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LA LEX MONETAE. COME USCIRE DALL’EURO SENZA FARSI ALCUN MALE (di Giuseppe PALMA)




Un’eventuale uscita dall’Euro del nostro Paese andrebbe valutata anche – e soprattutto – tenendo conto di un importante principio del nostro ordinamento giuridico, ossia quello della Lex Monetae regolato dagli artt. 1277 e seguenti del codice civile.

In pratica lo Stato italiano, qualora decidesse di abbandonare l’Euro, dovrà applicare il principio della Lex Monetae in base al quale – scrive il prof. Alberto Bagnai – “uno Stato sovrano sceglie liberamente quale valuta usare”.
Ma andiamo per gradi. Leggiamo l’art. 1277 co. I e II c.c. “I debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale. Se la somma dovuta era determinata in una moneta che non ha più corso legale al tempo del pagamento, questo deve farsi in moneta legale ragguagliata per valore alla prima”.

Questo articolo si applicherebbe qualora deflagrasse l’intera Eurozona con la conseguenza che non vi sarebbe più la moneta unica e quindi questa non avrebbe più corso legale in nessuno degli Stati che vi avevano aderito. In tal caso i pagamenti andrebbero fatti in moneta legale (ad esempio la nuova Lira) ragguagliata per valore all’Euro, e il rapporto di cambio sarebbe uno a uno (il cosiddetto changeover, cioè il cambio “in uscita” e non, come sostengono alcuni sprovveduti, il cambio “in entrata”).
Ciò detto, qualora vi fosse la deflagrazione di tutta l’Eurozona (e quindi la fine dell’Euro), per noi non ci sarebbero eccessivi problemi perché troverebbe applicazione la norma di cui all’art. 1277 c.c.! I problemi sorgerebbero invece – quanto meno in apparenza – qualora ad uscire fosse l’Italia con parallela sopravvivenza dell’Eurozona e della moneta unica.

A tal proposito leggiamo l’art. 1278 c.c. “Se la somma dovuta è determinata in una moneta non avente corso legale nello Stato, il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale, al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento”.
In tal caso il debitore potrebbe optare di pagare in Euro (e ciò sarebbe una iattura) oppure in moneta legale (la nuova Lira), con il rischio della svalutazione di questa nuova moneta (svalutazione che in tal caso rappresenterebbe un’ulteriore iattura).
Attenzione però! La chiave di svolta ce la fornisce uno dei principi cardine del nostro ordinamento giuridico, ossia lex specialis derogat generali (la norma speciale deroga quella generale), richiamato espressamente e specificatamente in merito a questo tema dall’art. 1281 co. I c.c. “Le norme che precedono si osservano in quanto non siano in contrasto con i principi derivanti da leggi speciali”.

Bene! Cosa vuol dire? Ce lo spiega molto chiaramente il prof. Alberto Bagnai in un suo articolo: “Lo Stato ovviamente dovrà, nel decreto di uscita, prevedere una deroga all’art. 1278 c.c. stabilendo che i rapporti di debito e di credito in euro disciplinati dal Codice Civile saranno regolati in nuove lire al cambio previsto alla data del changeover (cioè uno a uno), e non a quella della scadenza del pagamento (che incorporerebbe la svalutazione). Perché dico ovviamente? Perché se non lo facesse condannerebbe all’insolvenza una quantità abnorme di famiglie e di imprese” (http://goofynomics.blogspot.it/2012/09/a-rata-der-mutuo.html).

Ciò premesso, chi fa “terrorismo mediatico” contro l’eventualità di un’uscita dell’Italia dall’Euro ignora il principio della Lex Monetae oppure, come credo, è in totale mala fede! Teniamo alta la guardia perché non vorrei che, in una votazione notturna o in un comma “nascosto” degli annuali mille-proroghe, Governo e/o Parlamento modifichino o esautorino gli artt. 1277 e seguenti del codice civile.

A tal proposito è bene inoltre che si presti la massima attenzione anche a coloro che – propinandoci soluzioni “miracolose” per uscire dalla crisi – parlano dei cosiddetti eurobond, cioè conversioni del nostro debito pubblico in titoli comuni. E’ pur vero che oggi il nostro debito pubblico è in Euro (che per noi è una moneta straniera perché dobbiamo addirittura prenderla in prestito dai mercati dei capitali privati), ma è altrettanto vero che esso è ancora regolato dalla giurisdizione italiana, mentre – come scrive il prof. Antonio Maria Rinaldi – “con la conversione in emissioni comuni (eurobond), si tramuterebbe in giurisdizione internazionale e non più convertibile in valuta nazionale in caso di uscita poiché non più applicabile il principio di Lex Monetae previsto dagli artt.1277 e 1278 del nostro codice civile. Si tratterebbe dell’abdicazione più totale di qualsiasi residuo di sovranità […]” (Ecco cosa ci aspetta dopo le elezioni europee: il micidiale ERF - Formiche).

