News, Dati, Eventi finanziari amico caro, te lo dico da amico, fatti li.... qui e' tutta malvivenza (2 lettori)

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Forumer storico
1978 e 1992- III. IL "DOPO" E IL NOSTRO PRESENTE A UN BIVIO (finale)



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1. Proviamo a parlare de "la questione generale".
Nel post di ieri Alberto Bagnai ha proposto una linea interpretativa che definisce e sviluppa le cause e i rimedi di tale questione.
Alberto, peraltro, si rivolge a degli interlocutori considerati, alla luce degli sviluppi più recenti della politica italiana, più rilevanti e potenzialmente "idonei": diciamo riassuntivamente a quella parte della "dissidenza" interna al partito di maggioranza relativa (nonchè di governo) che ha iniziato a raccontare come e perchè le cose non possono andare bene.
Riassuntivamente, dicevo; modalità che, sul piano contenutistico della "questione", cioè su quello della evoluzione della realtà socio-economica italiana, può ormai dirsi strutturale.
In altri termini, la politica economico-fiscale seguita, certamente negli ultimi quattro anni, ma in sostanza da oltre un ventennio (Maastricht, per semplificare), costituisce un continuum coerente (con delle accelerazioni che portano il sistema sotto stress, ma sempre sul tracciato della stessa rotta che includeva ab initio il propinare dosi crescenti di shock economy) che "ridisegna" in modo strutturale la società italiana.


2. Credo di poter dire che Alberto faccia necessariamente riferimento a questo intero disegno, quando, segnala, - con riferimento alla opportunità, perduta, di anticipare in occasione dell'approvazione del jobs act una rivendicazione "finale" sul dissolvimento della democrazia-, come il cogliere questa stessa opportunità "avrebbe almeno portato l'attenzione sul punto cruciale del disegno liberista del quale l'euro è testata d'angolo: il tentativo (finora riuscito) di estirpare il diritto al lavoro dalla costituzione, per riportarlo nel codice civile".
Alberto conclude con questa pregnante esortazione:
"Ma almeno, e questo ve lo suggerisco toto corde nell'interesse vostro e del paese, trovate il modo di spiegare perché, come e quando avete capito che quello che difendevate non aveva senso, che la narrazione che avete propugnato era sbagliata. Documentando il vostro percorso (senza far nomi, per carità, altrimenti i colleghi si ingelosiscono!) eviterete di fare la figura dei voltagabbana, e soprattutto aiuterete quelli che a voi interessano tatticamente, cioè gli insider, a fare un percorso simile, o quanto meno a porsi delle domande. Come siete passati dal fateprestismo montiano alla percezione scientificamente fondata che il sistema è insostenibile? Lo volete spiegare ai vostri compagni? Non è che dobbiate fargli una lezioncina: ci sono mille e uno modi per farsi capire! Gli esperti siete voi..."



3. Questa esortazione contiene un passaggio fondamentale: l'enunciazione dell'interesse tattico a far compiere agli "insider" - cioè ai, si suppone, bene informati- un percorso simile: questo vuol significare il confluire in una sorta di "rivoluzione culturale" (espressamente richiamata da Alberto come rimedio indispensabile) dell'apporto positivo degli economisti (evidentemente in termini di diffusione aperta e completa di verità economiche manifeste, se non addirittura auto-esplicative: cioè appartenenti al minimo etico della oggettività scientifica).


Non è per muovere obiezioni a questa analisi che cerco di sviluppare qualche ulteriore osservazione: tutt'altro. Ed infatti, dobbiamo dare per scontate le dinamiche socio-culturali di settore che da sempre pongono in una situazione peculiare la scienza economica.
Su questo aspetto rinvio a quanto in precedenza evidenziato dall'acuta analisi di una delle menti più brillanti mai apparse nel mondo dell'economia, Thorstein Veblen.
Questi - come ci dice Galbraiith nella sua "Storia dell'economia" (pagg.194-195), compie, nel libro "The Higher Learning in America- a Memorandum on the Conduct of Universities by Business Men", un esame "mirabilmente corrosivo" del mondo accademico americano.

"I colleges e le università americani...erano controllati molto rigidamente dagli interessi commerciali di società che facevano sentire i loro voleri attraverso i consigli di amministrazione. Le opinioni dei docenti venivano esaminate con grande attenzione alla ricerca di possibili eresie, le quali venivano definite come qualsiasi cosa si opponesse ai bisogni percepiti dalle grandi società industriali"

Aggiunge Galbraith. "Benchè nel frattempo le cose siano molto cambiate, un'eco di quegli atteggiamenti un tempo dominanti si avverte nella convinzione tuttora persistente che l'orientamento ultimo della cultura accademica debba essere fornito da uomini d'affari - oggi dirigenti dei grandi gruppi societari- in quanto dotati di una formazione adeguata nell'amministrazione pratica..."



4. Questa fenomenologia non può che acuirsi in un ambiente (ri)globalizzato, e più che mai liberoscambista-finanziarizzato, dove "uomini d'affari" provenienti dal mondo delle grandi banche universali, o in esse approdati da specifici percorsi accademici e/o governativi, sono sempre più indistiguibili dai vertici istituzionali degli organismi che governano i processi sovranazionali di decisione politico-economica (direi, politica tout-court).
E questa anomalia (per i parametri della imparzialità dell'esercizio delle funzioni di governo, sancita dalla nostra Costituzione) non può che acuirsi, in tali condizioni, perchè si verifica un'eccezionale concentrazione di potere: essa caratterizza la nostra epoca anche più di altre, configurando una piramide gerarchica che disarticola- in un modo che non ha precedenti, se non nel...medioevo-, il concetto (centrale, negli ordinamenti costituzionali democratici) di interesse generale (non di "bene comune": vi prego, non arrendetevi alla terminologia ingannevole proveniente da questa stessa matrice culturale!).


Tale è l'accentramento di potere istituzionale in questi soggetti che, il loro potere di influenzamento, che è poi un potere supremo di indirizzo e di creazione normativa vincolanti, viene ormai esercitato a doppio e intrecciato titolo: come eminenti uomini d'affari (spesso divenuti tali in un percorso di induzione reciproca tra i due piani, istituzionale e privato-professionale) e, aggiuntivamente, proprio in conseguenza di ciò, come legittimati preferenziali alla titolarità delle cariche di governo sovranazionale (e per la verità, anche nazionale, laddove lo "stato di eccezione" riemerga periodicamente nella vita dei sinigoli Stati nazionali assoggettati al vincolo sovranazionale).


5. Non elaborerò oltre (l'abbiamo già fatto ripetutamente): mi limito a segnalare che riscontrandosi nel nostro tempo una classe dirigente "suprema", investita di una simile "effettività" autoritativa, cioè una governance sovranazionalizzata e padrona di imporre quasi a suo piacimento "lo stato di eccezione" (quello che caratterizza la sovranità, sottratta ai processi democratici nazionali), è naturale fenomeno sociologico quello del consolidarsi di una cultura conformistica.
Il fenomeno a cui assistiamo è che le riforme strutturali non investono solo il mercato del lavoro, cioè l'obiettivo principale ed essenziale del "sistema", ma sono opportunamente e sollecitamente dirette ad occuparsi di ogni gruppo e funzione professionale "strategici", cioè che possano recare problemi di incompatibilità con gli obiettivi perseguiti o che, durante il processo di affermazione del regime, si rivelino propensi a fare qualsiasi tipo di "resistenza": e questo non da oggi (cioè non solo negli ultimi quattro anni, sia chiaro), perchè un regime pianificato da un'elaborazione pluridecennale ben conosce gli snodi della società che intende controllare e modificare.
Una "riforma" - orchestrata dall'appoggio mediatico totalitario che l'ordine sovranazionale dei mercati (euro-istituzionalizzato, in Europa), si è previamente assicurato nel realizzare la sua inarrestabile affermazione- può sempre divenire, tempestivamente e all'occorrenza, attuale: non è solo il "costo del lavoro" o la competitività, e cioè il mondo del lavoro direttamente coinvolto nella determinazione dei costi dell'offerta ad essere oggetto dell'attenzione programmatica del nuovo "ordo".


Anche gli insider, cioè coloro che avrebbero i mezzi per realizzare la natura del processo di concentrazione del potere in corso (che è poi il "l'ordine internazionale dei mercati"), alla stessa stregua di ogni altra categoria sociologica, sono stati (o possono ulteriormente essere) assoggettati alla "conformazione" che procede dal vertice agli strati intermedi della neo-gerarchia; e ciò in base ad un processo brutale, fatto di punizioni (di status) e di ristretti privilegi ben indirizzati, secondo la neo-tecnica legislativa che si irradia in ogni livello o settore sociale, senza tralasciare alcuno strumento di coercizione disponibile, anzitutto politico-normativo. Parliamo dell'accumularsi di riforme legislative ordinamentali-sezionali, che riguardano invariabilmente ogni categoria-chiave nell'affermazione del controllo di questa governance.



6. Diciamo che la cultura, intesa come espressione di pensiero (generale o specialistico) oggetto di comunicazione, è sovrastruttura, e che una diversa cultura può discendere solo dall'affermazione progressiva di una diversa struttura: non è che con questo voglia implicare che il nostro destino sia bloccato in modo irrevocabile in questa palude in cui affonda la democrazia.
Dico solo che una forza correttiva deve possedere una spinta tendenzialmente eguale e contraria a quella, patologica, che intende correggere.
Potrebbe l'azione (auspicabilmente, appassionata e coraggiosa) degli interlocutori "idonei" indicati da Alberto produrre questa spinta?

