell’unione europea da Robert Schuman a Monnet, a De Gasperi, Ciampi, Adenauer, ma anche Churchill, Kissinger,(incredibile a kissinger il premio per l’Europa) ma anche Beatrice dei paesi bassi figlia del fondatore del Bilderberg insomma tutti quelli che facevano parte del piano iniziale della Cia e che lo hanno portato avanti.

Ma come se non bastasse per rendere ancora più chiara l’importanza che ricopre Kalergi agli occhi dei leader europei, in suo onore è stato istituito il premio europeo Coudenhove-Kalergi che ogni due anni premia gli europeisti che si sono maggiormente distinti nel perseguire il suo piano criminale.
Volete sapere chi è stato premiato ultimamente?

La Società Europea Coudenhove-Kalergi ha assegnato alla Cancelliera Federale Angela Merkel il Premio europeo nel 2010 mentre il16 novembre 2012 è stato conferito al Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy il premio europeo Coudenhove-Kalergi 2012 durante un convegno speciale svoltosi a Vienna proprio per celebrare i novant’anni del movimento paneuropeo.

In conclusione, è evidente che ciò che si vorrebbe far apparire come un frutto ineluttabile della storia è in realtà un piano studiato a tavolino e preparato da decenni per distruggere completamente il volto del Vecchio continente.

Oggi abbiamo un debito pubblico inestinguibile, dei privati che creano dal nulla la nostra moneta attraverso le banche centrali come la Banca Centrale Europea che emette la moneta ed è un entità senza controllo da parte degli stati guidata da uomini non eletti, con poteri superiori a quelli dei governi. Essa non è menzionata neppure tra le istituzioni europee ma il trattato gli riconosce la più ampia capacità di agire in ciascuno degli stati membri ovviamente solo per tutelare i propri interessi perché non può però concedere, per nessun motivo, crediti agli Stati, o alla comunità europea o a qualsiasi altro soggetto pubblico, e quindi gli è proibito acquistare titoli di Stato, sia al momento dell’emissione che successivamente.

Tutte le banche centrali dipendono solo dalla BRI (la banca per i regolamenti internazionali) ossia la banca centrale delle banche centrali, un organismo dai poteri immensi che nessuno conosce e di cui nessuno parla.

La perdita della sovranità monetaria e legislativa, che sono parti essenziali della sovranità nazionale, da parte degli Stati europei, è stata stabilita in Italia in maniera irrevocabile e senza che il popolo neanche se ne accorgesse come sottolineò Ida Magli su “il Giornale” dell’11 marzo 2001, spiegando che “nella legge di riforma della Costituzione, approvata dalla maggioranza di sinistra in gran fretta poche ore prima dello scioglimento delle Camere, c’è un passo fondamentale e che pure non è stato portato a conoscenza dei cittadini né prima né dopo della sua approvazione”.

Si tratta dell’articolo 117 in cui si stabilisce: “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. In queste tre righe è codificata la perdita della sovranità legislativa dell’Italia. Per questo l’articolo 117 non è stato discusso apertamente: GLI ITALIANI NON DEBBONO SAPERE”.

Francesco Amodeo

Fonti
wlady
 
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