Inoltre, qualora l’Italia decidesse di uscire dall’Euro, dovrebbe immediatamente imporre la tassazione in nuova moneta nazionale (es. nuova Lira), esigendo dai cittadini – per il pagamento delle tasse – solo ed esclusivamente quella moneta: in tal modo tutti i cittadini italiani – e più in generale tutti i soggetti economici – sarebbero costretti a cercarsi la nuova moneta (cioè la nuova Lira) al fine di pagare le tasse (su tale questione sia il giornalista economico Paolo Barnard che la ME-MMT sono molto chiari). Prima di questo passaggio è tuttavia necessario che lo Stato prima spenda e poi tassi, altrimenti i soggetti economici non saprebbero come andarsi a procurare la moneta per pagare le tasse con la nuova valuta.

Ciò detto, concedetemi una “divagazione tematica”: quando lo Stato tassa dopo aver speso, può decidere di lasciare una parte di quella spesa ai cittadini (tassando meno di quanto ha speso, quindi spendendo a deficit), che costituisce ricchezza concreta per la collettività! Ecco perché il vincolo del pareggio di bilancio è un crimine: se lo Stato si auto-impone il pareggio di bilancio (addirittura per Costituzione come ha fatto l’Italia nel 2012), deve tassare in misura equivalente a quanto ha speso, lasciando ZERO ricchezza ai cittadini. E medesimo discorso andrebbe fatto anche in merito ai vincoli capestro contenuti nel Fiscal Compact (Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria), la cui ratifica è stata autorizzata dal nostro Parlamento nel luglio del 2012. Il Fiscal Compact, infatti, in aperto contrasto sia con il Trattato di Maastricht che con il cosiddetto Trattato di Lisbona, prevede – tra le altre scempiaggini – l’obbligo di non superamento della soglia di deficit strutturale superiore allo 0,5% del PIL (e superiore all’1% per i Paesi con debito pubblico inferiore al 60% del PIL). Questa misura impone a ciascuno degli Stati firmatari di non poter più spendere a deficit, lasciando quindi ZERO – dico ZERO – ricchezza ai cittadini!

Se oggi critichiamo giustamente il famigerato parametro del 3% del rapporto deficit/PIL, sappiate che dall’anno prossimo – al più tardi dal 2017 – non ci resterà più neppure quello!

Alla luce di tutto quanto sinora premesso appare quindi evidente che l’uscita dell’Italia dall’Euro – qualora avvenisse attraverso un uso corretto del principio della Lex Monetae – non rappresenti affatto un problema, tuttavia – ed è bene chiarirsi sul punto – il solo abbandono della moneta unica non sarebbe una soluzione di per sé sufficiente a risolvere i nostri problemi, infatti – a mio modesto parere – andrebbero adottate ulteriori ed urgenti misure come ad esempio: a) abrogare senza più alcun ulteriore ritardo, attraverso la procedura aggravata prevista dall’art. 138 Cost., la norma costituzionale che prevede il vincolo del pareggio di bilancio (occorre cioè cancellare l’art. 81 Cost. novellato dalla Legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1); b) denunciare i Trattati dell’UE (facoltà consentita espressamente dall’art. 50 TUE); c) pianificare e realizzare un piano di piena occupazione; d) superare definitivamente lo scellerato “divorzio” tra la Banca d’Italia e il Ministero del Tesoro avvenuto nel 1981; e) ripristinare concretamente i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale.