Difficile dirlo: se l'intero regime ordinamentale-legislativo, e di conseguenza culturale, è ormai il prodotto di ciò che si intende avversare, - avendo avuto il tempo di divenire "vincolo" irradiato in ogni settore della società-, l'innesco di una spinta contraria dovrebbe manifestarsi, anzitutto, mediante un potenziale di consenso di massa enorme, direi scardinante (tale da minacciare di sovvertire, secondo la teoria generale del diritto, la "effettività" del regime coincidente con la istituzionalizzazione dell'ordine internazionale dei mercati).
Se invece la si vuole vedere come una spinta "correttiva" che debba generarsi in modo mirato, in quanto opportunamente concentrata in un settore socio-professionale nevralgico, - tale cioè da irradiarsi immediatamente verso l'alto e da trascinare poi spontaneamente ciò che si colloca al di sotto di esso-, tale spinta dovrebbe essere accoppiata alla capacità dei suoi promotori di "esentare" i propri destinatari dalle conseguenze sanzionatorie (in senso lato, agevolmente comprensibile nel contesto di cui stiamo parlando) predisposte dal regime (nel senso di categoria descrittiva di diritto pubblico). Cioè accoppiata alla capacità di prospettare, alla categoria "strategica", di aver acquisito un contro-potere normativo di reindirizzo-ridisciplina (egualmente correttiva) del segmento sociale e professionale considerato decisivo nell'espandere la spinta correttiva. O almeno di prospettare la rapida caduta della "effettività" del potere di controllo sociale del regime avversato.



7. Ed allora, siamo spacciati?
Probabilmente sì, perchè il ritardo nel reagire, in questa situazione, equivale al non aver reagito affatto, dato che la posta in gioco è il collasso definitivo dell'ordinamento democratico-costituzionale.
E tuttavia...
Le cose, forse, non sono messe così male, ma certo occorre saper ben sfruttare i punti deboli del sistema avversato.

Mi riporto alla recensione di un interessante libro scritto da Giuseppe Berta, professore di storia alla Bocconi, per trovare la mappa di questo "percorso inverso" che appare assolutamente necessario. Notiamo la quasi coincidenza nell'individuare le due date cruciali della storia italiana rispetto ai nostri post sull'argomento, col solo piccolo dettaglio che nella nostra trattazione abbiamo fatto riferimento alla data di effettiva conclusione di Maastricht, cioè al 1992:


"L’Italia fu rappresentata nel cruciale negoziato di Maastricht da Guido Carli, Ministro del Tesoro del Governo Andreotti (che è in realtà il primario responsabile delle due scelte gemelle dell’adesione allo SME e all’Euro, deciso nel Trattato che crea l’Unione Europea) nel 1991. Queste sono le due date essenziali della storia italiana recente, quelle della devoluzione di sovranità entro uno schema Europeo già preordinato –nell’asse Francia-Germania- all’affermazione del modello sociale ed economico nordico (rappresentato in Italia come “vincolo esterno”): 1978 e 1991. Nella prima data l’Italia aderisce allo SME, malgrado le perplessità ed opposizioni, nella seconda aderisce alla UE, e di fatto, all’Euro (che nascerà di lì a pochi anni di serrata trattativa, come ricorda anche un protagonista come Sarrazin).

Carli conduce la trattativa nella convinzione, maturata da lungo tempo, che l’Italia non potrà “riformarsi” da se stessa, secondo le auspicate linee liberali, senza essere costretta a ciò da vincoli istituzionali indisponibili alle pressioni sociali. Per questa ragione è per lui assolutamente necessario creare “un vincolo giuridico internazionale” per ripristinare una “sana finanza pubblica”. Secondo la sua visione, ancora oggi fortemente condivisa, lo stato dei conti e la stessa nazione ha bisogno di assoggettarsi ad un’autorità sovranazionale, “per sottoporre a disciplina i comportamenti di partiti e società” (come scrive Berti). La società italiana gli appare, infatti, in quegli anni “frammentata, lacerata, disorganica”, con una vita politica bloccata e indifferente.
Partendo da questa analisi, tutt’altro che priva di fondamento, Carli vede nel Trattato di Maastricht lo strumento per dare il necessario “scossone violento” che altrimenti solo un regime autoritario, come quello fascista, potrebbe dare (risposta dello stesso a chi lo invitava a maggiore azione nel suo ruolo di Ministro, p.100). Lucidamente Carli vede quindi che la del Trattato è ; cioè “la drastica riduzione del potere dei governi nazionali” alla quale, in una delle più incredibili e illuminanti affermazioni riportate nell’utile libro di Berta, Carli fa corrispondere nella sua valutazione “un accrescimento del potere decisionale dei singoli cittadini".

Qui c’è il nodo ideologico, ed operativo, della costruzione della nuova Europa. Carli intende esattamente che l’indebolimento del potere dei Governi Nazionali (e dunque dei Partiti e dei Parlamenti democratici, ma anche delle organizzazioni sociali che influenzano la sfera pubblica nazionale) sia bilanciato da un maggiore dei cittadini a . Cosa? Cosa possono i “singoli” che restano tali, cioè che non si organizzano o associano, che non partecipano a processi politici?

Lo dice lui stesso, con impareggiabile chiarezza di pensiero e franchezza, il potere è nel diritto di investire i propri soldi nel debito pubblico o altrove. In altre parole la democrazia che resta è quella “dei mercati”. Con le sue parole: la “sintesi politica” è data dal “permanere del debito pubblico nei portafogli delle famiglie italiane, per una libera scelta, senza costrizioni, rappresenta la garanzia per la continuazione della democrazia” (p. 100, da G.Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Laterza 1993, p. 386-7).
Questo i-n-c-r-e-d-i-b-i-l-e rovesciamento di due secoli di pensiero politico democratico, di ogni prassi democratica, di ogni lotta condotta in Europa dalla rivoluzione francese ad oggi, questo vero e proprio pensiero eversivo, è la ragione per la quale il Ministro della Repubblica (che ha giurato sulla Costituzione Italiana), perfettamente cosciente di attuare una “rivoluzione del potere”, promuove nel negoziato. L’implementazione di una “federazione europea basata sul principio dello Stato minimo;, tenuta unita da una politica monetaria, da una politica estera e da una Difesa unitaria”. Questa Federazione è l’unica, a suo parere, che può resistere agli “urti che provengono da un mondo esterno che cade in frantumi”.




E’ questa visione della globalizzazione (ma siamo nel 1991, dunque ai suoi esordi), e del processo di crollo dello schema d’ordine della guerra fredda (siamo negli anni in cui l’Urss di dissolve), che ispira il tentativo delle èlite finanziarie e politiche, di cui Carli è da sempre parte integrante, internazionali di ricondurre ad uno schema più semplice le forze sociali e politiche che agitano le arene nazionali. Dunque i paesi del sud (e l’Italia in particolare), come sottolinea opportunamente Berta, devono abbandonare il proprio modello storico di sviluppo (imperniato su una versione dell’ che aveva fatto il dopoguerra).

Ma, dato che non esiste il necessario consenso politico e sociale per questa trasformazione, viene in soccorso lo strumento dell’Euro (e dell’intera Unione Europea) per “ridurre e contenere gli spazi della democrazia, almeno di quella che si è sperimentata in Italia dal 1945 al 1993, in quanto non più compatibile con l’assetto di una nuova Europa” (come scrive giustamente Berti).
Una formazione istituzionale il cui assetto deve “corrispondere alle trasformazioni poi rubricate sotto l’etichetta onnicomprensiva della globalizzazione” (p. 102). Questa chiarissima scelta liberista, che Berti qualifica come espressione della volontà di “subordinare le istanze politiche all’egemonia di un’economia desiderosa di autoregolamentarsi fin dove può” è appena temperata dal tentativo (che Carli dice di aver condotto senza successo) di far inserire nella l’obiettivo della lotta alla disoccupazione a fianco alla stabilità dei prezzi (come è nella missione della FED). Chiaramente aggiungere ai famosi Parametri di Maastricht anche un target di disoccupazione avrebbe mitigato la purezza ideologica “nordica” del disegno, ma non avrebbe cambiato la sostanza delle cose. Il cuore del progetto è di ridurre la partecipazione democratica."



