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SCADUTO IL SEGRETO DI STATO SULLA POLITICA MONETARIA ITALIANA
Pubblicato su 13 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
di Gianni Lannes


E’ scaduto il segreto prima decennale ed infine ventennale sui documenti della politica monetaria italiana. Già, ma chi se n’è accorto? Da quella documentazione è possibile ricavare preziosi elementi utili ai fini di decisive iniziative legali sia nei confronti dell'amministrazione statale ossia del governo in carica, sia negli stessi confronti della cosiddetta Banca d'Italia S.p.A., appartenente ormai a privati.

In deroga alla legge sulla trasparenza degli atti amministrativi, la 241 del 1990 e successive modifiche, il decreto 561 del 13 ottobre 1995 firmato da Lamberto Dini, pubblicato sulla "Gazzetta Ufficiale" numero 302 del 29 dicembre, disponeva "temporaneamente o senza limiti di tempo", la più completa riservatezza. Dal quel momento erano top secret i documenti inerenti la sicurezza, la difesa nazionale, le relazioni internazionali, quelli attinenti alla determinazione ed attuazione della politica monetaria valutaria; gli atti relativi all’ordine ed alla sicurezza pubblica nonché alla prevenzione della criminalità e infine quelli sulla riservatezza di persone, gruppi o imprese.

Ad ogni buon conto, il ministero del tesoro ha sottratto alla trasparenza, apponendo il segreto di Stato sulle categorie di atti «comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni del ministero e degli organi periferici in qualsiasi forma da esso dipendenti». Si annoverano documenti segretati per un anno e atti sottratti all’accesso per dieci e venti anni.

L'operazione era stata approntata nel giugno 1992, a bordo del panfilo della regina Elisabetta Windsor, al largo di Civitavecchia, presenti i faccendieri statali italidioti (politicanti venduti allo straniero e tecnici servitori), subito dopo la strage di Capaci, con cui fu eliminato il giudice Giovanni Falcone (che stava indagando sugli ingenti flussi di denaro sporco dall'estero in Italia e viceversa), e poco prima l'eccidio di via D'Amelio, che tolse di mezzo anche il magistrato Paolo Borsellino.

Dunque, per gli atti relativi alla «posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria e sulla politica creditizia e finanziaria», per gli atti «preparatori del Consiglio della Comunità Europea, sui flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato» e ….«sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico», la durata è di anni dieci e per altrettanti anni cala il segreto sulle simulazioni e previsioni che riguardano le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore statale e pubblico.
Il decreto prescrive la riservatezza per la durata di venti anni dei documenti che riguardano «persone, gruppi o imprese, relazioni e denunce degli organi e dei rappresentanti ministeriali in seno alle pubbliche amministrazioni e agli enti pubblici e privati, alle banche e alle società partecipate o controllate».

Mister Renzi, lei che si sciacqua la bocca con la trasparenza, quantomeno dovrebbe tirar fuori i documenti riguardanti i flussi finanziari di entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato e sull’evoluzione, la consistenza, la gestione e il risanamento del debito pubblico, nonché sulle simulazioni e previsioni che, in tale periodo, hanno riguardato le misure di contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno del settore statale e pubblico. E’ fondamentale per il popolo sovrano avere accesso ai documenti sui quali è stato fatto calare a bella posta il segreto tombale.

Allora, per la cronaca, il ministro in carica era Lamberto Dini che resse il ministero dal 10 maggio 1994 al 18 maggio 1996, giorno in cui gli successe Carlo Azeglio Ciampi fino al 14 maggio 1999, quando divenne presidente della Repubblica. Chissà magari un giorno si dovrà pur rilevare la corposa presenza dei governatori e di alti funzionari di Bankitalia ai vertici delle istituzioni repubblicane. Come non rammentare Luigi Einaudi, governatore della Banca d’Italia che fu il primo presidente della Repubblica dopo esserne stato ministro del Tesoro, dal 31 maggio al 4 giugno 1947. Un altro governatore, Guido Carli, è stato ministro del Tesoro dal 23 luglio 1989 al 28 giugno 1992, in seguito presidente della Confindustria che se non è un’istituzione pubblica è pur sempre il ministero dell’Industria del governo ombra dei poteri forti, senza parlare degli uomini dell’ufficio studi della Banca d’Italia "prestati" alla Repubblica, da Savona a Draghi, alla Tarantola in Rai.




Il 13 ottobre 1995, il governo “tecnico” di Lamberto Dini (oggi un pensionato d'oro), mediante il Decreto Ministeriale numero 561

"Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell'ambito delle attribuzioni del Ministero del tesoro e degli organi periferici in qualsiasi forma da questi dipendenti sottratti al diritto di accesso",



pone il segreto su:


«articolo 2) atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la posizione italiana nell’ambito di accordi internazionali sulla politica monetaria…;
d) atti preparatori del Consiglio della Comunità europea;
e) atti preparatori dei negoziati della Comunità europea…
Articolo 3. a ) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte, programmi, elaborazioni e comunicazioni… sulla struttura e sull’andamento dei mercati finanziari e valutari…; ecc. …)».

In altri termini, il popolo sovrano non deve sapere nulla della trappola in preparazione sulla politica monetaria presente e futura. L’1 gennaio 2002 l’Italia ed altri Paesi europei (non tutti) adottano come moneta l’euro. I prezzi raddoppiano, gli stipendi invece no.



Art. 2.
Categorie di documenti attinenti alla sicurezza,
alla difesa nazionale e alle relazioni internazionali
1. Ai sensi dell'art. 8, comma 5, lettera a), del decreto del
Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, ed in relazione
alla esigenza di salvaguardare la sicurezza, la difesa nazionale,
nonche' l'esercizio della sovranita' nazionale, la continuita' e la
correttezza delle relazioni internazionali, sono sottratte
all'accesso le seguenti categorie di documenti:
a) atti relativi alle iniziative di finanziamento, previsione e
controllo di bilancio e spesa, attinenti a programmi connessi alle
esigenze di difesa e relativi all'attivita' di approvvigionamento,
acquisizione, dislocazione di beni immobili e mobili, gestione
tecnico-operativa e manutenzione di mezzi, armi, munizioni,
esplosivi, materiali e procedure classificati, nonche' accordi
intergovernativi di sicurezza e difesa comune;
b) atti, studi, relazioni e proposte relativi alle iniziative di
finanziamento, previsione e controllo di bilancio, riguardanti
situazioni di emergenza in materia di difesa e protezione civile;
c) atti, studi, analisi, proposte e relazioni che riguardano la
posizione italiana nell'ambito di accordi internazionali sulla
politica monetaria e sulla politica creditizia e finanziaria;
d) atti preparatori del Consiglio della Comunita' europea;
e) atti preparatori dei negoziati della Comunita' europea,
nonche' degli accordi multilaterali di ristrutturazione del debito
estero;
f) documenti, studi, proposte, relazioni, indagini e atti
relativi alla partecipazione italiana alle istituzioni creditizie
internazionali;
g) atti relativi alla programmazione ed alla iniziativa
dell'attivita' di vigilanza e di ispezione, nonche' verbali, atti e
relazioni degli uffici dei servizi ispettivi attinenti alla
sicurezza, alla difesa nazionale e alle relazioni internazionali.

Art. 3.
Categorie di documenti attinenti alla determinazione
ed attuazione della politica monetaria valutaria
1. Ai sensi dell'art. 8, comma 5, lettera b), del decreto del
Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, ed in relazione
alla esigenza di salvaguardare la riservatezza dei processi di
formazione, di determinazione e di attuazione della politica
monetaria e valutaria, sono sottratte all'accesso le seguenti
categorie di documenti, quando dalla loro divulgazione o conoscenza
possa derivare effettivo e concreto pregiudizio alla tutela dei
processi stessi:
a) atti relativi a studi, indagini, analisi, relazioni, proposte,
programmi, elaborazioni e comunicazioni sui flussi finanziari di
entrata e di spesa, sulle previsioni del fabbisogno dello Stato,
sulla evoluzione, la consistenza, la gestione, il risanamento del
debito pubblico e provvedimenti per il contenimento ed il risanamento
della spesa e del deficit pubblico, sulla struttura e sull'andamento
dei mercati finanziari e valutari nonche' sulla politica fiscale e di
spesa pubblica;
b) elaborazioni, simulazioni e previsioni concernenti misure di
contenimento della spesa per interessi e, in generale, del fabbisogno
del settore statale e di quello pubblico allargato;
c) atti, anche preparatori, relativi alla emissione o ad altre
determinazioni in materia di titoli di Stato e di autorizzazione
all'emissione di prestiti in eurolire;
d) atti relativi agli interventi dell'Amministrazione in campo
monetario e valutario, se connessi ai procedimenti di cui alla
successiva lettera e);
e) atti di programmazione e di iniziativa dell'attivita' di
vigilanza e di ispezione, nonche' verbali, atti e relazioni dei
servizi ispettivi ed atti sanzionatori, quando possa derivarne
pregiudizio ai processi di formazione, di determinazione e di
attuazione della politica monetaria e valutaria.

Art. 4.
Categorie di documenti attinenti all'ordine ed alla sicurezza
pubblica nonche' alla prevenzione e alla repressione della
criminalita'.
1. Ai sensi dell'art. 8, comma 5, lettera c), del decreto del
Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, ed in relazione
all'esigenza di salvaguardare l'ordine e la sicurezza pubblica,
nonche' la prevenzione e la repressione della criminalita', sono
sottratte all'accesso le seguenti categorie di documenti:
a) atti e documenti relativi alle iniziative di finanziamento,
previsione e controllo di bilancio e spesa, attinenti a programmi
connessi alle esigenze di polizia e sicurezza e relativi
all'attivita' di approvvigionamento, dislocazione, gestione e
manutenzione di infrastrutture, tecnologie, mezzi, armi, munizioni,
esplosivi e materiali classificati in dotazione alle forze di
polizia;
b) documenti di programmazione e di iniziativa dell'attivita' di
vigilanza e di ispezione, nonche' verbali, atti e relazioni dei
servizi ispettivi facenti capo all'Amministrazione del tesoro,
attinenti all'ordine e alla sicurezza pubblica ovvero alla prevezione
e repressione della criminalita';
c) atti relativi alle operazioni concernenti l'ideazione, anche
grafica, la commessa, la fabbricazione e la distribuzione di moneta,
carta moneta e titoli di Stato;
d) documenti relativi agli immobili adibiti alle sedi di servizio
dell'Amministrazione, alle procedure di sicurezza ovvero elaborati o
atti tecnici concernenti attrezzature e impianti soggetti ad
omologazione ed approvazione quando l'accesso possa recare oggettivo
e concreto pregiudizio alla sicurezza dei servizi e dei beni.