Giuseppe Palma

http://scenarieconomici.it/la-lex-m...ro-senza-farsi-alcun-male-di-giuseppe-palma/#
 

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Nonostante l’opposizione degli Stati Uniti, l’avanzata globale dello yuan è inarrestabile. Ora il governo cinese, nelle riunioni del FMI, cerca l’adesione dello yuan ai diritti speciali di prelievo, una svolta decisiva per farne una valuta di riserva globale. La Cina è pronta a controbilanciare con lo yuan il dominio del dollaro nel sistema monetario internazionale. Nel 2009, Zhou Xiaochuan, governatore della Banca di Cina, faceva appello a cambiare il sistema di riserva globale; le fluttuazioni violente del dollaro richiedevano garanzie di maggiore stabilità e fiducia nell’economia mondiale. In breve, la Cina contestava la sopportazione dei costi della crisi avviata dal mercato azionario di New York. Nella stessa prospettiva, l’agenzia Xinhua lanciava una pubblicazione controversa, nell’ottobre 2013 sulla de-americanizzazione del mondo: l’indebitamento irresponsabile da parte del governo di Barack Obama aumentava gli “squilibri strutturali” quindi rivelando l’urgente necessità di diminuire potere e influenza degli USA (1). Nel marzo 2015, Li Keqiang, Premier della Cina, ha chiesto al Fondo monetario internazionale (FMI) di discutere l’adesione dello yuan ai diritti speciali di prelievo (DSP). I DSP sono attività di riserva internazionali create negli anni ’60 dal FMI per integrare le riserve delle banche centrali e sostenere il sistema dei cambi fissi stabilito nel 1944. Inizialmente, i DSP furono definiti in relazione a un valore equivalente a 0,888 grammi di oro. Tuttavia, una volta che il presidente statunitense Richard Nixon pose fine a Bretton Woods nei primi anni ’70, i DSP sono definiti sulla base di un paniere di valute. In pratica, i membri del FMI comprano DSP per far fronte ai propri obblighi. In altri casi, sono venduti per regolare la composizione delle riserve internazionali. In questo contesto, il FMI agisce da intermediario tra membri e titolari di DSP per assicurare “l’uso libero” delle valute negli scambi. Ogni cinque anni la revisione dei DSP da parte del FMI, in teoria, valuta l’importanza delle valute nei sistemi finanziari e commerciali globali. Tuttavia e nonostante la crescente importanza dei Paesi emergenti nell’economia mondiale, la composizione dei DSP è rimasta immutata: il dollaro detiene il 42% del portafoglio, seguito dall’euro con il 37,4%, la sterlina con l’11,3% e infine lo yen giapponese con il 9,4 per cento. Com’è possibile che, nonostante il calo del dollaro del 70-60% nella composizione delle riserve delle banche centrali negli ultimi 15 anni, non siano cambiate minimamente le quote di potere degli Stati Uniti nel FMI? Chiaramente tale sproporzione scontenta i leader del Partito comunista, che sostengono che la leadership della Cina nell’economia globale meriti maggior peso nel processo decisionale del FMI, e l’integrazione dello yuan ai DSP.
In generale, esistono due criteri per includere una moneta nei DSP. In primo luogo, l’economia in questione deve avere una quota elevata di esportazioni mondiali; la Cina rispetta pienamente quest’aspetto. In secondo luogo, la moneta deve essere pienamente convertibile, cioè il Paese emittente deve mantenere un conto capitale aperto (inclusi credito e investimenti di portafoglio) agli investitori da tutto il mondo per comprare e vendere attività finanziarie denominate nella valuta in questione, e in cui le “forze del libero mercato” ne determinano le quotazioni. Nel caso della Cina, il secondo aspetto è più controverso. Nel 