8. Mi è piaciuto riportare per esteso questa recensione perchè è una soddisfazione in sè vedere come un altro pensatore, utilizzando premesse fattuali omogenee con quelle qui utilizzate, arrivi grosso modo alla stessa descrizione e analisi storico-economica.
Ma di più, questa impostazione, ci induce a alcune altre osservazioni:
a) che è (ancora) possibile esprimere certe verità (elementari) a livello accademico, ma, non di meno, queste non possono immediatamente trasmettersi a tutta la platea di coloro che, per predisposizione e mezzi culturali, sarebbero in grado di coglierne l'importanza (è accaduto con "Euro e(o) democrazia costituzionale", così com'è accaduto nel caso dei libri, di ancora maggiore successo di pubblico, di Alberto e di Vladimiro Giacchè). E questo a causa del conformismo irradiato di cui abbiamo sopra parlato (con il suo minaccioso substrato ordinamentale-sanzionatorio, se non altro preclusivo dei privilegi estemporanei di cui è disseminato), conformismo che rende (piaccia o meno) difficile la simultanea coincidenza delle proprie soggettive esigenze di manifestazione pubblica del pensiero;

b) che promuovere una correzione di paradigma culturale esige una preparazione organizzativa ben strutturata, che non può essere disgiunta da una coesione umana (prima ancora che politica), raggiunta attraverso la stabile aggregazione almeno di quelle voci che, oggi separatamente, collimano, nei vari settori della cultura e della politica, nel formulare la diagnosi e nel prefigurarsi un rimedio;
c) che questo è quanto ci mostra la Storia, circa la preparazione che precedette l'esperienza dei CNL e la predisposizione di una cultura democratica "pronta" e già consolidata, che consentì di produrre l'esperienza dell'Assemblea Costituente. Come abbiamo visto, è in questa esperienza che si ritrova tutta l'energia (non dispersiva) della parte autenticamente vittoriosa dell'Italia uscita dal conflitto mondiale;

d) la coesione umana e organizzativa a cui faccio riferimento implica un impegno di dialogo e di "riunione" progressiva che, se ben svolto, condurrebbe ad un effetto aggregativo in espansione, tale da divenire fenomeno "comunicativo" in sè, cioè, a sua volta, aggregativo dell'opinione pubblica.
Ma per ottenere questo effetto, occorre in primo luogo l'abbandono, da parte di chi ritenesse di promuovere un tale sforzo, di ogni compromesso con la post-ideologia del libero mercato, in ogni sua pregressa manifestazione storica (recente e meno recente), avendo ben chiara questa vicenda storica e senza alcuna riserva mentale circa i limiti "opportuni" di un eventuale "ravvedimento".
In questo sono totalmente d'accordo con Alberto;

e) Infine, per ottenere questo effetto aggregativo, - sempre che esistano la volontà e l'urgenza di dargli vita-, occorre a maggior ragione superare anche gli steccati ideologici "pre-1992", (diciamo così per semplificare), cioè l'idea che esistano una sinistra e una destra che ancora possano razionalmente dirsi tali di fronte alla comune prospettiva di svuotamento dell'ordine democratico.
Su questo tema si può a lungo discutere, ma il solo fatto di continuare a farlo, implica il "non rendersi conto": cioè non aver compreso che i partiti di massa non possono più esistere nel tempo dell'ordine sovranazionale dei mercati mentre, viceversa, in una democrazia sostanziale "effettiva", un partito dichiaratamente liberista non potrebbe altro che raggiungere percentuali elettorali irrisorie.

Ma una democrazia sostanziale consente una partecipazione generale ed informata alla vita economica e sociale del paese (art.3, comma 2, Cost.) che non ha nulla a che vedere con l'attuale penetrazione totalitaria dell'ideologia dello Stato minimo e delle "risorse limitate", consentita dalla grande schermatura della pace e della costruzione europea.
Quindi, la scelta, quale che sia la matrice ideologica stancamente trascinata dai singoli individui (privata di ogni concreto significato, se non quello di attirare, inerzialmente, consenso elettorale di breve termine) è tra l'uno e l'altro paradigma, l'una e l'altra "forma di governo" materiale (con ben diverse ricadute istituzionali, come constatiamo proprio in questi tempi di accelerazione).
La denuncia ineludibile di questa dicotomia, che è in realtà la conseguenza della divaricazione insanabile tra Costituzione vigente e vincolo esterno, è ciò che dovrebbe accomunare ogni settore della cultura e della società che ancora ritiene che l'Italia abbia un senso come comunità nazionale impegnata a ritrovare le ragioni della sua sovranità.
Cioè del perseguimento da parte delle istituzioni dell'effettivo benessere e dei diritti fondamentali dei cittadini.
Quanti sono oggi gli insider e i cittadini, e i politici, che potrebbero capire ciò? Molti, forse. Magari "abbastanza". Ma potrebbero non aggregarsi mai; almeno in tempo per salvarsi e salvarci.






Pubblicato da Quarantotto a 20:01 Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest







6 commenti:
 

mototopo

Forumer storico
ITALIA A SOVRANITÀ LIMITATA – I DERIVATI SONO SOLO UNA FACCIA DI UN PROBLEMA BEN PIÙ GRAVE: IL NOSTRO DEBITO PUBBLICO È IN MANO ALLE BANCHE STRANIERE – SONO LORO CHE ORGANIZZANO LE ASTE DI BOT E CTZ E GUADAGNANO RICCHE COMMISSIONI

I 2.200 miliardi del nostro debito pubblico sono gestiti di fatto da 20 banche, 17 delle quali sono straniere. Gli accordi prevedono che assicurino anche una fetta degli acquisti. E molte di queste banche, tra i tanti privilegi, hanno avuto anche quello di imbottirci di derivati…

Stefano Sansonetti per La Notizia (www.lanotiziagiornale.it)
28 apr 2015 16:34
Come le mosche sul miele. Difficile accettarlo, ma il miele in questione è rappresentato dall’enorme debito pubblico italiano, ormai proiettato verso i 2.200 miliardi di euro. E le “mosche” sono 20 banche, di cui 17 estere, pronte a sfruttare economicamente la gestione di questa montagna di soldi. In realtà nasce proprio da qui il problema dei contratti “derivati”, di cui va tanto di moda parlare in questi giorni.
MINISTERO via XX Settembre

Ma a monte la questione è ancor più dirompente.
Il vero nodo è che lo Stato non ha nessuna autonomia di gestione del suo debito pubblico.
Questa passa per le mani di una lista, il cui ultimo aggiornamento da parte del ministero dell’economia risale all’8 aprile del 2013, nella quale sono messi nero su bianco i nomi di 20 banche, quasi tutte estere:
Banca Imi
Barclays (inglese)
Bnp Paribas (francese)
Citigroup (americana),
Commerzbank (tedesca),
Crédit Agricole (francese)
Credit Suisse (svizzera)
Deutsche Bank (tedesca)
Goldman Sachs (americana)
Hsbc (inglese)
Ing Bank (olandese)
Jp Morgan (americana)
Merril Lynch (americana)
Monte dei Paschi
Morgan Stanley (americana)
Nomura (giapponese)
Royal Bank of Scotland (inglese)
Société Générale (francese)
Ubs (svizzera)
Unicredit.
IL GRUPPO
Ebbene, si tratta dei cosiddetti “specialisti in titoli di Stato”, ovvero gli istituti finanziari che per il Belpaese non soltanto provvedono alla parte organizzative delle aste, collocando i nostri titoli, ma in una certa misura ne “modellano” il risultato, visto che sono anche tenuti a garantirne una percentuale di acquisto. Naturalmente per fare tutto questo le banche guadagnano vagonate di soldi. E un debito pubblico “monstre”, come quello italiano, per loro è una cuccagna infinita.
VAROUFAKIS E PADOAN

Ma gli stessi istituti vantano anche tutta una serie di privilegi, certificati dall’art. 9 di un decreto dirigenziale firmato l’11 novembre del 2011 da Maria Cannata, il capo della direzione del debito pubblico del ministero da poco più di un anno guidato da Pier Carlo Padoan. L’articolo, intitolato proprio “privilegi”, spiega che agli specialisti è garantito “l’accesso esclusivo alla riapertura delle aste dei titoli di Stato che prevedono questa opzione nonché alle aste di concambio e riacquisto”.
È poi assicurato “l’accesso alla selezione di banca capofila per le emissioni sindacate in euro, di intermediario per il programma benchmark in dollari statunitensi, degli operatori per le operazioni di riacquisto bilaterali”. Dulcis in fundo viene garantita “la preferenza per la partecipazione alle altre emissioni in valuta e per le operazioni in derivati”. Quegli stessi derivati che sono arrivati a valere 163 miliardi di euro, con una perdita potenziale per l’Italia di 42 miliardi, e che comunque negli ultimi quattro anni sono costati allo Stato 12,4 miliardi (oneri di rinegoziazione compresi).
HSBC

IL PUNTO
Ma grazie a questo passaggio arriviamo a capire perché il concetto di “derivato” è la conseguenza di un problema che sta a monte. Senza starci a girare troppo intorno, il debito pubblico italiano è “ostaggio” delle mosse che vengono compiute da 20 banche, quasi tutte estere. Non ne possiamo fare a meno, come del resto accade in altri paesi, perché senza di esse non riusciremmo minimamente a gestire questa “montagna”.
quartier generale di Deutsche Bank a Francoforte

Insomma, di fatto abbiamo le mani legate, mentre questi 20 istituti hanno modo di lucrare anche attraverso gli ormai famigerati contratti derivati, sulla carta “polizze” con le quali lo Stato cerca di proteggersi dai rischi di cambiamento dei tassi di interesse, nella sostanza “mine” pronte a esplodere nel bilancio dello Stato, se non trattate con tutte le cautele del caso.
Tra l’altro ogni anno di Dipartimento del Tesoro, guidato dal 2012 da Vincenzo La Via, stila una classifica dei migliori specialisti in titoli di Stato, in base a una valutazione dell’attività svolta.