Art. 6.
Periodo di differimento
1. Ai sensi e nei limiti dell'art. 24, comma 6, della legge 7
agosto 1990, n. 241, e dell'art. 8, commi 2 e 3, del decreto del
Presidente della Repubblica 27 giugno 1992, n. 352, per le categorie
di documenti indicati negli articoli precedenti la sottrazione
all'accesso opera per il periodo a fianco di ciascuna categoria
indicato, con decorrenza dalla data del provvedimento che chiude il
procedimento di cui essi fanno parte:
a) documenti di cui all'art. 2, lettere c), d), 10 anni;
documenti di cui alla lettera b), riguardanti la protezione civile,
un anno;
b) documenti di cui all'art. 3, lettere a), b), c), 10 anni;
c) documenti di cui all'art. 5, lettera m), 5 anni; lettera i),
20 anni; lettera aa), 10 anni.
(art. 5…i) atti, studi, analisi, relazioni, proposte, denunce degli
organi e dei rappresentanti ministeriali in seno alle pubbliche
amministrazioni e agli enti pubblici e privati, alle banche ed alle
societa' partecipate o controllate…)


riferimenti:

http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/1995/12/29/095G0598/sg

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=oro

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=signoraggio

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2014/10/italia-tradita-dai-governanti.html
 

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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


5 h · https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=801205849954112&id=208622872545749#




I tecnocrati dell’UE, del FMI e della BCE hanno fatto esplodere il debito pubblico nell’Eurozona, salito dal 66% del 2007 all’86% del 2011. In realtà non è un errore dovuto a incompetenza, la realtà è ancora peggiore: il super-potere centrale mente, sapendo di mentire. Perché il suo piano è oligarchico: colpire lo Stato fino a smantellarlo, per lasciare senza più difese lavoratori, aziende e cittadini.
Il problema è che «dinanzi ai diktat di Bruxelles, il governo italiano in genere batte i tacchi e obbedisce». Le prescrizioni contenute nella lettera del 2011 con cui Olli Rhen, allora commissario all’economia dell’Ue, esigeva riforme dello Stato sociale, sono state eseguite. La “riforma” del lavoro, il Jobs Act di Renzi, «potrebbe essere stata scritta a Bruxelles». Morale: «Nessuno di questi interventi ha avuto o avrà effetti positivi per combattere la crisi; in realtà l’hanno aggravata».
La Ue e il Consiglio Europeo avevano avviato un piano di trasferimento di poteri dagli Stati membri alle principali istituzioni comunitarie, che per la sua ampiezza «rappresenta una espropriazione inaudita della sovranità degli Stati stessi». Non è solo questione di economia: si prevede l’intervento d’autorità, parte di funzionari di Bruxelles, per sanzionare chi uscisse rai ranghi, cioè dagli “indicatori” «elaborati secondo criteri sottratti a ogni discussione».
Il culmine del sequestro della sovranità economica e politica dei nostri paesi da parte della UE, scrive Gallino su “Repubblica”, è stato toccato nel 2012 con l’imposizione del FISCAL COMPACT, che prevede l’inserimento nella legislazione del pareggio di bilancio.
Combattere la crisi, aggiunge Gallino, non è nemmeno il loro obiettivo: «Lo scopo perseguito dalle istituzioni Ue è quello di assoggettare gli Stati membri alla “disciplina” dei mercati. Oltre che, più in dettaglio, convogliare verso banche e compagnie di assicurazione il flusso dei versamenti pensionistici; privatizzare il più possibile la sanità; ridurre i lavoratori a servi obbedienti dinanzi alla prospettiva di perdere il posto, o di non averlo».
Il vero nemico delle istituzioni Ue? «E’ lo stato sociale e l’idea di democrazia su cui si regge: è questo che esse sono volte a distruggere». L’Unione Europea sembra ormai diventata «una dittatura di finanza e grandi imprese, grazie anche all’aiuto di governi collusi o incompetenti». Si parla di “fine della democrazia” nella Ue, di “democrazia autoritaria” o “dittatoriale” o di “rivoluzione neoliberale” condotta per attribuire alle classi dominanti il massimo potere economico. «I poteri degli Stati membri, di cui le istituzioni europee si sono appropriati, sono superiori a quelli dei quali gode in USA il governo federale nei confronti degli Stati federati».
Di fatto, continua Gallino, «le persone che decidono quali poteri lasciarci o toglierci, sono sì e no alcune dozzine: sei o sette commissari della CE su trenta; i componenti del Consiglio Europeo (due dozzine di capi di Stato e di governo); i membri del direttivo della BCE i capi del FMI, e pochi altri». Costoro dettano loro le nuove regole a cui i cittadini dovranno sottoporsi. «Non esiste alcun ORGANO ELETTIVO – nemmeno il Parlamento Europeo – che possa interferire con quanto tale gruppo decide».
Sicché, «pare evidente che la Ue abbia smesso di essere una democrazia, per assomigliare sempre più a una dittatura di fatto.
«Quali sciagure debbono ancora accadere, quali insulti l’ideale democratico deve ancora subire, prima che si alzi qualche voce – meglio se sono tante – per dire che di questa Ue dittatoriale ne abbiamo abbastanza?»
http://www.imolaoggi.it/…/la-ue-e-una-dittatura-di-finanza…/




La UE è una dittatura di finanza e grandi imprese, grazie all’aiuto di governi collusi
23 ottobre – «Quel che sta accadendo è una rivoluzione silenziosa», annunciò José Manuel Barroso a Firenze nel
 

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GUARDATO" data-action="play-next">Riproduci successivo <LI role=menuitem class="overflow processo a -TRANI ***** O GUARDIAMO SEMPRE AGLI SPICCIOLI A RI *****?Già visto. - Durata: 11:22.

di ACCADEMIA DELLA dopo audizione alla comm finanze della......cannata, un nome una garazia ascoltate bene di quanto era l esposizione di morgan st. con noi ------50 milioni....... pagati 2,6 mld:wall::wall: nn faccio commenti sugli italiani,,,ma un signore con una camicia di color nero, affermava che nn ha senso governare gli italiani .....10 con lode...:V
 

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Documenti Dall'istituzione della Banca d'Italia alla legge bancaria del 1936



E' stata ripristinata la pagina di Banca d'Italia sulla storia e la legge bancaria del 1936



Fonte: https://www.bancaditalia.it/chi-siamo/storia/istituzione/index.html

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La legge bancaria del 1893 e l'età giolittiana

Il primo importante ciclo di vita della Banca può essere racchiuso tra l’anno della sua nascita, il 1893, e l’affermazione esplicita della sua natura pubblica, nel 1936.
La legge bancaria del 10 agosto 1893, n. 449 istitutiva della Banca d’Italia, fu fondamentale perché: ridefinì il sistema della circolazione cartacea, che venne basato sulla copertura metallica dei biglietti (più precisamente: del 40 per cento di essi) e su un limite di emissione assoluto; pose le premesse per il risanamento degli istituti di emissione; avviò il processo di transizione verso una banca di emissione unica; introdusse norme che ponevano la tutela dell’interesse pubblico al di sopra delle esigenze di profitto degli azionisti (esempio: approvazione governativa sia per la nomina del capo della Banca – allora era il Direttore Generale – sia per le variazioni del saggio di sconto).
In quegli anni Giuseppe Marchiori, Direttore Generale dal 1894 al 1900, iniziò concretamente a emarginare gli interessi degli azionisti privati e ad affermare l’adesione dell’Istituto a obiettivi pubblici. D’altra parte, la Banca rimaneva una società per azioni privata, che esercitava la facoltà di emissione monetaria in regime di concessione.
Parte notevole nell’evoluzione della Banca ebbe poi la nomina, nel 1900, di Bonaldo Stringher a Direttore Generale della Banca. In età giolittiana la Banca seppe conciliare, dato anche il quadro economico favorevole, la stabilità finanziaria e del cambio con il sostegno all’attività produttiva. Nel 1902 fu raggiunta la vecchia parità della lira con l’oro; da allora l’Italia si comportò come se aderisse al gold standard, ma, ammaestrata dalle crisi precedenti, non dichiarò ufficialmente la convertibilità della moneta. Nel 1906 la conversione della Rendita Italiana fu curata con successo dalla Banca; si affermò così definitivamente la sua funzione di banchiere e quindi di consulente del Governo, ruolo che andava ad aggiungersi a quello precedente di tesoriere.
In parallelo con la ripresa economica e il processo di industrializzazione, il sistema creditizio era cambiato: nello spazio creatosi con la crisi del 1893-94 – che vide il fallimento delle due più importanti banche mobiliari – si sviluppò un sistema nuovo in cui il grosso dell’intermediazione creditizia cominciò a passare dai tre istituti di emissione superstiti (Banca d’Italia, Banco di Napoli e Banco di Sicilia) alle grandi banche miste di recente fondazione (Banco di Roma, Banca Commerciale Italiana e Credito Italiano).
Nel 1907 la Banca d’Italia intervenne efficacemente per arginare una grave crisi finanziaria, stabilendo la propria funzione di prestatore di ultima istanza e consolidando sul campo la propria reputazione. Per agevolare questo compito, il sistema della circolazione fu reso più elastico con una legge varata alla fine dell’anno. Cominciò ad avvertirsi l'opportunità di una funzione di controllo sulle aziende bancarie.
Alla vigilia della prima guerra mondiale la Banca d’Italia rivestiva una posizione centrale nel panorama finanziario nazionale: per l'importanza del suo credito nell'economia del Paese, per l’opera svolta a favore della stabilità finanziaria, per il rafforzamento delle riserve metalliche, per il concorso fornito al Tesoro nella gestione del debito pubblico.
Il primo dopoguerra e il consolidarsi del ruolo pubblico della Banca