2010, nel 41.mo anniversario dei DSP, i funzionari del FMI respinsero l’adesione dello yuan per via del fatto che fosse soggetto a controlli sui capitali. Inoltre, sottolinearono che solo pochi Paesi effettuano operazioni direttamente. Infine, sostennero che la Banca popolare di Cina sottovalutava il tasso di cambio e quindi sosteneva la supremazia produttiva del gigante asiatico nel mercato globale. I funzionari del FMI non concepivano che, a differenza di altri Paesi emergenti, il governo cinese decidesse il momento dell’apertura. Le esperienze delle crisi finanziarie in America Latina e in Asia negli anni ’80 e ’90 rispettivamente, rivelarono al mondo le terribili conseguenze dell’adozione dei principi del Washington Consensus. La Cina però apprese le lezioni della storia economica e con successo, evitò di cadere nelle provocazioni del Tesoro e del Federal Reserve System, istituzioni che attraverso il presidente del Fondo monetario internazionale, loro portavoce globale, l’accusarono di manipolare il tasso di cambio insistendo sull’apertura indiscriminata del suo conto capitale. Non c’è dubbio che nell’incertezza economica della crisi dei mutui (subprime), era più comodo per il governo degli Stati Uniti utilizzare capri espiatori invece di assumersi le responsabilità. Tuttavia, i cinesi si concentrarono verso l’interno e gradualmente avviarono il processo di liberalizzazione finanziaria. Da un lato, aumentando gli incentivi per partecipare al Programma cinese per gli Investitori Istituzionali Esteri Qualificati in Renminbi (RQFII, nell’acronimo in inglese). Allo stesso tempo, avviarono il progetto “Stock-Connect”, meccanismo pilota del novembre 2014 per acquistare e vendere azioni della Cina continentale attraverso il centro finanziario di Hong Kong. Se è vero che le banche private hanno un peso maggiore nei circuiti creditizi, il governo cinese pose la gestione del rischio quale priorità assoluta: la tendenza deflazionistica (calo dei prezzi) rischia di minare crescita economica e stabilità finanziaria. La Cina realizzerà un sistema di assicurazione dei depositi nei prossimi mesi. Pertanto, le banche pagheranno premi di assicurazione e un ente centrale gestirà il denaro. In situazioni d’insolvenza, sarà corrisposto un compenso massimo di 500000 yuan (81500 dollari) per deposito. La misura è necessaria per liberalizzare i tassi di deposito e quindi i tassi d’interesse. Il quadro è impostato per dare più respiro allo yuan. Dall’altra parte, va ricordato che nel 2005 lo yuan ruppe l’ancoraggio al dollaro (8,28 yuan per dollaro) oscillando con una margine di circa lo 0,3 per cento. Successivamente, i limiti della moneta fluttuante aumentarono di 3 volte, la più recente espansione ebbe luogo nel marzo 2014, quando i margini furono fissati al 2 per cento.
Negli ultimi cinque anni, anche se lo yuan si è apprezzato di oltre il 10% rispetto al dollaro, i muscoli economici della Cina si rafforzano. Le muraglie geopolitiche sui mari del sud-est asiatico costruite da Pentagono e dipartimento di Stato sono crollate come strategia del contenimento: La Cina aumenta i flussi di scambi e investimenti in America Latina, Caraibi, Nord Africa, Medio Oriente, Europa, eccetera. Anche negli Stati Uniti, la Cina ha visto aumentare i rapporti economici. Tra il 2007 e il 2014, il governo cinese ha raddoppiato le importazioni da 62000 a 124000 miliardi, secondo il Census Bureau degli Stati Uniti. Quali sono poi, le terribili conseguenze delle ‘pratiche commerciali sleali’ e della ‘manipolazione valutaria’ contro le aziende statunitensi? Mentre gli Stati Uniti agiscono unilateralmente