Ebbene, in base all’ultima graduatoria firmata il 21 gennaio del 2015 dalla stessa Cannata, risulta che nell’anno 2014 al primo posto si è classificata la “disastrata” Monte dei Paschi, che ha preceduto Unicredit, Jp Morgan, Citigroup e Barlcays.
Tratto da:ICONICON
http://img.over-blog-kiwi.com/0/78/04/34/20150501/ob_a2473f_debito-pubblico-italiano.jpg
 

mototopo

Forumer storico
agli specialisti sui titoli del debito nn comprano con i loro soldi il debito, gli viene aperta una linea di credito ad hoc,,,,,,, ci mettiamo in lista anche noi?:D
 

mototopo

Forumer storico
Inizia il declino del dollaro con un segnale storico: la Cina non è più il maggior detentore dei titoli del debito pubblico statunitense



http://umbvrei.blogspot.it/2015/04/inizia-il-declino-del-dollaro-con-un.html
Attilio Folliero, Caracas 15/04/2015 – Aggiornato 29/04/2015 e 01/05/2015
Si avvicina il collasso e il collasso sarà economico, político, ambientale e sociale come scrive Dane Wigington (1). In particolare, gli Stati Uniti, come abbiamo scritto tante volte in passato (2) sono immersi in una grave crisi che diventerà terminale con il crollo del valore della sua moneta. A titolo di esempio sulla situazione attuale degli USA diamo solamente due dati: il debito pubblico statunitense è superiore ai 18.000 miliardi (3); la Federal Reseve, la Banca Centrale degli USA, una banca privata, nel 2007 aveva un bilancio di 869 miliardi ed oggi è attorno ai 4.500 miliardi (4). La Federal Reserve come ha potuto accrescere il proprio bilancio di ben 5/6 volte in pochissimi anni? Stampando dollari!
Questa estate si svolgeranno negli Stati Uniti delle esercitazioni militari conosciute col nome in codice “Jade Helm”; l’esercito e varie agenzie governative realizzeranno delle esercitazioni congiunte e, come dicono in molti, queste esercitazioni hanno per obiettivo il controllo della popolazione civile. In sostanza molti intravedono un peggioramento della crisi, conseguenti disordini sociali ed il governo che impone la legge marziale. In questi termini ne parlano i media alternativi (per esempio Infowars), media internazionali (Globalresearch) e media di regime (Washington Post); tutti si interrogano sul futuro della crisi e molti intravedono la possibilità che possa sfociare in disordini sociali e nella conseguente applicazione della legge marziale; si parla anche della possibilità che la crisi possa sfociare nella terza guerra mondiale (5).
Come detto sopra, il declino del dollaro porterà gli Stati Uniti ad un tracollo. Oggi analizziamo unsegnale inequivocabile che il declino del dollaro è già cominciato; ovviamente il declino non avverrà improvvisamente, ma sarà graduale. Stiamo parlando di un evento storico, taciuto dai media ufficiali, o riportato in qualche trafiletto ben nascosto. Come era prevedibile e come avevamo in pratica annunciato un mese fa (6), la Cina ha cessato di essere il maggior detentore dei titoli del debito pubblico statunitense. Secondo gli ultimi dati, pubblicati dal Tesoro USA (7), a febbraio 2015 la Cina deteneva titoli del debito pubblico statunitense pari a 1.223,70 miliardi di dollari, contro i 1.224,40 miliardi del Giappone.
La Cina era diventato il paese che deteneva la maggior quantità di titoli del debito pubblico USA nel settembre del 2008; a luglio del 2011 arriva a detenere titoli per 1.314,90 miliardi. Fino a quella data l’incremento nel possesso dei titoli del debito USA è sempre stato crescente e dell’ordine del 20%, 30%, 40% e perfino 50% ed oltre all’anno (Vedasi di seguito la Tabella 1). Poi, però le cose cambiano: la Cina non solo smette di acquistare i titoli del debito USA, ma inizia a vendere quelli in suo possesso. Alla fine del 2011 i cinesi riducono dello 0,71% il possesso dei titoli USA rispetto al 2010; nel 2012 aumentano gli investimenti di circa il 6%; nel 2013 l’aumento è del 4%; nel 2014 abbiamo una riduzione del 2%, nei primi due mesi del 2015 continuano a vendere: a gennaio la riduzione è dello 0,42%; a febbraio è dell’1,24%.
Che cosa è successo nel 2011? Perché l’inversione di tendenza? Il problema è che gli USA continuano a a vivere sperperando risorse che non possiedono. In sostanza il resto del mondo produce e gli statunitensi consumano. Vedasi la Bilancia commerciale USA (8). Questo modello di vita imperniato sul consumismo sfrenato, coinvolge tutta la società statunitense: famiglie, imprese e governo consumano tutti più delle risorse che hanno a disposizione, indebitandosi. Ogni finanziamento, ogni concessione di un debito ha un limite, oltre il quale nessuno può andare, nemmeno se si tratta degli USA, la prima potenza economica. Il deficit del Governo USA inizialmente era finanziato con la vendita di titoli del debito pubblico, che privati, istituzioni e paesi correvano in massa ad acquistare perché emessi da un paese con la Tripla A (9).
Quando le somme necessarie a ripianare un disavanzo sono sempre più alte, diventa sempre più difficile trovare qualcuno disposto a prestare. Ed è quello che è successo al Governo degli Stati Uniti, che ad un certo punto della sua storia ha dovuto far ricorso alla stampa di denaro inorganico, politica che prende il nome di alleggerimento quantitativo, o Quantitative Easing (QE) in inglese (10).https://www.blogger.com/null
Nel novembre del 2008, la Banca Centrale degli Stati Uniti, la Federal Reserve, banca privata come ricordiamo sempre, ha cominciato a stampare dollari per acquistare Buoni del Tesoro Usa a lungo termine ed altri titoli. Inizialmente stampa 600 miliardi di dollari per comprare titoli garantiti da ipoteca, denominati in inglese "Mortgage-backed security" (MBS).
Da allora, la Federal Reserve stampa dollari, raggiungendo la cifra di 2.100 miliardi di dollari nel mese di giugno del 2010. Dopo di che, grazie alla “ripresa economica” decide di interrompere questa pratica di stampare soldi. L’interruzione, però è breve; la ripresa economica è effimera e già nel novembre del 2010 la FED annuncia un nuovo ricorso alla stampa di dollari. Questo nuovo ricorso alla stampa di moneta inorganica passerà alla storia col termine QE2, per distinguerlo dal QE1 iniziato nel 2008. Il QE2 prevede la stampa di 30 miliardi al mese per complessivi 600 miliardi.
Il ricorso alla stampa di dollari non termina con il QE2; infatti, il 13 settembre del 2012 la FED annuncia che continuerà a stampare dollari ed anzi incrementerà la cifra mensile a 40 miliardi. Questa nuova operazione prenderà il nome di QE3. Il 12 dicembre il ricorso alla stampa di dollari diventa a tempo indeterminato e si porta l’importo mensile a 85 miliardi di dollari.
L’acquisto di titoli, sia del debito pubblico che di altro genere, da parte della Federal Reserve attraverso la stampa di dollari termina ufficialmente il 29 ottobre del 2014 (11). Complessivamente la Federal Reserve ha acquistato titoli per 4.500 miliardi di dollari, ovvero ha stampato 4.500 di dollari. È dunque stampando dollari che ha potuto incrementare il proprio bilancio!
Ricordiamo che contemporaneamente alla stampa di dollari, la FED ha portato avanti una politica dei bassi tassi di interesse, prossimi allo 0. Sono stati proprio questi due strumenti (stampa di dollari e costo del denaro prossimo allo 0) che hanno fatto riversare grandi quantità di soldi su Wall Street, il cui indice ha superato i 18.000 punti (12). L’aumento dell’indice della Borsa di New York (Dow Jones) di questi ultimi anni – secondo noi – essendo totalmente artificiale, non legato ad una crescita dell’economia reale, è destinato a crollare (13).
La scusa ufficiale per il ricorso alla stampa dei dollari era dettata dalla necessità di iniettare denaro fresco al mercato, per stimolare la crescita e ridurre la crescente disoccupazione. Mentre la stampa USA giustificava tale politica (14), in altri paesi cresceva la la preoccupazione.
La stampa di denaro inorganico crea i presupposti per la sua svalutazione. Ovviamente, i cinesi che avevano investito grandi quantità di soldi in titoli di stato USA ed avevano una enorme riserva internazionale in dollari erano fortemente preoccupati: il possibile crollo del valore del dollaro avrebbe significato per la Cina grosse perdite. Il 19 gennaio del 2011 alla Casa Bianca c’è lo storico incontro tra il presidente Barack Obama ed il presidente cinese Hu-Jintao. In quel momento (al 31 dicembre 2010), la Cina aveva titoli del debito pubblico USA per 1.160,10 miliardi di dollari e riserve internazionali per 2.847,34 miliardi di dollari (15).
In quell’incontro, per la prima volta nella storia qualcuno osa dire in faccia al presidente USA ed a casa sua, nella Casa Bianca, che il dollaro non è eterno, che ha già compiuto la sua principale funzione e che si va verso un’evoluzione (16).
Dato che la potenza economica statunitense si basa principalmente sul fatto che il dollaro sia la moneta del commercio internazionale e quindi la moneta di riserva internazionale, tutti coloro che hanno cercato di abbandonare il dollaro sono stati letteralmente eliminati: è successo a Saddam Hussein in Iraq che nel mese di novembre del 2002 annuncia l’intenzione di commercializzare il proprio petrolio in dollari e trasferisce in Euro tutte le sue riserve internazionali in dollari; l'Iran va nella stessa direzione, di qui lo scontro tuttavia in atto con la scusa del nucleare; il Venezuela di Hugo Chavez è ancora più radicale, oltre ad iniziare una politica di scambi commerciali con gli altri Stati evitando l'uso del dollaro (fornendo petrolio in cambio di merci), propone la creazione di una banca e di una moneta latinoamericana ed è per questo oggetto di vari tentativi di colpi di stato (17). Quando all’inizio del 2011, Domenique Strauss-Khan, segretario del FMI, chiede l’abbandono del dollaro noi dicevamo che si stava giocando il futuro e così è stato (18). Dunque, fino alla storica visita di Hu-Jintao alla Casa Bianca, all’inizio del 2011, tutti coloro che abbozzavano una qualche idea tendente a superare l’uso del dollaro negli scambi internazionali veniva fatto fuori. Hu-Jintao, invece ha calato apertamente le carte sul tavolo e cosa più importante non si è trattato di una bravata. Ha potuto farlo perché aveva i muscoli necessari per difendere i suoi argomenti. La settimana precedente la sua visita alla Casa Bianca, esattamente l’11 gennaio del 2011, la Cina aveva collaudato con successo ilcacciabombardiere Jian 20 (J-20), che fornisce la superiorità - o una altissima competitività - all’aviazione cinese. Hu-Jintao mostra i muscoli a Barack Obama, avanza l’idea che il dominio del dollaro poteva mettersi in discussione e chiede un cambio nella politica economica statunitense.
La Cina ancora per alcuni mesi continua ad acquistare titoli del debito pubblico statunitense, tant’è vero che a luglio del 2011 arriva a detenere titoli per 1.314,90 miliardi di dollari, per allora il suo massimo storico.
Quando la Cina si rende conto che le sue richieste rimanevano inascoltate e gli USA continuavano a consumare risorse che non possedevano e a finanziarsi stampando dollari, decide di iniziare a vendere i titoli statunitensi; a marzo del 2012 il possesso di Bond USA in mano cinese scende a 1.144 miliardi di dollari. Una sorta di avvertimento agli USA; come dire: “Se non cambi politica, io vendo”. I cinesi dopo questo primo messaggio, tornano ad acquistare, fino a risalire a 1.316,70 miliardi di dollari a novembre del 2013.
Considerato che le sue richieste rimanevano inascoltate, la Cina ha cominciato nuovamente a vendere: dal novembre 2013 a febbraio 2015 ha venduto titoli USA per 93 miliardi di dollari.
Nella Tabella 1 proponiamo i dati annuali ed i dati più significativi relativi al possesso dei Titoli USA da parte della Cina, tra il 2000 ed oggi.
Tabella 1Cina: Possesso dei titoli del debito pubblico USADati annuali e dati più significativi(31/12/2000-28/02/2015)
Riassumendo, oggi la Cina non è più il paese che possiede il maggior numero di titoli del debito pubblico USA; il paese che possiede i maggiori investimenti in titoli USA torna ad essere il Giappone, che era stato spodestato dai cinesi nel settembre de 2008.
Nel grafico seguente, proponiamo il confronto storico nel possesso dei titoli USA fra Cina e Giappone, negli ultimi quindici anni.