Nel corso della prima guerra mondiale la Banca sovvenne largamente il Tesoro: con il credito diretto, con l'assistenza al collocamento dei prestiti di guerra all'interno, con la gestione delle operazioni finanziarie con l'estero. L’aggancio della lira all’oro fu abbandonato e si instaurò il monopolio statale dei cambi.
Nel dopoguerra le difficoltà della riconversione misero in crisi molti settori dell'industria e le istituzioni creditizie che li avevano finanziati largamente, fino a determinare gravi dissesti bancari. La Banca d’Italia effettuò, d’accordo con il Governo, imponenti operazioni di salvataggio. Sul piano valutario si superò il monopolio dei cambi ma, nelle nuove circostanze, il ritorno alla normalità monetaria fu impossibile: gli strumenti di controllo della circolazione vigenti risultarono totalmente privi di efficacia. In tutti i paesi e nelle sedi internazionali si dibatté su come ritornare a un sistema a base metallica. L’Italia tenne un atteggiamento conservatore, orientato al gold standard classico.
In uno scenario tendenzialmente inflazionistico si arrivò nel 1926 alla decisione del governo fascista di rivalutare la lira, deflazionando l’economia. Come parte di questo piano di stabilizzazione monetaria e di ritorno all’oro (realizzato dalla Banca d'Italia, nonostante i dubbi di Stringher sui forti rischi deflativi), nell’arco di un triennio furono introdotte importanti riforme. Alla Banca d’Italia fu attribuito il monopolio delle emissioni e affidata la gestione delle Stanze di compensazione, snodi centrali di un moderno sistema dei pagamenti. Fu anche varata una legge per la tutela del risparmio: furono stabiliti per le banche obblighi speciali, fra cui un capitale minimo, e attribuiti alla Banca d'Italia nuovi poteri di controllo, primo nucleo della funzione di vigilanza creditizia. L'opera di riforma fu completata nel 1927-28 con la fissazione della nuova parità aurea della lira e il ripristino della convertibilità in oro o in divise estere convertibili (gold exchange standard), l'obbligo di mantenere una riserva in oro o in divise convertibili non inferiore al 40 per cento della circolazione, la ridefinizione dei rapporti con il Tesoro.
Per effetto di questi provvedimenti, l'Istituto, abbandonando il vecchio ruolo di “banca di circolazione”, venne ad assumere funzioni di vera e propria banca centrale e di organo di controllo del sistema creditizio; si accentuò il suo carattere sostanziale di ente pubblico. Nel 1928 fu approvato il nuovo Statuto, che istituiva la figura del Governatore, posto al vertice del Direttorio (composto da Governatore, Direttore Generale, Vicedirettore Generale); la responsabilità per la manovra del tasso di sconto passò dal Consiglio superiore al Governatore, sempre previa approvazione del Governo.
La Grande depressione e la legge bancaria del 1936

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Morto Stringher nel 1930, la direzione della Banca passò a Vincenzo Azzolini, proveniente dal Tesoro.

Nel pieno della Grande Depressione, la svalutazione della sterlina (settembre 1931) e di gran parte delle altre monete equivalse di fatto a un’ulteriore rivalutazione della lira. Si accentuò il carattere deflativo della politica italiana e pesanti furono le conseguenze sull’attività economica e sul sistema finanziario. Lo Stato e la Banca centrale salvarono dal tracollo le maggiori banche miste, gonfie di partecipazioni azionarie sempre più svalutate. La Banca d’Italia si trovò con un attivo fortemente immobilizzato e quindi nell’impossibilità di manovrare ulteriormente. Vennero così creati prima l'Istituto Mobiliare Italiano (IMI) con il compito di assicurare i finanziamenti di medio-lungo periodo e poi l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che acquisì le partecipazioni azionarie delle banche in difficoltà e i pacchetti di controllo delle banche stesse.
A metà degli anni Trenta le tensioni che avrebbero portato al nuovo conflitto mondiale si manifestarono sul piano monetario e valutario nella cessazione di fatto della convertibilità della lira in oro e nella sospensione dell'obbligo della riserva aurea (che non verrà più ripristinato).
In questo contesto di preparazione alla guerra (nel 1935 iniziò l’aggressione all’Etiopia) venne elaborata, in ambito IRI, la legge di riforma bancaria del 1936. Una prima parte (tuttora in vigore) della legge definì la Banca d'Italia “istituto di diritto pubblico” e le affidò definitivamente la funzione di emissione (non più, quindi, in concessione); gli azionisti privati vennero espropriati delle loro quote, che furono riservate a enti finanziari di rilevanza pubblica; alla Banca fu proibito lo sconto diretto agli operatori non bancari, sottolineando così la sua funzione di banca delle banche. Una seconda parte della legge (abrogata quasi interamente nel 1993) fu dedicata alla vigilanza creditizia e finanziaria: essa ridisegnò l'intero assetto del sistema creditizio nel segno della separazione fra banca e industria e della separazione fra credito a breve e a lungo termine; definì l’attività bancaria funzione di interesse pubblico; concentrò l'azione di vigilanza nell’Ispettorato per la difesa del risparmio e l'esercizio del credito (organo statale di nuova creazione), presieduto dal Governatore e operante anche con mezzi e personale della Banca d'Italia, ma diretto da un Comitato di ministri presieduto dal capo del Governo.
Consapevole degli sviluppi della scienza economica e delle sfide poste da un mondo in continua e traumatica evoluzione, il Governatore Azzolini iniziò la creazione di un moderno Servizio Studi, attraverso l’assunzione di economisti professionisti.
Alla fine del 1936 la svalutazione della lira, lungamente attesa, favorì la ripresa economica e il riequilibrio dei conti con l’estero. Contemporaneamente, per effetto di un semplice decreto ministeriale, fu rimosso ogni limite alla possibilità dello Stato di finanziarsi per mezzo di debiti verso la Banca centrale: l’autonomia di quest’ultima toccò il punto più basso.
https://www.bancaditalia.it/chi-siamo/storia/istituzione/LeggeBancaria1893.pdf











Pubblicato da Nicoletta Forcheri a 13:01 ShareThis Link a questo post Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest




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Da Moro a Renzi, la democrazia italiana chiude i battenti
Pubblicato su 15 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Forse qualcuno non si è ancora accorto che il diritto rappresentativo democratico, affermatosi nell’Italia repubblicana dal dopoguerra, si sta polverizzando sotto i nostri occhi, frantumato dal revisionismo costituzionale «in atto da diverso tempo, ma ora arrivato tragicamente alle ultime battute d’arresto», grazie al «golpe finanziario euroatlantico». E’ appena accaduto «qualcosa di assolutamente inedito negli ultimi 70 anni di storia repubblicana», scrive Rosanna Spadini: nella notte del 13 febbraio 2015 «un governo ha modificato la Costituzione unilateralmente». Ovvero: un gruppo di parlamentari “nominati”, «pur non avendo avuto la maggioranza alle ultime elezioni, ma avendola ottenuta solo in forza di una legge elettorale dichiarata incostituzionale», ha modificato la Costituzione «asfaltando in un solo colpo la democrazia». Il “golpe notturno” è stato eseguito «in apnea di democrazia», da un Parlamento eletto in base a una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Corte. La Costituzione? Ormai «obsoleta e superflua», un intralcio al profitto dei bankster. Con Renzi, va a segno il piano antidemocratico nato trent’anni fa.
Il “Porcellum”, osserva la Spadini su “Come Don Chisciotte”, è una legge ancor più devastante dei diritti di rappresentanza democratica della Legge Acerbo imposta da Mussolini. «Infatti non c’è nemmeno bisogno del 25% dei voti per ottenere il premio di maggioranza: chi arriva primo fra le varie liste e coalizioni, quale che sia la percentuale, ottiene la maggioranza di 340 seggi a Montecitorio». Di qui la tendenza alla formazione di “larghe intese”, «sottoposte al ricatto». La riforma del Senato promossa dal governo Renzi, poi, «prevede la fine del bicameralismo perfetto e l’abolizione del Senato elettivo, sostituito con una Camera composta da consiglieri regionali e sindaci e ridotta da 315 a 100 membri». Il nuovo Senato non voterà più la fiducia al governo, né gli sarà consentito di legiferare (tranne che su alcuni temi: riforme costituzionali e trattati internazionali). Di fatto, l’abolizione del Senato elettivo «sospende il diritto repubblicano e si inserisce in una fase di “anomalia legislativa”», inaugurando la transizione «da un regime rappresentativo, espressione dialettica tra i vari gruppi sociali e politici, a uno autocratico, che tende ad semplificare i metodi deliberativi, per imporre la volontà esclusiva di gruppi di potere oligarchico».
La logica, sintetizza Spadini, non è più quella della collaborazione e del compromesso, di conciliazione delle diverse istanze, ma espressione della richiesta di più spedita efficienza del processo deliberativo, inteso come mera applicazione di una volontà autocratica. «Le ultime riforme previste dunque prevedono una riduzione ulteriore dei poteri democratici del Parlamento attraverso la trasformazione di un ramo delle Camere, da organo legislativo a pieno titolo a mera funzione di collegamento tra Stato ed enti locali». Questo, assieme alla nuova legge elettorale (con ampio premio di maggioranza al partito più votato), «assegnerà più potere alle maggioranze e ai governi, indebolendo invece il Parlamento e le opposizioni». Un uomo solo comando, non eletto da nessuno: Renzi, il maggiordomo dei poteri forti che «sta rottamando la democrazia», in una situazione «molto vicina al colpo di Stato». Il problema? Salvare la Costituzione, prima che gli italiani diventino definitivamente sudditi senza più diritti. «Eroe del populismo postmoderno», Renzi finora è stato «un abile impresario politico della virtualità rassicurante, un valido affabulatore della narrazione neoliberista blairiana», idolatrato da elettori raggirati e destinati «a un’esistenza di precariato professionale perpetuo».
Certo, ammette Spadini, il “golpe” viene da lontano, «e fu segnato da passaggi chiave nella storia economico-politica italiana». L’assassinio di Moro, nel maggio 1978, «serviva per impedire la partecipazione dei comunisti al governo, evento traumatico per gli Usa», ma «giovò anche al progetto dell’area valutaria europea». Infatti, «nel marzo del ’79 ci fu l’incriminazione del governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi, il quale poi, benché prosciolto da tutte le accuse, dovette dimettersi». Subito dopo, il capo del governo Giulio Andreotti ufficializzerà l’entrata dell’Italia nello Sme. «Nel 1981, con l’accordo Ciampi-Andreatta, verrà sancito il cosiddetto “divorzio” tra Banca d’Italia e Tesoro, dando inizio così all’impennata dell’aumento degli interessi sul debito pubblico». Nel ’92 poi si aprì la stagione di Mani Pulite, una “rivoluzione mediatico-giudiziaria” che avrebbe provocato la demonizzazione della classe politica dirigente della Prima Repubblica, «ovvero quella casta che, pur tra episodi di corruzione, aveva permesso la crescita economica e l’aumento dei salari». A seguire, il primo processo di liberalizzazioni e privatizzazioni. «Infine le dimissioni di Berlusconi nel 2011, pilotate dalla Bundesbank, provocarono il succedersi dei governi Monti, Letta e Renzi, non votati da nessuno, 
e il via libera per la strategia Usa di destabilizzazione del Medio Oriente, in un’ottica ostile alla Russia».
Ora, continua Spadini, le famigerate e sbandierate “riforme” «transiteranno la società italiana verso un assetto sociale darwininiano, dove la distanza tra le classi si farà sempre più marcata», difendendo privilegi e «demolendo quel sistema di welfare che ha salvaguardato il benessere dei cittadini fino ad ora». Privatizzazioni, abbattimento dei diritti del lavoro, tassazione spietata sulle fasce più basse, riduzione degli ammortizzatori sociali e della pubblica amministrazione, limitazione della democrazia. «Renzi – scrive il “Daily Mirror”– è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La Jp Morgan». Riforma della Costituzione, del Senato, della Rai, del lavoro (Jobs Act), della pubblica amministrazione, della giustizia, della scuola, del sistema elettorale. «Così ha deciso il presidente del consiglio Matteo Renzi, su suggerimento della banca d’affari Jp Morgan, che ha arruolato proprio Blair tra i suoi consiglieri strategici», conclude Spadini. «Benvenuti nel nuovo mondo dei licantropi, che praticano quotidianamente l’equilibrio funambolesco del potere, oscillante tra virtualità rassicuranti e rovine sociali».
Tratto da:Libre - associazione di idee


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Da Moro a Renzi, la democrazia italiana chiude i battenti
Pubblicato su 15 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Forse qualcuno non si è ancora accorto che il diritto rappresentativo democratico, affermatosi nell’Italia repubblicana dal dopoguerra, si sta polverizzando sotto i nostri occhi, frantumato dal revisionismo costituzionale «in atto da diverso tempo, ma ora arrivato tragicamente alle ultime battute d’arresto», grazie al «golpe finanziario euroatlantico». E’ appena accaduto «qualcosa di assolutamente inedito negli ultimi 70 anni di storia repubblicana», scrive Rosanna Spadini: nella notte del 13 febbraio 2015 «un governo ha modificato la Costituzione unilateralmente». Ovvero: un gruppo di parlamentari “nominati”, «pur non avendo avuto la maggioranza alle ultime elezioni, ma avendola ottenuta solo in forza di una legge elettorale dichiarata incostituzionale», ha modificato la Costituzione «asfaltando in un solo colpo la democrazia». Il “golpe notturno” è stato eseguito «in apnea di democrazia», da un Parlamento eletto in base a una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Corte. La Costituzione? Ormai «obsoleta e superflua», un intralcio al profitto dei bankster. Con Renzi, va a segno il piano antidemocratico nato trent’anni fa.
Il “Porcellum”, osserva la Spadini su “Come Don Chisciotte”, è una legge ancor più devastante dei diritti di rappresentanza democratica della Legge Acerbo imposta da Mussolini. «Infatti non c’è nemmeno bisogno del 25% dei voti per ottenere il premio di maggioranza: chi arriva primo fra le varie liste e coalizioni, quale che sia la percentuale, ottiene la maggioranza di 340 seggi a Montecitorio». Di qui la tendenza alla formazione di “larghe intese”, «sottoposte al ricatto». La riforma del Senato promossa dal governo Renzi, poi, «prevede la fine del bicameralismo perfetto e l’abolizione del Senato elettivo, sostituito con una Camera composta da consiglieri regionali e sindaci e ridotta da 315 a 100 membri». Il nuovo Senato non voterà più la fiducia al governo, né gli sarà consentito di legiferare (tranne che su alcuni temi: riforme costituzionali e trattati internazionali). Di fatto, l’abolizione del Senato elettivo «sospende il diritto repubblicano e si inserisce in una fase di “anomalia legislativa”», inaugurando la transizione «da un regime rappresentativo, espressione dialettica tra i vari gruppi sociali e politici, a uno autocratico, che tende ad semplificare i metodi deliberativi, per imporre la volontà esclusiva di gruppi di potere oligarchico».
La logica, sintetizza Spadini, non è più quella della collaborazione e del compromesso, di conciliazione delle diverse istanze, ma espressione della richiesta di più spedita efficienza del processo deliberativo, inteso come mera applicazione di una volontà autocratica. «Le ultime riforme previste dunque prevedono una riduzione ulteriore dei poteri democratici del Parlamento attraverso la trasformazione di un ramo delle Camere, da organo legislativo a pieno titolo a mera funzione di collegamento tra Stato ed enti locali». Questo, assieme alla nuova legge elettorale (con ampio premio di maggioranza al partito più votato), «assegnerà più potere alle maggioranze e ai governi, indebolendo invece il Parlamento e le opposizioni». Un uomo solo comando, non eletto da nessuno: Renzi, il maggiordomo dei poteri forti che «sta rottamando la democrazia», in una situazione «molto vicina al colpo di Stato». Il problema? Salvare la Costituzione, prima che gli italiani diventino definitivamente sudditi senza più diritti. «Eroe del populismo postmoderno», Renzi finora è stato «un abile impresario politico della virtualità rassicurante, un valido affabulatore della narrazione neoliberista blairiana», idolatrato da elettori raggirati e destinati «a un’esistenza di precariato professionale perpetuo».
Certo, ammette Spadini, il “golpe” viene da lontano, «e fu segnato da passaggi chiave nella storia economico-politica italiana». L’assassinio di Moro, nel maggio 1978, «serviva per impedire la partecipazione dei comunisti al governo, evento traumatico per gli Usa», ma «giovò anche al progetto dell’area valutaria europea». Infatti, «nel marzo del ’79 ci fu l’incriminazione del governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi, il quale poi, benché prosciolto da tutte le accuse, dovette dimettersi». Subito dopo, il capo del governo Giulio Andreotti ufficializzerà l’entrata dell’Italia nello Sme. «Nel 1981, con l’accordo Ciampi-Andreatta, verrà sancito il cosiddetto “divorzio” tra Banca d’Italia e Tesoro, dando inizio così all’impennata dell’aumento degli interessi sul debito pubblico». Nel ’92 poi si aprì la stagione di Mani Pulite, una “rivoluzione mediatico-giudiziaria” che avrebbe provocato la demonizzazione della classe politica dirigente della Prima Repubblica, «ovvero quella casta che, pur tra episodi di corruzione, aveva permesso la crescita economica e l’aumento dei salari». A seguire, il primo processo di liberalizzazioni e privatizzazioni. «Infine le dimissioni di Berlusconi nel 2011, pilotate dalla Bundesbank, provocarono il succedersi dei governi Monti, Letta e Renzi, non votati da nessuno, 
e il via libera per la strategia Usa di destabilizzazione del Medio Oriente, in un’ottica ostile alla Russia».
Ora, continua Spadini, le famigerate e sbandierate “riforme” «transiteranno la società italiana verso un assetto sociale darwininiano, dove la distanza tra le classi si farà sempre più marcata», difendendo privilegi e «demolendo quel sistema di welfare che ha salvaguardato il benessere dei cittadini fino ad ora». Privatizzazioni, abbattimento dei diritti del lavoro, tassazione spietata sulle fasce più basse, riduzione degli ammortizzatori sociali e della pubblica amministrazione, limitazione della democrazia. «Renzi – scrive il “Daily Mirror”– è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La Jp Morgan». Riforma della Costituzione, del Senato, della Rai, del lavoro (Jobs Act), della pubblica amministrazione, della giustizia, della scuola, del sistema elettorale. «Così ha deciso il presidente del consiglio Matteo Renzi, su suggerimento della banca d’affari Jp Morgan, che ha arruolato proprio Blair tra i suoi consiglieri strategici», conclude Spadini. «Benvenuti nel nuovo mondo dei licantropi, che praticano quotidianamente l’equilibrio funambolesco del potere, oscillante tra virtualità rassicuranti e rovine sociali».
Tratto da:Libre - associazione di idee