nella finanza e in geopolitica, la Cina avanza attraverso il forte aumento del commercio estero, che tra l’altro è la forza più importante dell’internazionalizzazione dello yuan. Quando la Cina è diventata il primo esportatore negli Stati Uniti, nel 2007, i loro scambi iniziarono ad adottare lo yuan al posto del dollaro. Secondo le proiezioni della HSBC, la percentuale del commercio della Cina denominata in yuan passerà dal 25 al 50% nei prossimi 5 anni (2). Nell’ottobre 2013, lo yuan ha superato l’euro divenendo la seconda valuta più utilizzata nelle operazioni di finanziamento commerciale (3). Nella Cina continentale, attraverso Hong Kong e Singapore quali principali centri di emissione, i crediti commerciali denominati in yuan hanno registrato una quota del 9,43% nei primi mesi del 2015, un incremento del 30% rispetto al 2013 (4).
In modo inaudito, nel gennaio 2015 lo yuan diveniva la 5.ta moneta più utilizzata nelle transazioni globali superando i dollari canadese e australiano, secondo la Società per la telecomunicazione interbancaria finanziaria internazionale (SWIFT, nel suo acronimo in inglese) (5). Solo quattro anni fa, un piccolo gruppo di 900 banche operava in yuan. Alla fine del 2014, il numero è salito a oltre 10000 enti. Secondo Christine Lagarde, presidentessa del FMI, l’inclusione dello yuan ai DPS è imminente. Tuttavia, si rifiuta di dire quando accadrà (6). Come nel caso attuale della riforma della rappresentanza nel FMI, gli Stati Uniti si oppongono ad eventuali modifiche volte a indebolire il ruolo del dollaro. Tuttavia, a differenza di altre decisioni che hanno bisogno dell’obbligatoria approvazione dell’85% dei membri del FMI, il voto per l’adesione di una valuta ai DSP ne richiede solo il 70%, così il potere di veto di Washington (17,69%) è irrilevante.
Quali cambiamenti avverranno nel campo della finanza internazionale, se lo yuan aderirà ai DSP? Le riserve in yuan saranno riconosciute dal FMI; l’emissione di obbligazioni e l’apertura di conti bancari in yuan potrebbe aumentare significativamente. Inoltre, i costi di transazione saranno più bassi, e aumenterà l’espansione delle imprese cinesi all’estero. Una volta aderita ai DSP, la valuta cinese supererebbe i pesi relativi yen giapponese e sterlina (7). Senza dubbio, l’avanzata dello yuan è inarrestabile. Secondo le stime di Massimiliano Castelli, direttore strategico per le istituzioni sovrane dell’UBS, nel 2020 le banche centrali aumenteranno le loro riserve di 500 miliardi denominati in “moneta del popolo” (renminbi) (8). Le discussioni sulla costituzione dello yuan nei DSP si terranno dal prossimo maggio. A fine novembre si voterà l’iniziativa presentata dalla Cina e nel gennaio 2016 le modifiche saranno adottate. Stati Uniti e loro alleati porranno la maggioranza dei membri del FMI contro l’internazionalizzazione dello yuan?
Note
1. “Commentary: U.S. fiscal failure warrants a de-Americanized world“, Xinhua, 13 ottobre 2013.
2. “Half of China’s total trade to be settled in yuan by 2020 – HSBC CEO“, Michelle Chen, Reuters, 26 marzo 2015.
3. “RMB now 2nd most used currency in trade finance, overtaking the Euro“, SWIFT, novembre 2013.
4. “RMB strengthens its position as the second most used currency for documentary credit transactions“, SWIFT, febbraio 2015.
5. “RMB breaks into the top five as a world payments currency“, SWIFT, gennaio 2015.
6. “IMF’s Lagarde says inclusion of China’s yuan in SDR basket question of when“, Reuters, 20 marzo 2015.
7. “Guest post: IMF decision could propel renminbi past sterling and yen“, Jukka Pihlman, The Financial Times, 15 dicembre 2014.
 