In realtà, non solo la Cina, ma anche il Giappone sta riducendo il possesso dei titoli USA; il Giappone è diventato il paese con il maggior numero di titoli in possesso solamente perché ha venduto una quantità inferiore rispetto alla Cina: nei primi due mesi del 2015 la Cina ha venduto titoli USA per 20,60 miliardi, il Giappone ne ha venduti 6,50 miliardi.
Per essere esatti, sono molti i paesi che dall’inizio dell’anno hanno ridotto il possesso di titoli USA; oltre a Cina e Giappone, i principali sono: Russia (-16,40 miliardi); Francia (-9,00); Taiwan (-8,50); Norvegia (-8,40); Corea (-4,50); Germania (-4,10); Messico (-2,60). A seguire tutti gli altri.
A fronte di questi paesi che riducono il possesso, ci sono quelli che acquistano; i principali paesi ad aumentarne il possesso nei primi due mesi del 2015 sono stati: India (18,70 miliardi); Banca dei Paesi Caraibici (14,70); Svizzera (11,60); Paesi esportatori di petrolio (10,60); Belgio (9,90); Lussemburgo (7,40); Brasile (4,10); Regno Unito (3,40); Hong Kong (2,80); Turchia (2,50); Canada (1,90); Spagna (1,70); Polonia (1,60); Colombia (1,30); a seguire altri con cifre minori.
Che lezione possiamo trarre dagli spostamenti nel possesso dei titoli del debito pubblico USA?
Se i paesi che possiedono la maggior quantità di titoli USA stanno vendendo significa che è iniziato il declino del dollaro. Il dollaro è ancora la principale moneta utilizzata nei commerci internazionali, ma la situazione sta cambiando. Nei prossimi anni assisteremo a grossi cambiamenti nel panorama economico, finanziario e monetario mondiale; questi cambiamenti cominceranno ad essere visibili comunque in tempi brevi, nei prossimi mesi e si consolideranno col passare del tempo. In definitiva stiamo assistendo al tramonto degli USA, come superpotenza unica, ed in generale al tramonto dei paesi occidentali; contemporaneamente si va consolidando un mondo multipolare, incentrato su varie potenze.
Come detto, non stiamo assistendo unicamente al tramonto degli USA come superpotenza; anche l’Europa perderà potere perché in definitiva rappresenta un mercato troppo ristretto, con circa 500 milioni di abitanti a fronte di un mercato potenziale di 4 miliardi di persone rappresentato dal blocco Euroasiatico (Russia, paesi dell’Est Europa ed Asia), ai quali vanno aggiunti paesi di altri continenti, come Brasile, Sud Africa ed altri paesi africani e latinoamericani; a condannare l’Europa c’è un ulteriore elemento: l’invecchiamento della popolazione.
Indubbiamente i cambiamenti in atto nelle quote di possesso del debito estero USA sono indicativi dei mutamenti in atto a livello economico e geopolitico.
Ricordiamo anche che secondo gli ultimi dati economici relativi al primo trimestre del 2015 (19), la Cina sta riducendo anche le riserve internazionali in dollari, passate dai 3.993,21 miliardi di giugno 2014 (dato che rappresenta il massimo storico per i cinesi), ai 3.730,04 miliardi di marzo 2015, con una riduzione di 263,17 miliardi. La ragione di questa riduzione potrebbe risiedere nel crollo del prezzo del petrolio e delle materia prime in generale e quindi nella necessità di avere meno dollari a disposizione per il loro acquisto. Indipendentemente dal motivo che sta spingendo la Cina a ridurre le proprie riserve internazionali rimane il fatto che le stia riducendo.
Se alla riduzione del possesso dei titoli USA e delle riserve internazionali aggiungiamo i dati della bilancia commerciale, 380 miliardi nel 2014 e poco meno di 124 miliardi nel primo trimestre del 2015, con un aumento del 646% rispetto ai primo trimestre del 2014, viene spontaneo chiedersi dove finiscano tutti questi miliardi, ovvero dove sono investiti. La risposta non può che essere una sola: la Cina, oltre agli annunciati investimenti in America Latina, in Africa ed anche in Europa, sta sicuramente destinando una parte consistente di questi miliardi nell’acquisto di oro.
Per sostenere l’ascesa della propria moneta a moneta di riserva internazionale e moneta da utilizzarsi negli scambi commerciali internazionali, la Cina ha bisogno di oro, di ingenti quantità di oro (20). La Cina non fornisce dati sulle quantità di oro in possesso dal lontano 2009 (21); sono passati 6 anni ed indubbiamente in tutti questi anni ha continuato ad accumulare oro. Quando renderà noto i dati ufficiali saranno in molti a meravigliarsi.
Quali sono le implicazioni derivanti dal calo degli investimenti cinesi (e di altri paesi) in titoli del debito pubblico statunitense?
Il problema ovviamente non è il calo in se degli investimenti cinesi, o di altri paesi; il problema per gli USA (e per il dollaro) deriva dal fatto che calando gli investimenti in Bond USA, ovvero l’acquisto di titoli del debito pubblico statunitense, in quantità sufficienti a coprire il disavanzo del governo, da parte di paesi, banche centrali, imprese e privati, la banca centrale statunitense, la Federal Reserve, non ha trovato altra soluzione che stampare dollari: ha stampato 4.500 miliardi di dollari dalla fine del 2008 al 2014. Con questi soldi stampati ha comprato titoli del debito pubblico statunitense (e titoli tossici di grandi banche “troppo grandi per fallire”). Il problema dunque sta nel fatto che la banca centrale sta stampando soldi inorganici. Ricordiamo ancora una volta che la banca centrale USA (ma anche quelle di tutti gli altri paesi, meno pochissimi casi) è una banca privata che si sta arricchendo con questa pratica a danno dei cittadini, ovvero si sta perpetrando una truffa legalizzata!
Questa pratica di stampare denaro sta succedendo non solo negli USA (con la Federal Reserve), ma anche nell’Unione Europea (BCE), in Giappone, nel Regno Unito ed altri paesi. È la stampa di denaro inorganico il vero problema! Questa pratica è alla base della svalutazione di una moneta. Più si stampa, più la moneta in questione diventa spazzatura.
Gran parte di questi dollari stampati sono finiti a Wall Street, alla Borsa di New York, cresciuta smisuratamente in questi mesi, anni. Questi miliardi stampati dalla Federal Reserve sono finiti direttamente nelle grandi imprese quotate a Wall Street perché la Federal Reserve li ha utilizzati per rilevare titoli tossici di queste imprese (soprattutto banche); ma un’altra parte consistente di questi soldi sono finiti ugualmente alle grandi imprese in crisi di Wall Street grazie al trasferimento di denaro pubblico; la Federal Reserve ha comprato titoli del debito pubblico statunitense con i dollari stampati ed il governicchio statunitense ha utilizzato questi soldi per salvare le imprese in crisi! Una vera e propria truffa ai danni dei cittadini, costretti a pagare sempre più tasse per coprire i grandi disavanzi del governo ed i bilanci delle imprese in crisi.
Inoltre, con l’altro provvedimento adottato dalla Federal Reserve, ossia il costo del denaro sceso praticamente a 0 (zero), sono confluiti enormi investimenti sulle borse, in particolare su Wall Street. Una persona che ha dei risparmi, investendoli in BOT o lasciandoli sul conto corrente bancario, ottiene rendimenti prossimi allo 0, per cui è obbligato ad investirli in borsa per avere qualche speranza di vedere degli utili.
Tutte le borse ed in particolare quella USA, attraverso questi due meccanismi si sono sopravvalutate enormemente rispetto all'economia reale. Che succede adesso? Se io ho una impresa che in borsa vale 100 volte il valore reale prima o poi crolla! E Wall Street crollerà del 90% come nel 1929; sarebbe già crollata nel 2009, ma fu salvata grazie a Greenspan che portò il costo del denaro a 0 ed alla stampa dei dollari (il QE, analizzato sopra). Wall Street stava perdendo il 54% a marzo 2009 e solo grazie a questi due provvedimenti si è potuta riprendere. Prossimamente cosa potranno inventarsi per salvare Wall Street?
In conclusione, grazie alla stampa di queste grandi quantità di dollari (ma anche di Euro, Yen, Sterline, etc…) si stanno dando le premesse per una forte svalutazione.
Si comprende dunque l’importanza del crollo degli acquisti di bond USA da parte degli stati; se gli acquisti di questi stati fossero stati sufficienti a coprire il disavanzo del Governo USA, non ci sarebbe stato bisogno del ricorso alla stampa di dollari da parte della Federal Reserve. In definitiva se Cina e gli altri stati avessero potuto acquistare titoli per altre migliaia di miliardi di dollari, la Federal Reserve non li avrebbe stampati. Ma né la Cina, né gli altri paesi avevano questa possibilità!
A questa grande quantità di dollari stampati inorganicamente vanno aggiunte altre migliaia di miliardi di dollari delle riserve internazionali di tutti i paesi del mondo, che debbono necessariamente possedere dollari perché il petrolio, le altre materia prime e la maggior parte di beni e servizi sono obbligatoriamente pagati in dollari. Di qui il vero potere degli USA: il fatto che tutti i paesi del mondo sono costretti ad utilizzare dollari, ossia comprare dollari! Sappiamo quante sono esattamente le riserve internazionali totali, equivalenti a 11.600 miliardi di dollari, ma essendo gli stati sovrani, non sono obbligati a dichiarare che tipo di valuta hanno in riserva (22). Degli 11.600 miliardi di dollari sappiamo la composizione esatta di 6.085 miliardi, degli altri 5.515 miliardi si disconosce la composizione. In definitiva sappiamo che le riserve in dollari costituiscono il 62% delle riserve conosciute, ossia 3.826 miliardi di dollari; sicuramente sono di più, potendo anche essere 7.300 miliardi circa, se si applica la stessa proporzione delle riserve conosciute (62%) alla massa totale delle riserve internazionali.
Il giorno che il dollaro cessasse di essere la moneta utilizzata negli scambi internazionali, tutte le banche centrali sarebbero costrette a vendere i dollari in loro possesso per rifocillarsi evidentemente della nuova moneta utilizzata per i commerci internazionali; in quel momento il dollaro perderebbe valore. Essendo la quantità di dollari in circolazione talmente alta, il suo valore subirebbe un forte crollo.
Il dollaro crollerebbe al punto che gli USA ne sarebbero la vittima principale e con una monete fortemente svalutata non potrebbero più acquistare niente. Sarebbe la loro fine, fine nel senso materiale, nel senso che la stessa Unione cesserebbe di esistere.
La svalutazione del dollaro potrebbe essere pari a quella sofferta dal marco durante la Repubblica di Weimar; nella Germania di allora, la svalutazione del marco fu tale che un chilo di pane arrivò a costare centinaia di milioni di marchi.