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Il Magistrato Varone: lo Stato deve emettere moneta gratuitamente senza farsela prestare!
Pubblicato su 15 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
Riportiamo l’ultimo post pubblicato dal Magistrato Varone Gennaro sul suo profilo Facebook:
La (finta) ripresa.
A parte il fatto che ancora non c’è (e non sappiamo affatto se ci sarà davvero): il PIL a dicembre è crollato, letteralmente.
A parte il fatto che mi auguro ci sia, allo stesso modo in cui mi auguro di vincere alla lotteria: irrazionalmente.
Mi chiedo: perché “dovrebbe” esserci? Perché .. ce lo dicono? Sono sette anni che ce lo dicono …
Allora. Se c’è più Moneta in giro è “probabile” la Comunità ne abbia più a disposizione da spendere.
Si, d’accordo. Ma alla Comunità “come” dovrebbe arrivare questa Moneta, posto che la BCE la consegna alle Banche Commerciali Private E NON AI GOVERNI?
In due modi.
Primo. Attraverso i Prestiti che le Banche Commerciali faranno alla Comunità. Prestiti più a buon mercato (si spera), ma sempre prestiti.
Certo, se io ho più denaro (prestato) ne posso spendere di più. E questo dovrebbe far salire la Domanda di beni ed incentivare la Produzione.
Ovviamente, se cresce la Domanda, saliranno anche i prezzi. Ecco perché Draghi sostiene che ci vuole un po’ di inflazione “buona”: perché è il segnale che Domanda e Produzione crescono.
Si. Nel breve periodo. Un po’.
Ma attenzione: l’inflazione è davvero “buona” se, nel frattempo, gli stipendi non perdono potere di acquisto; cioè, se vengono ‘indicizzati’.
Se i prezzi dovessero salire, ma i salari restare uguali, tutti saremmo più poveri. E siccome la Domanda è cresciuta NON perché ci hanno ‘dato’ denaro (indicizzazione), ma perché ce l’hanno “prestato”, molto presto ci ritroveremo ancora più indebitati di prima: perché, una volta prodotta l’inflazione “buona”, non la si può combattere … aumentando il prestito. Ci vorrebbe Moneta … guadagnata (ma non si può, nell’Eurozona -salva la lotta sulle Esportazioni).

Il secondo modo è la Spesa Pubblica.
Se la BCE acquista i Titoli di Stato, l”interesse sui Titoli di Stato cala e il Governo ha più Moneta da spendere.
Non sappiamo “quanta” Moneta in più.
In ogni caso, se fossi il Premier, la spenderei in Opere Pubbliche e Servizi ed indicizzerei gli stipendi dei pubblici dipendenti (fermi da decenni): non perché sono un pubblico dipendente; ma perché questo è l’unico modo che ha il Governo di sostenere la Spesa Privata, senza costringere gli individui ad indebitarsi loro; il modo di sostenere la Domanda (e la conseguente inflazione), senza provocare povertà.
Il mio stipendio non è soltanto “mio”: è reddito per tutti coloro presso i quali lo spendo mese per mese. E’ elementare.
Tuttavia, l’aumento di Spesa Pubblica, comporterebbe, nel lungo periodo, un aumento del debito pubblico e, dunque, degli interessi sul debito pubblico. E siamo punto e a capo.

Come vedete non c’è soluzione.
E sapete perché? Non capite da soli dov’è l’errore?
L’errore è che la Moneta NON PUO’ ESSERE TUTTA UN PRESTITO come avviene ora.
La soluzione è che UNA PARTE della Moneta, quella necessaria ad assorbire IL REALE AUMENTO DI PRODUZIONE CHE CI SI ATTENDE, sia immessa GRATIS nella Comunità da uno Stato che LA STAMPA DA SE’ e la offre con una Spesa Pubblica finalmente NON A DEBITO.
E’ il solo modo di tutelare il nostro benessere, di garantire il Risparmio (articolo 47 Costituzione, che pochissimi ricordano), di sostenere la Domanda.
NESSUNA DOMANDA PUO’ ESSERE SOSTENUTA A DEBITO PER SEMPRE. E’ logica e l e m e n t a r e.
 

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RISORSE NASCOSTE DEL BANKING: Dedicato ai bancari e ai loro sindacalisti, che lottano contro il degrado del contratto di lavoro




Posted on 08/02/2015
http://marcodellaluna.info/sito/2015/02/08/le-risorse-nascoste-del-banking/ Si è aperta una non rosea stagione di trattative sindacali. ABI ha disdetto il contratto nazionale di lavoro dei bancari adducendo esigenze di innovazione nei servizi e risparmio sul personale, a seguito di un calo degli utili in uno scenario generalmente depresso e di deterioramento dei crediti. Quindi, o meno salario, o meno occupazione. Ma questo principio si può e si deve concretamente rovesciare, perché la torta è… più larga di quanto si è abituati a pensare, e di quanto vorrebbe far intendere il documento denominato Posizione ABI sui temi principali del rinnovo contrattuale, “Perimetro contrattuale” e trattamento economico.
Col presente articolo intendo fornire conoscenze che cambiano strutturalmente e in positivo le premesse delle trattative, rivelando risorse scientificamente accertate e insite nel banking, da diffondere tra i colleghi bancari e adoperare energicamente nel negoziato, siccome esse sono utili per ripensare tutta la situazione, e la loro attuale propagazione fa prevedere l’imminente richiesta di una profonda rettifica del modo di redigere il bilancio bancario, particolarmente in fatto di utili.
Non bisogna lasciarsi ingabbiare nella vulgata ABI della realtà aziendale (e con “vulgata” non mi riferisco al solo documento succitato, ma al complesso della dottrina economico-finanziaria che essa ha sposato), dal suo piano di psicologia aziendale applicato… a voi, lavoratori dipendenti.
Questa vulgata è formulata per impedire di parlare e persino di pensare su molti aspetti della realtà e per imporre una formulazione dei problemi in una chiave tale da pre-determinare, come esito, lo schiacciamento dei diritti e delle prospettive professionali, che è l’obiettivo datoriale. Un obiettivo che può essere raggiunto combinando due cose che gli ultimi governi (non eletti) hanno donato ai datori di lavoro: il diritto di cambiare le mansioni ai dipendenti (fungibilità) e il diritto di licenziare (quindi di porre i dipendenti sotto la minaccia di demansionamento e licenziamento). E’ prevedibile – proprio perché la controparte datoriale già si è preparata nel 2014 sia con una massiccia campagna di schede di valutazione negative, sia lamentando un problema di professionalità del personale bancario – che fra qualche tempo partirà un’ondata strumentale di spostamenti mansionali arbitrari, diretta a far apparire professionalmente inidonei anche coloro che sono invece idonei alle mansioni in cui sono stati formati e collocati, ma non nelle nuove mansioni (ad esempio, il funzionario addetto alla qualità del credito che viene ri-mansionato agestore affluent, o viceversa), allo scopo di creare il presupposto per licenziare. Sarà così possibile sbarazzarsi del personale ritenuto in eccesso o troppo costoso, e passare a una massiccia esternalizzazione attraverso società controllate che riservano al personale un trattamento di stretto risparmio – perché questo è il modello generale: comprimere i diritti salariali, previdenziali etc. dei dipendenti per migliorare i bilanci in funzione del mercato finanziario, ignorando quello macroeconomico, nel quale già si vede che questa politica del lavoro produce collasso dei redditi, della domanda aggregata, quindi dei ricavi e della solvibilità: una spirale recessiva.>Questo dovrebbe essere sempre tenuto e fatto presente: soprattutto se applicata per singole aziende, senza una visione aggregata, la logica del libero mercato finanziario produce disastri sul piano economico, cioè della produzione, dell’occupazione, dei redditi, perché è una logica di breve termine, di bilancio, che persegue ciecamente la compressione dei costi e trascura gli effetti distruttivi di lungo termine, sull’economia reale (tanto più che la finanza speculativa guadagna proprio sulle oscillazioni, sugli shock, non sulla stabilità, quindi non è da seguire). ABI non ha il diritto di agire con questa logica, siccome è un’associazione di imprese che esistono perché lo Stato ha dato loro la licenza bancaria ed esercitano in via esclusiva una funzione eminentemente pubblica, in virtù di una pubblica licenza bancaria, cioè la creazione e regolazione del credito l’economia nazionale, per la quale la finanza è un mezzo, non il fine; quindi ABI ha il dovere di agire con un’ottica nazionale, di lungo termine, con riguardo all’economia reale. Che non è quella del bilancio e della finanza.
Per rompere lo schema e uscire da questa gabbia concettuale, da questa prospettiva falsata ad hoc dalla controparte, non è necessario ricorrere allo sciopero. Vi sono altri mezzi, molto meno conflittuali e molto più adeguati ai tempi e al progresso dell’informazione. Mezzi che, a differenza dello sciopero, non comportano costi e sacrifici per i lavoratori, ma piuttosto a un lavoro di networking, di p.r. e, prima ancora, di apertura dei propri orizzonti culturali. Innanzitutto, visto che la controparte ABI lamenta scarsa professionalità, bisogna replicarle che “certe” banche da tempo non erogano più corsi e richiederle l’organizzazione di opportuni corsi, corsi certificati onde il datore di lavoro non possa disconoscerli, ricordandole che per questo la banca riceve fondi europei. Se non lo farà, smentirà se stessa. E sarà più facile per i licenziati impugnare vittoriosamente il licenziamento davanti ai giudici del lavoro. Anzi, si può studiare la possibilità di una class action per ottenere dal giudice l’ordine di provvedere alla formazione, o in subordine risarcire i danni conseguenti alla mancata formazione. Insomma, c’è spazio per mettere le mani avanti. Già una simile class action è stata avviata contro la Regione Sicilia.Ma in questo articolo vi voglio indicare e documentare anche un altro mezzo, credo ancora più potente.Un responsabile dell’ufficio fidi e mutui di una nota banca, nel 2007, dopo aver letto la prima edizione del mio saggio Euroschiavi, mi scrisse: «… un giorno, aprendo un fido su un c/c, mi sono chiesto: Ma ‘sti soldi, da dove cavolo vengono? È possibile che vengano creati solo battendo una serie di tasti sul PC?” Poi hanno cominciato ad arrivare le informazioni, quasi mi stessero aspettando…».
In proposito vi sono da tempo tre teorie:
La teoria ufficiale, recepita dal linguaggio delle leggi: la banca è un’intermediaria finanziaria, cioè presta i soldi della raccolta: tanto raccoglie, tanto può prestare. Da un lato riceve depositi, e dall’altro lato li presta, applicando una forbice di interessi, e guadagnando su questa e sulle commissioni; quindi, se presta 100, in bilancio deve registrare un calo di cassa di 100, e un incremento di 100 dei crediti. Ovviamente, ogni mancato rimborso dei prestiti concessi è una pari perdita. La quantità di liquidità, il money supply, è generata interamente dalla banca centrale di emissione e non dipende dalla quantità di credito erogato dalle banche.
La teoria per gli “istruiti”, insegnata a ragioneria e all’università, è quella della riserva frazionale: la singola banca può prestare un multiplo delle sue riserve, cioè può creare moneta creditizia o scritturale o contabile per un multiplo delle sue riserve – diciamo dieci volte – emettendo bonifici, lettere di credito, assegni etc. E siccome questi mezzi di pagamento possono essere depositati in altre banche (o su altro conto della medesima banca), andando così ad aumentare le loro riserve, essi mettono queste altre banche in condizioni di emettere ulteriore moneta contabile. L’effetto complessivo è di una moltiplicazione reciproca da parte del sistema bancario, in virtù della quale, se la banca centrale opera un incremento iniziale di 100 di moneta legale, con un moltiplicatore di 10 abbiamo un aumento di liquidità totale, nel sistema, di 9.900. La banca, quindi, non è un semplice intermediario finanziario, e l’uso di questa definizione, anche da parte dei testi di legge, è ingannevole. L’attività creditizia delle banche, comportando la creazione di mezzi monetari privati accettati anche dal settore pubblico (con l’assegno circolare della banca voi potete pagare le tasse o il prezzo di un terreno all’asta del tribunale), è in contrasto con la legge, ossia col Testo Unico Bancario, che concede alle banche licenza di intermediare (raccogliere e prestare) il risparmio ma non di creare moneta, e col Trattato di Maastricht, che, all’art. 105, riserva la creazione monetaria, sotto forma di banconote, al Sistema Europeo delle Banche Centrali. In ogni caso, poiché la banca, secondo questa teoria, intacca frazionalmente le sue riserve per erogare il prestito, necessariamente ad ogni erogazione le sue riserve in bilancio devono ridursi in proporzione al rapporto frazionario.La terza teoria è che la banca – ogni banca, individualmente – crei direttamente i mezzi monetari che presta,semplicemente aprendo un conto di disponibilità intestato al cliente e scrivendoci sopra l’importo che intende prestare, senza attingere dalla cassa e senza usare o intaccare le riserve. Quindi crea moneta creditizia al 100% ex nihilo e la presta. O più esattamente la crea con l’atto del metterla a disposizione o prestarla. Il prestato (il messo a disposizione) non preesiste al prestare (al mettere a disposizione). L’incompatibilità col Tub (che consente alle banche solo l’intermediazione) e con Maastricht (che riserva la monetazione alla BCE sotto forma di banconote) è totale. Questa è la teoria che esponevo in Euroschiavi e che indusse il vostro collega del settore fidi e mutui a scrivermi quelle poche ma significative righe di commento e conferma. Leggendo il mio libro, aveva capito che cosa realmente faceva quando erogava, ossia aveva capito che creava liquidità, e che questa capacità di creare mezzi monetari è la vera peculiarità della banca, conferita di fatto (anche se non di diritto) dalla licenza bancaria, e che rende il prestare della banca qualitativamente diverso dal prestare di qualsiasi altro soggetto, perché qualsiasi altro soggetto presta solo denaro che si è procurato in precedenza in cambio di qualcosa (oppure con una rapina, un furto, una frode…); sicché, se non recupera quanto ha prestato, soffre una perdita vera e propria, mentre la banca no, quindi può sopportare molto bene le perdite sui crediti e non ha bisogno di scaricarle sul trattamento salariale dei dipendenti o sui livelli occupazionali, né sui depositi dei clienti (bail in). Questo privilegio ha, come presto vedremo, ulteriori conseguenze su come dovrebbero essere formulati i bilanci in fatto di ricavi e sull’imponibile fiscale effettivo. Ma in generale tutta la faccenda delle della sorveglianza, crisi bancarie e dei rimedi ad esse, va riconsiderata.
Orbene, che le cose stiano come spiega questa terza teoria è stato dimostrato scientificamente dal prof. Richard Werner dell’Università di Southampton mediante un esperimento, che è stato filmato da una troupe televisiva. Su International Review of Financial Analysis – 36 (2014), Werner ha pubblicato un paper su questo esperimento1, col titolo Can banks individually create money out of nothing? – The theories and the empirical evidence (Possono le banche creare denaro dal nulla? Teorie e prove empiriche).L’esperimento è stato molto semplice: previo accordo con la Raiffeisenbank Wildenberg, una banca cooperativa della Bassa Baviera inserita in una rete di molte banche cooperative servite da un unico sistema contabile elettronico, il 07/08/13 Werner personalmente si fece erogare un mutuo di 200.000 Euro. Prima e dopo l’erogazione, e di nuovo il giorno dopo, egli si fece stampare il bilancio (balance sheet, situazione contabile) della banca per confrontare il suo stato (le singole voci contabili) prima e dopo l’erogazione del mutuo. Dal confronto tra le due situazioni, risultò che la banca aveva aumentato i propri crediti di 200.000 (a fronte della registrazione di una pari uscita), mentre non vi era stata alcuna variazione in meno vuoi delle riserve, come avverrebbe se fosse corrispondente alla realtà la teoria della riserva frazionaria, vuoi di alcun altro conto o fondo, e specificamente della voce “cassa”, come avverrebbe se fosse corrispondente alla realtà la teoria della banca come intermediaria. La banca aveva movimentato solo il nuovo conto.Quindi la banca aveva effettivamente aumentato il proprio attivo patrimoniale a costo zero proprio con l’atto del prestare. In effetti, aveva creato un conto di disponibilità in favore del mutuatario Werner e vi aveva digitato dentro un importo, accreditandosi al contempo la medesima somma. Sarebbe interessante controllare se, quando il prestito viene rimborsato, le varie banche cancellano o non cancellano questa posta attiva.
> La scritturazione contabile operata nell’erogazione da parte dei funzionari della banca registra :
EUR CREDIT LIABILITIES BALANCE
Current account 200,000
Loan 200,000 -200,000
Bank Sum Total 200,000 200,000 0,00