Oggi gli Usa continuano a spendere più di quanto hanno e per coprire il disavanzo commerciale, per importare beni e per coprire le altre esigenze del bilancio in pratica continuano a stampare dollari. Questa è la realtà! Il fatto che gli stati come la Cina abbiano deciso di smettere di finanziare, anche parzialmente, il disavanzo del Governo USA è sintomatico di un declino del dollaro praticamente irreversibile. Il dollaro è spazzatura come amava dire spesso Hugo Chávez.________________
Note
(*) L’articolo fu scritto inizialmente all’indomani della pubblicazione dei dati del debito estero da parte del Tesoro USA e successivamente aggiornato fino all’edizione finale attualmente in linea.(1) Vedasi articolo Imminent Collapse – Economic, Environmental And Societal, UrlThe Coming Collapse » The Coming Collapse | Geoengineering Watch, tradotto in italiano da Sa Defenza, Url Imminente il collasso economico, ambientale e sociale... ~ Sa Defenza;
(2) Alcuni nostri articoli: Catastrofe annunciata per il dollaro e l’economia USA?, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Catastrofe annunciata per il dollaro e l?economia USA?; La crisi irreversibile degli Stati Uniti, Url: Blog del prof. Attilio Folliero: La crisi irreversibile degli Stati Uniti; Verso la fine del predominio del dollaro e la morte dell’occidente, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Verso la fine del predominio del dollaro e la morte dell?occidente; Gli USA verso la fame e le rivolte sociali, Url: Blog del prof. Attilio Folliero: Gli USA verso la fame e le rivolte sociali; Agenzia cinese Dagong: “Il debito Usa è spazzatura”, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Agenzia cinese Dagong: ?Il debito Usa è spazzatura?; La Russia verso l’abbandono del dollaro, aumenta le riserve in oro e si libera dei Bond USA, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: La Russia verso l?abbandono del dollaro, aumenta le riserve in oro e si libera dei Bond USA;
(3) Il debito pubblico statunitense supera i 18.000 miliardi di dollari ma nessuno ne parla, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Il debito pubblico statunitense supera i 18.000 miliardi di dollari ma nessuno ne parla(4) Vedasi il Bilancio della Federal Reserve, Dati Patrimoniali nel sito de la Federal Reserve, UrL. FRB: Recent balance sheet trends - Credit and Liquidity Programs and the Balance Sheet;
(5) Vedasi articoli come Beyond denial: preparations for martial law in America, Url:» Beyond Denial: Preparations for Martial Law in America Alex Jones' Infowars: There's a war on for your mind!; The Pentagon’s “Operation Jade Helm 15″: The Floodgate towards Martial Law and World War III?, Url: The Pentagon?s ?Operation Jade Helm 15?: The Floodgate towards Martial Law and World War III? | Global Research - Centre for Research on Globalization; Descubren un extraño anuncio con un mensaje subliminal en las televisiones de EEUU, Url:DESCUBREN UN EXTRAÑO ANUNCIO CON UN MENSAJE SUBLIMINAL EN LAS TELEVISIONES DE EEUU | EL ROBOT PESCADOR; Why Operation Jade Helm 15 is freaking out the Internet — and why it shouldn’t be, Url:www.washingtonpost.com/news/checkpoint/wp/2015/03/31/why-the-new-special-operations-exercise-freaking-out-the-internet-is-no-big-deal;
(6) La Cina continua a ridurre il possesso dei titoli del debito pubblico USA, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: La Cina continua a ridurre il possesso dei titoli del debito pubblico USA;
(7) Il sito del Tesoro USA aggiorna mensilmente, a metà di ogni mese, i dati del debito estero; Url: http://www.treasury.gov/ticdata/Publish/mfh.txt;
(8) Vedasi i dati della Bilancia Commerciale USA dal 1929 al 2014; ricordiamo che la Bilancia commerciale indica la differenza fra esportazioni ed importazioni di beni; dal 1976 in poi la Bilancia Commerciale USA presenta sempre un saldo negativo, ossia le importazioni di beni sono sempre superiori alle esportazioni; Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Bilancia Commerciale USA (1929-2014).
(9) Sul rating e le agenzie di rating, si può consultare Wikipedia, Url:Rating - Wikipedia;
(10) Vedasi nostro articolo “La Federal Reserve e la politica dell'alleggerimento quantitativo (Quantitative Easing)”, Url: Blog del prof. Attilio Folliero: La Federal Reserve e la politica dell'alleggerimento quantitativo (Quantitative Easing);
(11) Vedasi articolo del The New York Times “Federal Reserve Caps Its Bond Purchases; Focus Turns to Interest Rates”, Url: http://www.nytimes.com/2014/10/30/business/federal-reserve-janet-yellen-qe-announcement.html?_r=0;
(12) Per un apprfondimento sulla storia del Quantitative Easing e l’impatto sui mercati finanziari, vedasi il lavoro di Abdulmalik Oricha Ali “Quantitative Monetary Easing: The history and impacts on financial markets”, Url:Quantitative Monetary Easing - the history and impacts on financial markets | Ali Abdulmalik - Academia.edu;
(13) Il 10 di ottobre del 2007, all’indomani dello storico record del Dow Jones a 14.164,53 punti, avevamo parlato di un prossimo crollo, che poteva essera anche dell’80/90%. Il 9 marzo del 2009 il Dow Jones era a 6.547,05 punti e stava perdendo il 54% rispetto al 9 ottobre del 2007; la discesa si è fermata proprio in virtù delle politiche della FED, il ricorso alla stampa di dollari, il basso costo del denaro, in sostanza l’enorme trasferimento di denaro pubblico alle imprese in crisi di Wall Street. Con questi strumenti, non adottabili all’infinito, si è solo rimandato nel tempo il crollo della Borsa di New York. Vedasi nostro articolo del 2007 “L’indice Dow Jones della borsa di New York al massimo storico ma noi prevediamo una imminente crisi”, Url: Blog del prof. Attilio Folliero: L?indice Dow Jones della borsa di New York al massimo storico ma noi prevediamo una imminente crisi;
(14) Vedasi ad esempio articolo del Washington Post “Fed to buy $600 billion in bonds in effort to boost economic recovery”, Fed to buy $600 billion in bonds in effort to boost economic recovery;(15) I principali dati economici della Cina”, Url: Blog del prof. Attilio Folliero: Cina: Principali dati economici annuali (dal 2000);(16) Dello storico incontro tra Barack Obama e Hu-Jintao avvenuto alla casa Bianca il 19 gennaio del 2011 ne parlavamo nell’articolo “La febbre dell’oro in Cina, segnale di una crisi finanziaria mondiale?”, Url: Blog del prof. Attilio Folliero: La febbre dell?oro in Cina, segnale di una crisi finanziaria mondiale?;
(17) Vedasi nostro articolo “Il dollaro, l'euro, il petrolio e l'invasione nordamericana”, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Il dollaro, l'euro, il petrolio e l'invasione nordamericana;
(18) “Verso il tramonto del dollaro: anche Dominique Strauss-Kahn, segretario del FMI, chiede l’abbandono del dollaro”, Url: Blog del prof. Attilio Folliero: Verso il tramonto del dollaro: anche Dominique Strauss-Kahn, segretario del FMI, chiede l?abbandono del dollaro e “Lo strano caso di Dominique Strauss-Kahn”, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Lo strano caso di Dominique Strauss-Kahn;
(19) Vedasi Principali dati economici mensili della Cina aggiornati al 31 marzo 2015, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Cina: Principali dati economici mensili (Aggiornati a Marzo 2015);
(20) Vedasi articoli: La Cina spera di imporre il yuan come moneta alternativa al dollaro, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: La Cina spera di imporre il yuan come moneta alternativa al dollaro; e La febbre dell’oro in Cina, segnale di una crisi finanziaria mondiale?”, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: La febbre dell?oro in Cina, segnale di una crisi finanziaria mondiale?;
(21) Vedasi articolo: La Cina aumenta le riserve auree del 75%, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: La Cina aumenta le riserve auree del 75%;
(22) Vedasi “Le valute delle riserve internazionali (Dati aggiornati al 31/12/2014)”, Url:Blog del prof. Attilio Folliero: Le valute delle riserve internazionali (Dati aggiornati al 31/12/2014).
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Pubblicato da Nicoletta Forcheri a 18:23 ShareThis Link a questo post Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest




Reazioni:
 

Franzo

PELO e CONTROPELO
sera a lei franzo se vuole partecipare alle conf. del prof biglino ,alla conclusione ci sono sempre due o tre ore extra molto interessanti cordialita'
:) ho avuto modo di conoscerlo nel 2011, quando consultava gli archivi della Sinagoga di Milano - Guastalla ... homo eccellente.

Grazie !
 

mototopo

Forumer storico
Giacinto Auriti


18 marzo ·




Giacinto Auriti : "... ho dimostrato in partenza, si carica il costo del denaro del 200% perchè ci espropiano e ci indebitano dei soldi che ci dovrebbero accreditare...su questo argomento io non ho risposte...non è vero che viviamo in tempi di democrazia, noi stiamo vivendo tempi di usurocrazia, chi comanda è lo strozzino....oggi il politico è il cameriere del banchiere...noi ci dobbiamo porre in contrapposizione a questo sistema...con una formula costruttiva...una volta che ...noi abbiamo dimostrato che la moneta è di proprietà dei cittadini, è come essere proprietari di una casa, siete disposti a pagare l'affitto per casa vostra ?....è questione di principio, io non devo pagare niente...a noi quello che interessa è il principio di giustizia...se non si stabilisce di chi è la proprietà della moneta non si puo' stabilire chi è che deve pagare gli interessi e chi li deve ricevere, se la moneta è dei cittadini è la banca che ci deve pagare gli interessi... , .la moneta è una convenzione...il valore non è mai una proprietà della materia...è una dimensione del tempo è una previsione...la moneta ha valore perchè prevedo di comprare... https://youtu.be/WXTZ5kA4K4c "
P.S.- Per condividere fare copia e incolla a tutto il testo del post
Altre info su www.simec.org e SAUS TV su You Tube qui http://www.youtube.com/user/ScuolaAuritianaSimec/videos…

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Moneta al Popolo 27/10/1998 - 5/8
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Giacinto Auriti


13 marzo ·





Giacinto Auriti : "...gli interessi non si pagano al custode, si pagano al proprietario della moneta...il tasso ufficiale di sconto è il padre di ogni usura...la banca presta soldi che non ha...la banca si comporta come se fosse proprietaria della moneta, mentre all'atto dell'emissione la moneta va accreditata e non addebitata, quando noi sentiamo dire che ogni cittadino ha un debito a testa, non solo è falso me è vero il contrario, perchè quello è un credito rovesciato, prim...a di dire chi è il proprietario bisogna dire chi è che crea il valore della moneta...non è chi la stampa, ma chi l'accetta...la banca centrale, tutto il sistema che è marcio...le conseguenze dei servizi fatti dalle singole banche...momenti occulti per battere moneta...tutto il sistema va cambiato...la MONETA all'atto dell'emissione va dichiarata di PROPRIETA' dei CITTADINI...questo è il punto fermo...dare ad ogni cittadino un CODICE dei REDDITI SOCIALE...serve per incassare la quota da reddito causata dalla stampa della moneta... https://youtu.be/EkUTPYjvtD4 "
P.S.- Per condividere fare copia e incolla a tutto il testo del post
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Moneta al Popolo 27/10/1998 - 4/8
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semplicemente il numero 1 ciao

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Come gli USA si preparano alla guerra. Blondet



http://www.imolaoggi.it/2015/05/04/come-gli-usa-si-preparano-alla-guerra-il-nostro-vero-nemico-e-il-grande-alleato/
ESTERI, NEWSlunedì, 4, maggio, 2015“Gli USA hanno un interesse fondamentale: ora controllano tutti gli oceani del mondo. Nessuna potenza si è mai nemmeno avvicinata a farlo”.
George Friedman, consigliere politico del Dipartimento di Stato, fondatore del think tank Stratfor interviene al Chicago Council on Global Affairs.