Cioè i mezzi monetari, l’oggetto del prestito, sono creati semplicemente registrando ex nihilo un debito contro un credito, con un’operazione contabile esclusiva e peculiare delle banche, che nessun altro operatore economico potrebbe compiere, e che nondimeno fa quadrare il bilancio. Ma – osservo io – a quanto ammontano i mezzi monetari così creati? A 200.000, cioè la “somma” prestata, o a 400.000, ossia a quelli prestati al cliente più il credito che la banca ha registrato a proprio avere? Se questo credito è in qualche modo utilizzabile dalla banca come (se fosse) moneta, allora la creazione monetaria totale che si fa nell’erogare un prestito di 200.000 è di 400.000.>Questo esperimento (il quale ha ulteriori aspetti e corollari, che per brevità qui tralascio) conferma la terza teoria sulla origine dei depositi bancari (della liquidità bancaria) confutando le altre due, cioè quella della banca come intermediaria finanziaria, e quella della riserva frazionaria, dato che ambedue ritengono che un prestito possa essere erogato soltanto usando denaro preesistente. D’altronde, per non citare me stesso2, già la Fed e la Bank of England, recentemente, avevano pubblicato papers3 da cui appare che il grosso, circa il 97% della liquidità (M1), consiste in denaro bancario privato (contabile, scritturale, creditizio), e solo il resto in legal tender, ossia moneta legale creata dalle banche centrali di emissione: euro-note. E molti l’avevano capito in occasione della crisi finanziaria del 2008, in quanto si spiegava che la causa del liquidity crunch (restrizione della liquidità) era… il credit crunch (restrizione del credito bancario). Quindi il money supply è creato dal prestito bancario e, dopotutto, Werner ha confermato, col suo esperimento, ciò che già si sapeva e vedeva. I tempi erano maturi. Ancora prima, l’economista Antonino (Nino) Galloni aveva formulato, in termini vicini a questi, un disegno complessivo di come la banca “produce” il credito-liquidità nel saggio Il futuro della banca – Lineamenti di teoria bancaria e finanziaria (Eurilink Roma 2014 – pp.11-26).
> Del resto, il funzionamento e la stessa esistenza di Target2, la piattaforma per pagamenti interbancari nell’Eurozona (e non solo), dimostrano che il denaro sui conti correnti bancari, anche se denominato “euro”, non è l’euro, e non è creato dalla BCE ma dalle banche dei singoli paesi aderenti. Infatti, se fosse l’euro “vero”, l’euro-valuta legale della BCE, per fare un bonifico di 1.000 euro dal mio conto corrente italiano a quello del mio fornitore in Germania, la mia banca opererebbe quando fa un bonifico a un altro conto corrente italiano, a un altro conto corrente ABI, anziché passare per Target2, cioè chiedere alla Banca d’Italia di prestarle 1.000 euro della BCE (e la Banca d’Italia lo fa indebitandosi verso la BCE), con cui viene eseguito l’accredito sul conto corrente tedesco. Infatti, l’euro vero disponibile al privato, ossia la banconota e il conio, è egualmente spendibile e accreditabile sui conti correnti direttamente (senza cioè passare per le banche centrali) in qualsiasi paese dell’Eurozona. Il che dimostra in modo diretto e compiuto, che gli “euro” segnati sui conti correnti italiani non sono veri euro (la valuta legale), non sono emessi dalla BCE, sono diversi anche dagli “euro” segnati sui conti correnti tedeschi (greci, spagnoli, finlandesi…), e non sono l’Euro, la valuta legale del SEBC, di Maastricht, l’unica ammessa e lecita. Sono una moneta privata, creata internamente a ciascun sistema bancario nazionale, e diversa per ogni sistema bancario (cioè per ogni paese). In Italia, sono la moneta dell’ABI. Contabilizzarla al medesimo modo e con la medesima denominazione dell’Euro vero, è scorretto, ingannevole, illecito. E’ un’elusione del Trattato di Maastricht.Dal punto di vista del bilancio, dei ricavi e dell’imponibile, le conseguenze sono facilmente immaginabili: l’importo prestato comporta automaticamente un ricavo di pari importo, quindi, se il bilancio un domani verrà fatto fedelmente, risulteranno maggiori gli utili e maggiore reddito. Sarebbe interessante controllare se, quando il prestito viene rimborsato, le varie banche cancellano o non cancellano questa posta attiva.E’ significativo che le tre teorie siano esistite fianco a fianco per molti decenni senza mai essere verificate sperimentalmente per accertare quale fosse quella vera. Evidentemente, è un tema molto delicato, sul quale si è preferito mantenere l’oscurità e la disinformazione, senza le quali non si potrebbe continuare a parlare, anche da parte del legislatore, delle banche come “intermediarie finanziarie” senza che la gente anche solo un poco esperta del settore si accorgesse dalla falsità di questa definizione, del contrasto tra le leggi in materia bancaria e ciò che le banche realmente fanno, e degli erronei presupposti tecnici degli interventi sulle crisi bancarie, i cui costi sono stati, nel mondo, scaricati principalmente sui conti pubblici (quindi sui contribuenti) e sui risparmiatori (bail-in), con effetti molto negativi sull’economia reale.Insomma, gli impatti di quanto sopra sulla macroeconomia sono notevoli, ma a voi, impiegati e funzionari di banca, oggi impegnati in una critica fase di ristrutturazione aziendale e di sfida ai vostri diritti di lavoratori da parte dell’ABI, non sarà certamente sfuggito che il conoscere questi dati di fatto è una potente arma di negoziato, per imporre nelle trattative che si parta da un piano di verità e che si rinunci, da parte datoriale, a presupposti fasulli, di falsa debolezza e di falsa impostazione contabile di comodo, oramai confutati sia dalla ricerca scientifica che da due primarie banche centrali. Oggi potete sbattere la prova della verità sul tavolo delle trattative, ma insieme dovete diffondere la conoscenza di questa verità, per far partire da essa un movimento di opinione e dibattito tra le categorie produttive, trai mezzi di informazione, tra gli economisti e i politici, così da renderla più forte e più efficace nelle vostre mani a tutela della vostra dignità e del vostro futuro. E diffonderla è facile e non costoso: internet, la rete delle conoscenze personali, i sindacalisti, i convegni e le conferenze stampa, Passaparola. Già oggi, attraverso i blog collegati, questo articolo raggiunge decine di migliaia di persone.>

08.02.15 Marco Della Luna


1 Gratuitamente scaricabile da:
c.els-cdn.com/S1057521914001070/1-s2.0-S1057521914001070-main.pdf?_tid=077966da-9662-11e4-b087-00000aacb360&acdnat=1420631030_d75cc632b899eb31c147ff9a866e34b2,

2 Ad es. Euroschiavi, Arianna, IV ed., soprattutto il capitolo “L’albero del debito e del credito”

3 Trattasi> Money creation in the modern economy, di Michael McLeay, Amar Radia and Ryland Thomas ofthe Bank’s Monetary Analysis Directorate (www.bankofengland.co.uk/…/2014/qb14q1prereleasemoneycreation.pdf ):
“La creazione monetaria in pratica differisce da alcune concezioni diffuse: le banche non agiscono semplicemente come intermedizri, prestando i depositi affidati loro dai risparmiatori, ne moltiplicano la moneta della banca centrale per creare nuovi prestiti e depositi… … nella realtà, le banche sono le creatrici della moneta costituente i depositi… … l’atto di prestare crea i depositi – l’inverso della sequenza ticipamente descritta nei libri di testo.
 

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Il crollo dell’Unione Sovietica: la storia del tradimento di Gorbaciov e Eltsin

marzo 14, 2015 3 commenti

Sevnews - Reseau International 13 marzo 2015
L’URSS non è crollata perché il suo sistema non funzionava o perché economicamente indebolita, tanto meno per la guerra in Afghanistan e altre stronzate che la propaganda continua a spacciare anche dopo la fine del blocco sovietico. La seguente testimonianza ci dice dall’interno ciò che è realmente accaduto. Quest’anno (2011) vi segnalo due eventi correlati: il 20° anniversario del crollo dell’Unione Sovietica e l’anniversario del suo primo e ultimo presidente Mikhail Gorbaciov. Come considerare tali date? Per alcuni, il crollo dell’Unione Sovietica fu la maggiore catastrofe geopolitica del secolo. Altri, vincendo contro ogni probabilità l’indipendenza nel 1991, parlano del trionfo di democrazia ed autodeterminazione nazionale dei popoli, osservandone pomposamente i giorno dell’indipendenza. “Il crollo dell’Unione Sovietica non fu causata da incoerenza interna, dice Aleksandr Zinoviev, filosofo e scrittore ben noto. È una sciocchezza: il sistema sovietico era praticabile, poteva durare per sempre. Fu una grande attività sovversiva occidentale. Ho studiato tale operazione sovversiva per 20 anni, conosco la tecnica e come fu attuata. E il passo finale di tale deviazione portò Gorbaciov a segretario generale del partito. Fu un diversivo, non fu solo eletto, fu messo al potere e tutte le azioni di Gorbaciov e poi Eltsin furono un tradimento, distrussero l’apparato del partito, il partito e l’apparato statale“. Secondo i rapporti, Gorbaciov e sua moglie furono già reclutati dalla CIA nel 1966 durante il loro viaggio in Francia. Le allusioni al riguardo furono fatte dal noto Zbigniew Brzezinski, ai vertici degli Stati Uniti. In ogni caso, l’attività antisovietica di Gorbaciov iniziò subito dopo l’ascesa al potere, come indicano le sue istruzioni. Prendete, per esempio, le elezioni a segretario generale… Il fatto che fossero chiaramente parte delle operazioni dei servizi degli Stati Uniti, molti lo capirono, anche in occidente. Tutto fu pianificato affinché solo 8 persone decidessero le elezioni. Si ritardò, con dei pretesti, la partenza dagli Stati Uniti del membro del Politburo Shherbitskij, che avrebbe sicuramente votato contro Gorbaciov. Fu impedito nelle elezioni un altro membro del Politburo, che era in congedo, Romanov, che avrebbe certamente votato contro Gorbaciov. Se solo questi due avessero votato, Gorbaciov non sarebbe diventato segretario generale, eletto per un voto! Alla fine degli anni ’80, tra gli esperti della socialdemocrazia europea apparve il termine “incubatore” in relazione all’ascesa al potere di capi filo-statunitensi. Questo sistema per creare capi controllabili fu particolarmente sviluppato negli anni ’90… tale “incubatore” seleziona in continuo personale relativamente giovane che non occupa posizioni elevate e che deve soddisfare due requisiti fondamentali. Primo l’ambizione, poter attrarre l’attenzione e compiacere il pubblico. Secondo, essere manipolabili, ad esempio, ricattabili con atti compromettenti o vizi nascosti, in modo che, se necessario, si possano controllarne le azioni. Nell'”incubatore” la CIA comunica attraverso canali stabiliti con i prescelti, quindi coordina gli sforzi per promuovere i suoi candidati ed eliminarne i rivali. L’intera operazione può essere effettuata in modo discreto, ma la persona scelta vince. C’è sempre una scelta. La creazione di capi filo-USA non lascia prove dirette. Così vengono creati i collaborazionisti degli Stati Uniti disposti a vendere il proprio popolo per vantaggi personali… L’ideatore del sistema “incubatore” fu un alto ufficiale, Allen Dulles. Il sistema fu testato sull’URSS…
Far nominare Gorbaciov Segretario generale del Comitato Centrale del PCUS fu infatti il primo passo per l’attuazione della controrivoluzione in URSS. Gorbaciov fu semplicemente comprato, oltre a una somma di 80 miliardi di dollari saccheggiata dalla sua amministrazione, una strana storia spunta quando il cancelliere Kohl suggerì di versare all’URSS 160 miliardi di marchi per il ritiro delle truppe sovietiche dalla Germania. Gorbaciov ne accettò 16 miliardi… anche Bush lo richiese. E’ difficile credere che il resto del denaro non sia stato versato. Inoltre fu creata un’immagine incredibilmente positiva nei media occidentali. Fu riferito che nel corso della riunione di Malta furono “offerti” a Gorbaciov 300 milioni di dollari e 75 milioni a Shevardnadze. Innumerevoli università e fondazioni gli diedero bonus, premi, diplomi, titoli onorifici. Più Gorbaciov vendeva il Paese, più veniva affittato. Ricevette anche il Premio Nobel per la Pace, durante le operazioni militari in Afghanistan. Dopo il famoso incontro a Malta nel dicembre 1989, il Segretario Generale Mikhail Gorbachev e il presidente degli USA George Bush (senior) annunciarono che i loro Paesi non erano più avversari. Alla vigilia della storica visita una terribile tempesta scoppiò in mare, come se la natura stessa si ribellasse cercando di evitare una tragedia terribile. Ma quale? Persone informate dicono che al momento di negoziare, uno stupito giornalista statunitense apparve sul ponte della nave sovietica e disse ai colleghi in perfetto russo: “Ragazzi, questa è la fine del vostro Paese...” Se si ricorda ciò che Gorbaciov fece concretamente, è ovvio che le sue azioni furono una pianificata e deliberata distruzione dell’apparato del PCUS. Dopo di che, il processo di distruzione di tutto il sistema statale sovietico andò con stupefacente rapidità. E un fulmine colpì l’intera società: comunità di base, economia, ideologia, cultura, ecc. Questo non potrebbe accadere naturalmente. Fu possibile perché la sconfitta dello Stato sovietico fu attuata dai propri dirigenti su dettatura dei manipolatori occidentali. Certamente Gorbaciov conosceva le istituzioni speciali per la preparazione di agenti d’influenza, ed anche i loro “laureati”. Ma dopo aver ricevuto dalla direzione del KGB informazioni su tali agenti e sull’impatto della loro influenza, Gorbaciov vietò al contro-spionaggio di adottare misure per reprimere i loro crimini. Gorbaciov ed Eltsin, anche se ufficialmente avversari politici, ricevevano denaro dalla stessa fonte, la Fondazione Hugo Humphrey degli USA.
Quando Rajiv Gandhi incontrò Gorbaciov ed espose un piano per il rilancio strategico dell’Unione Sovietica in Oriente e rafforzare il rapporto URSS-India, Gorbaciov riferì ai suoi padroni tale iniziativa pericolosa. I suoi padroni decisero la liquidazione totale della famiglia Gandhi.
Nel dicembre 1989 Gorbaciov personalmente contribuì a creare a Mosca, Vilnius, Riga, San Pietroburgo, Kiev, Odessa e Nizhnij Novgorod le filiali della loggia massonica “B’nai B’rith” (Figli del Testamento). Tutti, compreso Gorbaciov, sapevano cosa fosse. Qui, per esempio, le dichiarazioni di alcuni capi della loggia. Henry Kissinger: “Preferisco il caos e la guerra civile in Russia alla riunificazione in uno Stato unito, forte e centralizzato“. Zbigniew Brzezinski: “La Russia sarà frammentata e controllata“. A. Dulles: “La nozione di “popolo russo” dovrebbe sparire del tutto“. B. Didenko ha assolutamente ragione quando scrisse nel suo libro “La civiltà dei cannibali”: “La perestrojka fu un approccio astuto e lungimirante del potere rapace. Impedendo deliberatamente all’Unione Sovietica di prendere la direzione giusta, sull’esempio della Cina“. La confessione di B. Clinton: “Utilizzando gli errori della diplomazia sovietica, l’estrema infatuazione di Gorbaciov e del suo entourage, anche di coloro che apertamente assunsero una posizione filo-USA, abbiamo ottenuto nell’Unione Sovietica ciò che il presidente Truman stava per avere con la bomba atomica“. Prima della perestrojka l’Unione Sovietica non aveva praticamente alcun debito. I mutui contratti durante la perestrojka furono concessi con “denaro del partito”, ma in realtà furono utilizzati dai capi “democratici” provenienti dalla direzione del PCUS degenerato: Gorbaciov, Jakovlev, Shevardnadze… Il paradosso è che il denaro preso in prestito fu utilizzato per distruggere il Paese, saccheggiarne le ricchezze e deviarne la ricchezza nazionale, da parte di coloro che andarono al potere in Russia e dei loro padroni stranieri. Il denaro fu anche utilizzato per organizzare l’estinzione della popolazione russa e creare una cortina fumogena mediatica. Fu la più grande rapina nella storia dell’umanità. Il danno totale nella distruzione del potenziale del Paese, del saccheggio della sua ricchezza, dell’espatrio di fondi supera il trilione di dollari. Alla fine del luglio 1991 Bush padre visitò Mosca. Durante la visita ebbe un incontro informale con Gorbaciov, che riferì al padrone gli eventi nel Paese. Ciò tre settimane prima il 19 agosto 1991. I padroni internazionali di Gorbaciov organizzarono un colpo di Stato. L’obiettivo occulto era creare lo stato di emergenza e la dittatura. Il ruolo di Gorbaciov da “povera vittima” del colpo di Stato divenne improvvisamente sospetto. Una volta disse alla stampa che non avrebbe detto la verità a nessuno. Fu lo scenario fornito dalla mafia mondiale. Ma il piano fallì. Tuttavia, i mondialisti non mettono mai “tutte le uova nello stesso paniere”. Nel maggio 1993, durante la sua visita privata in Francia, Gorbaciov rispose alle domande sul ruolo degli “aiuti esteri” nella liquidazione dell’URSS. In primo luogo disse che le influenze estere esistevano, ma come elemento oggettivo, dato che le tendenze di fondo erano nel Paese. Tuttavia, alla fine si lasciò sfuggire una parola, permettendo al quotidiano Le Figaro d’intitolare l’intervista a Gorbaciov in modo assai strano: “Dobbiamo rendere omaggio a Ronald Reagan”. “In questa intervista, al corrispondente di Figaro, Gorbaciov riconosce per la prima volta che durante l’incontro con Reagan a Reykjavik effettivamente mise l’URSS alla mercé degli Stati Uniti. Ecco le sue parole: “…Reykjavik era in realtà un dramma, un grande dramma. Scoprirete presto perché. Credo che senza una forte personalità, come Ronald Reagan, il processo potesse non continuare… Durante il summit, come si vede, spingemmo le cose fino al punto in cui era impossibile tornare…
L’occidente non abbandona il suo eroe. Gorbaciov, responsabile della morte e la distruzione di milioni di persone, vive felice con il denaro di varie organizzazioni occidentali, anche statunitensi e tedesche. È costantemente “finanziato” dagli onorari per interventi ovunque e in qualsiasi momento. Il 25 dicembre 1991 Gorbaciov si dimise da Presidente dell’Unione Sovietica. Ebbe per compenso per la sua dipartita una lista di provvidenza. Pensione da presidente indicizzata al costo della vita, appartamento presidenziale, villa, auto per la moglie e se stesso, ma cosa principale, il fondo… l’ex-Accademia delle scienze sociali. In quel momento, per i “democratici” e i loro padroni occidentali Gorbaciov divenne roba usurata. Infine, nel crollo dell’Unione Sovietica fu trovata una nuova figura. Eltsin. Demagogo, incapace di dire tre frasi coerenti, creativo per istruzione e distruttivo per natura, democratico aspirante alla dittatura personale, alcolizzato e afflitto da molti altri difetti, Eltsin era il burattino perfetto. Poteva adattarsi a nuovi ambienti e dire le cose più assurde, ma seguendo gli ordini senza obiezioni del Politburo (Washington). La stampa democratica, critica con zelo del culto della personalità di Stalin, aveva infatti creato un culto della personalità di Eltsin. Per aumentarne la popolarità, i democratici non esitarono nelle falsificazioni. Un testo fittizio del cosiddetto discorso di Eltsin dell’ottobre 1987 al plenum del Comitato centrale del PCUS fu ampiamente pubblicizzato. Il risultato della propaganda fu spettacolare: Eltsin divenne inattaccabile. Nessun politico occidentale poteva risalire dal buco nero in cui era finito Eltsin. Non appariva nei dibattiti televisivi con gli altri candidati alla presidenza, come sarebbe avvenuto negli altri Paesi; esempio di disprezzo per gli elettori. Nella Russia a metà 1991 lo zimbello degli elettori non faceva attenzione a tali dibattiti. Inoltre, Eltsin non aveva alcun programma se non argomentazioni demagogiche sulla sua lotta ai privilegi della nomenklatura di partito e slogan volutamente vaghi sulla sovranità della Russia. Tuttavia, il referendum sull’Unione Sovietica del 17 marzo 1991 dimostrò che la maggioranza dei cittadini dell’URSS voleva ancora vivere in uno Stato unito. Inoltre, nella primavera 1991 apparve chiaro che negli ultimi anni emergeva un movimento patriottico, anche se ancora frammentato nonostante le difficoltà causate dalla pressione dei media liberali, chiaramente guadagnandosi la fiducia delle masse. Le elezioni presidenziali della Federazione Russa del 12 giugno 1991 lo dimostrarono chiaramente. La campagna elettorale in Russia durò solo 15 giorni! Un record. Ma ritenere che tutto andò liscio per Eltsin è un errore. In quelle elezioni praticamente incontrastate, Eltsin ebbe 45552041 voti su 106484518 di elettori. La sensazione principale delle elezioni presidenziali non fu la vittoria di Eltsin, attesa da tutti, ma l’emergere di Zhirinovskij. La cosa principale che attirava la simpatia di Zhirinovskij del 7,8% degli elettori fu una frase: “Io difenderò i russi”. Nonostante la vittoria di Eltsin e tutta la confusione dei media, i russi erano pronti a difendere la Russia storica. In tali circostanze, i pupari occidentali e la loro marionetta russa organizzarono la grande provocazione nota come “putsch di agosto”.
Infine, una domanda: perché Boris Eltsin firmò la famigerata “Dichiarazione di sovranità della Russia” esattamente il 12 giugno 1990? Perché esattamente un anno dopo vi furono le elezioni, quel giorno, dall’esito scontato, di Eltsin a presidente della Russia, e perché quel giorno divenne festa nazionale per i cittadini della Russia? La risposta è semplice e praticamente indiscutibile. Il 12 giugno è il compleanno di George Bush, presidente degli Stati Uniti, vicepresidente di Ronald Reagan ed ex-capo della CIA, il cui ruolo nella distruzione dell’URSS è assai maggiore di quelli di Eltsin o perfino Gorbaciov. Così i tutor statunitensi, nel giugno 1991, con fermezza e senza imbarazzo, misero al potere Eltsin per due volte in un anno, immortalandone il ruolo di capo della vittoriosa “crociata” contro l’URSS. E allo stesso tempo, marchiando in modo indelebile (come bestiame) la struttura dello Stato fantoccio della Russia.
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