«Per gli Stati Uniti la paura primordiale è il capitale tedesco, la tecnologia tedesca, unita con le risorse naturali russe e la manodopera russa: è la sola combinazione che ha fatto paura agli USA per secoli»: così George Friedman, il fondatore del centro di analisi strategiche Stratfor, nel discorso che ha tenuto presso il Council on Foreign Relations il 4 febbraio, e di cui pubblichiamo qui il video con la nostra traduzione integrale (dal parlato inglese). Vale la pena di mostrarlo con la dovuta attenzione, perché merita la più ampia diffusione.
Friedman, che è un ebreo nato a Budapest nel 1946, è un uomo dello ‘Stato profondo’ americano-militarista: docente all’US Army War College, studioso alla National Defense University e alla RAND (il megafono del sistema militare-industriale), esprime qui con inaudita franchezza la strategia che seguirà Washington per mantenere il predominio mondiale. In questa strategia, l’Europa è una pedina, e uno strumento, di cui Friedman parla con infinito disprezzo. L’arma usata, sarà la destabilizzazione: in Ucraina è ciò che abbiamo già fatto in Afghanistan. Abbandoniamo ogni velleità di instaurare la democrazia; una volta destabilizzato il Paese, noi abbiamo compiuto il nostro lavoro… vale la pena di ascoltarlo. E di osservare il suo freddo sorriso, o rictus, mentre espone il programma.
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Ecco quel che Friedman dice per sommi capi:
– L’Europa non esiste.
– Soltanto l’integrazione Germania-Russia può minacciarci, non lo permetteremo (1).
– Per questo sosteniamo Kiev.
– L’esercito di Kiev è il nostro esercito, tant’è vero che diamo medaglie ai loro soldati.
– Noi stiamo posizionando armi in tutti i paesi dell’Est europeo, approfittando della loro russofobia.
– Ovviamente agiamo al difuori del quadro della NATO.
– Il nostro scopo: stabilire un cordone sanitario attorno alla Russia.
– Noi possiamo invadere ogni paese del mondo, mentre nessun paese può invaderci.
– Tuttavia, non possiamo occupare l’Eurasia; la tattica è fare in modo che i paesi si dilanino tra loro.
– Per la Russia, lo status dell’Ucraina è una minaccia esistenziale.
– «È cinico, è amorale, ma funziona».
– L’obiettivo non è vincere il nemico, ma destabilizzarlo.
– La destabilizzazione è il solo scopo delle nostre azioni estere. Non instaurare la democrazia; quando abbiamo destabilizzato un Paese, dobbiamo dirci: «Missione compiuta», e tornare a casa.
– La nostra incognita è la Germania. Che cosa farà? Non lo sa nemmeno lei. Gigante economico e nano politico, come sempre nella storia.
– «L’Europa subirà la stessa sorte di tutti gli altri Paesi: avranno le loro guerre. Non ci saranno centinaia di milioni di morti, ma l’idea di una esclusività europea, a mio avviso, la porterà a delle guerre. Ci saranno dei conflitti in Europa. Ce ne sono già stati, in Iugoslavia ed ora in Ucraina.
Il sito Saker mette a confronto questo programma con ciò che ha detto Vladimir Putin nella lunghissima diretta tv del 6 aprile, a cui ha risposto alle domande del pubblico russo:
– La Russia non aggredisce nessuno, difende solo i suoi interessi.
– Noi abbiamo due basi militari fuori della Russia, essi hanno più di mille basi nel mondo: e saremmo noi gli aggressori? Dov’è il buon senso?
– Il bilancio militare del Pentagono è 10 volte maggiore del nostro, e siamo noi che conduciamo una politica aggressiva… Per caso siamo noi ad avere delle basi ai confini degli USA?
– Chi installa dei missili alla frontiera dell’altro?
– Noi vogliamo relazioni di uguaglianza con l’Occidente, in accordo coi nostri interessi nazionali.
– Le sanzioni economiche non sono il prezzo che paghiamo per aver ripreso la Crimea, ma per la nostra volontà di esistere come nazione e civiltà libera.
– Abbiamo atteso vent’anni prima che essere accettati dal WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), facendo molte concessioni; adesso [imponendo le sanzioni alla Russia, ndr] le norme del WTO sono violate, quelle dell’ONU, quelle del diritto internazionale.
– Noi vogliamo collaborare ai problemi dell’umanità, sicurezza, disarmo, terrorismo, droga, crimine organizzato.
– Dopo la caduta del Muro di Berlino ci avevano promesso il congelamento della NATO. Oggi la NATO è dappertutto alle nostre frontiere. Gli occidentali hanno deciso che erano i vincitori.
– Qualunque cosa facciamo per la distensione, abbiamo sempre incontrato rifiuti e resistenze dell’Occidente. Gli ultimi giochi olimpici invernali di Soci sono stati calunniati e screditati prima, durante e dopo; perché?
Una nota: la Russia s’è appellata al WTO, di cui è membro, perché le sanzioni imposte dagli USA e dalla UE ne violano le regole; il WTO è il sorvegliante, il poliziotto è il giudice del libero commercio globale, che – secondo il dogma – deve essere senza dazi né altri ostacoli di nessun genere. Per cui, nessuna sanzione commerciale deve essere imposta, a meno che non sia votata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU — ciò che ovviamente non è avvenuto. Non credo che il WTO darà ragione a Mosca.
Ma con ciò, Putin avrà ottenuto due risultati. Uno, dimostrare USA ed UE violano le regole stesse che si sono date ed hanno imposto al mondo; che la globalizzazione non è altro che un sistema di dominio americano; e che il WTO non è affatto l’arbitro oggettivo del libero commercio, ma un’altra arma politica in mano al sistema occidentale anglo.
Il secondo risultato è che la Russia, visto che è vittima di ingiuste ritorsioni economiche in violazione delle norme del WTO, può esentarsi dalle regole del commercio internazionale dettate dallo stesso WTO. Il primo e più gravoso di questi condizionamenti è che il WTO vieta di favorire le industrie nazionali contro la concorrenza delle merci estere. L’embargo in corso obbliga la Russia ad accrescere la parte di produzione nazionale nelle proprie industrie e altre attività economiche; se ben usata, può essere l’occasione insperata per rinforzare il proprio sistema industriale al parziale riparo dalla competizione estera, con misure di protezione che non sarebbero state accettate dalla «comunità internazionale» né dalla propria popolazione. Le sanzioni stanno provocando difficoltà; ritardano i rammodernamenti che erano già in corso (grazie alle industrie tedesche), per cui in pochi anni Mosca avrebbe potuto cominciare a produrre per il mercato merci «di qualità tedesca» nei settori dove ha prodotti di punta (nati per motivi militari) che è incapace di imporre globalmente: chimica, farmaceutica, turbine, chips, opto-elettronica e micro-elettronica, software indipendente (dalla porte posteriori NSA) eccetera (per un’esposizione dei progetti e delle possibilità di eccellenza della Russia si veda qui).
Insomma ha l’occasione di attivare quelle politiche industriali di cui noi europei – vassalli vili e stupidi – ci siamo lasciati spogliare totalmente: dalla svalutazione resa impossibile dall’euro, fino al controllo dei cambi e di opporsi alla fuga dei capitali, misure tradizionali per secoli di qualunque Governo sovrano, ed oggi proibite dal Trattato di Lisbona, come il WTO ci proibisce di difendere le nostre industrie invase e devastate da merci sottocosto. Mentre noi ci lasciamo annodare al collo l’ultimo nodo scorsoio: il TAFTA, il trattato transatlantico, con cui ci assoggetteremo alle normative statunitensi persino per quel che mangiamo.
L’Europa dunque affonda nella crisi (provocata dalla finanza USA e dal suo capitalismo terminale) affondando nel vassallaggio a Washington; complice servile delle sanzioni, perde la grande occasione di sviluppo dell’economia russa – che è un compito immenso, che avrà bisogno di enormi finanziamenti e dunque di investimenti esteri colossali, a cui ahimè provvederà la Cina. E in compenso, da Washington cosa ottiene? Progetti di destabilizzazione e di guerre al suo interno, come promette Friedman.
Vale per noi il detto di Plotino: «Che i vili sian governati dai malvagi – è giusto».
Quanto all’America, e al suo destino storico e metastorico, dovrebbe paventare un altro detto: se sono detti «Beati i costruttori di pace», quale maledizione incombe su tali anticristici seminatori di discordie e suscitatori geopolitici di odi e violenze?
1) Nel 1939 il Council on Foreign Relations di Rockefeller, diretto allora da Isaiah Bowman, raggiunse la stessa conclusione: dopo un accurato studio dei rapporti commerciali dell’intero pianeta, stabilì che l’Europa continentale (con la Russia integrata alla Germania) avrebbe costituito un «blocco autosufficiente», ciò che era contrario all’interesse nazionale, in quanto mega-corporations americane avevano bisogno di «libero accesso ai mercati e alle materie prime» di quella parte del mondo. Fu costituito un War and Peace Studies Project (con un centinaio di avvocati, industriali, politici, diplomatici, banchieri) che con forti finanziamenti (la sola Rockefeller Foundation diede 300 mila dollari di allora), delineò un intero progetto per far entrare in guerra gli USA, e costituire nel dopoguerra un nuovo ordine mondiale: il FMI, la Banca Mondiale furono già concepiti allora. Presentati a Roosevelt, i risultati dello studio lo convinsero ad entrare nel conflitto contro la Germania e il Giappone.
Maurizio Blondet per effedieffe.com
 

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AMMISSIONE SHOCK: IL GOVERNO TIENE LA DISOCCUPAZIONE ALTA PERCHè LO VUOLE L′EUROPA
Redazione | 06-05-2015 Categoria: Economia
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Redazione | 06-05-2015 Categoria: Economia



AMMISSIONE SHOCK - governo tiene la disoccupazione alta perchè lo vuole l’Europa!!!
D’Attorre(PD) ha avuto un gran coraggio a fare delle ammissioni SHOCK alla trasmissione Omnibus del 1°maggio 2015.Forse lo ha fatto perchè fa parte della minoranza PD ed è uno dei dissidenti,fatto sta che ha dato un bel “buongiorno”agli italiani che si apprestavano nel festeggiare la festa del non lavoro… Ciò che è stato fatto dagli ultimi governi, Monti a Renzi era già tutto scritto in precedenza!Tutti hanno in comune una linea di cedimento ad interessi nazionali. E’ inutile che il premier ci riempie di balle sulla ripresa o con “l’Italia riparte”,sa benissimo anche lui che l’UE ci impone una disoccupazione generale di almeno il 12% per non far aumentare l’inflazione (messo nero su bianco nel DEF dal PD):”Questi geni di Bruxelles impongono un tasso di disoccupazione strutturale ad ogni paese,sotto il quale non possono scendere per non far aumentare l’inflazione”,ha dichiarato D’Attorre in diretta tv. Come sa benissimo che il vero obiettivo del Jobs Act (imposto da Draghi) sono: la “deflazione salariale” e l’aumento della precarietà,altro che la riduzione della disoccupazione. Non è un film di fantascienza ,a dichiararlo in diretta è D’Attorre (PD). Guardate il video seguente dal minuto 7:30,dal quale partono le dichiarazioni scottanti di D’Attorre.E’ da notare la reazione della giornalista che tenta di interrompere immediatamente il discorso…Che dire..Tutto ciò è abominevole e disgustoso…E a pensare che molti giovani credono ancora in questa nazione fantoccio che fa solo gli interessi di paesi stranieri…
http://jedasupport.altervista.org/blog/politica/disoccupazione-imposta-dall-europa/


https://youtu.be/coQ6szOr4sk
 
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paese di tozzi-fan:wall: sentite iil videozzo,,,, d attorre senza filtro dice la verità..........:up::cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool::cool: vota canistracci oil
 
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