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AIIB, Grecia e profonda crisi occulta

aprile 1, 2015 Lascia un commento

Philppe Grasset, Dedefensa, 30 marzo 2015 E’ ironico, se si considera ciò che è stato scritto lo scorso anno sull’inimitabile “isolamento” della Russia organizzato brillantemente dal blocco BAO sotto la direzione, assolutamente sicura di sé, dagli Stati Uniti, leggere un lancio dell’Associated Press che dichiara “l’isolamento degli Stati Uniti”. Si tratta di un lancio del 27 marzo 2015 sul futuro raggruppamento intorno al progetto cinese della banca d’investimento asiatica AIIB. Prima di affrontare nel particolare il caso, simbolicamente si constata l'”isolamento degli Stati Uniti” da parte di un media direttamente connesso al sistema, per vedere come il lavoro sotterraneo che rafforza la crisi generale (26 marzo 2015) sia costante ed efficace. Per illustrarne la costante attività, vediamo due soggetti: la banca AIIB e la crisi greca in Europa.
• … In realtà l’isolamento è ciò cui la Russia ha contribuito modestamente verso gli Stati Uniti, come commenta ironicamente sul proprio pseudo-isolamento sulla crisi ucraina, annunciando l’intenzione di partecipare alla banca AIIB. Ma l’approccio è passato praticamente inosservato, essendo tanti ad affrettarsi e a precipitarsi ad aderire all’iniziativa cinese. Le ultime decisioni sono state prese da Australia e Danimarca. (Vedasi RT del 29 marzo 2015 con questo commento: “Attestando il crescente peso economico globale della Cina, i Paesi occidentali fanno la fila per entrare nell’Infrastructure Asian Investment Bank, AIIB”). Il lancio di AP citato, del 27 marzo 2015, ha ripreso la situazione generale dell’iniziativa cinese. In effetti, l’AIIB qui presentata è un’iniziativa dalle evidenti dimensioni strategiche, splendidamente illustrata da questo commento di ZeroHedge, “L’egemonia degli Stati Uniti e il dominio del dollaro sono ufficialmente morti mentre la Cina registra una splendida vittoria nella battaglia bancaria (AIIB)“… AP dunque ricorda, nel dispaccio, le condizioni notevoli di tale battaglia. “La resistenza degli Stati Uniti alla banca regionale asiatica cinese li ha isolati dagli alleati asiatici ed europei e dato peso ai frequenti reclami della Cina secondo cui Washington vuole contenerla nell’ascesa a potenza mondiale. La Corea del Sud, uno dei più stretti amici degli USA in Asia, annuncia l’adesione all’Infrastructure Asian Investment Bank, AIIB, destinata a finanziare la costruzione di strade e altre infrastrutture. Pechino s’è impegnata a mettere la maggior parte dei 50 miliardi di capitale iniziali per la banca, che ci si aspetta sia costituita entro la fine dell’anno. Gli Stati Uniti hanno espresso la preoccupazione che la nuova banca permetta norme più flessibili di prestito su ambiente, diritti del lavoro e trasparenza finanziaria, inferiori a quelli della Banca Mondiale, dove gli Stati Uniti hanno peso maggiore, e la Banca asiatica di sviluppo, dove sono i secondi azionisti dopo il Giappone. Ma quando la Gran Bretagna ha rotto con Washington, due settimane fa, annunciando la firma per l’AIIB, le porte si sono spalancate. Francia, Germania, Italia e Svizzera l’hanno seguita rapidamente“.
• Grecia. ZetoHedge ha un lungo commento, il 28 marzo 2015 sugli avvenimenti in Grecia. Afferma che il governo greco avrebbe considerato i primi passi che potrebbero essere visti come preparazione all’opzione chiamata Grexit (uscita della Grecia dalla zona euro); si tratta dell'”ingenuità” di Tsipras che crede di poter raggiungere, con l’Unione europea e la sua spietata dottrina dell’austerità, un accordo accettabile per le proprie tesi, elettori e stabilità del governo; il ministro dell’Energia Lafazanis, di cui facilmente si capisce rappresentare la sinistra di SYRIZA, ha detto in un’intervista che l’unica via d’uscita dalla crisi per la Grecia è attraverso un duro confronto, se non un conflitto, con “l’Europa tedesca”, venendo seguita da una aspra diatriba con i tedeschi… Lo stesso Lafazanis ha visitato Mosca incontrando il ministro dell’Energia russo e il CEO di Gazprom; una visita piena di significato implicito una settimana prima di quella di Tsipras per incontrare Putin. ZeroHedge specifica che queste visite non porterebbero a una richiesta di aiuto russo dalla Grecia, cioè, non ancora secondo il commentatore… ZeroHedge rimane fermo nella sua prognosi: tutto questo finirà con un grande cambio in direzione della Grecia dall’Unione europea all’Unione economica eurasiatica di Putin. Putin aspetta con pazienza e anche maggiore esultanza… “Con nuove voci nate ultimamente, con la Grecia quasi senza fondi per il settore finanziario e il governo che impone controlli sui capitali, precursore di una Grexit vera e propria, la posizione di Atene è sul filo della lama. (…) Ciò che sorprende è quanto ingenuo Tsipras appaia con la sua retorica populista, anche dopo che è chiaro che non ha più leve, una volta tolta la minaccia della Grexit dal tavolo… e poi c’è il ministro dell’energia greco Panagiotis Lafazanis, che ha detto in un’intervista al quotidiano Kefalaio che l'”unico modo per la Grecia di uscire dalla crisi è con un duro confronto, se non conflitto, con l”Europa tedesca’. La visita di Lafazanis avviene una settimana prima dall’incontro di Tsipras con il presidente russo Vladimir Putin a Mosca, anche se il governo greco ha sottolineato che non cerca finanziamenti dal Cremlino. Non è ancora alla ricerca di finanziamento dal Cremlino. Perché una volta che la prima settimana di aprile passerà e la Grecia sarà ufficialmente senza soldi, andrà da chiunque potrà darle i fondi necessari per evitare la guerra civile, anche se ciò significa volgere la propria fedeltà dall’Europa all’Unione economica eurasiatica, cosa di cui la Russia è ansiosa, come avevamo infine previsto mesi fa“.
Entrambe le situazioni possono essere considerate crisi stesse o, più probabilmente e più precisamente a nostro avviso, come diversi aspetti della stessa crisi, che in realtà segue lo stesso percorso, sia occultamente che emergendo inaspettatamente di volta in volta con parossismo estemporaneo. Entrambe le situazioni riflettono, in modi diversi ma con aspetti assolutamente simili, lo stato critico di due componenti del blocco BAO: la corsa verso l’AIIB degli “amici europei” degli Stati Uniti, contro le loro pretese, dimostrazione paradossale della negazione della solidarietà che dovrebbe essere considerata da tutti assolutamente necessaria, essendo l’onere posto insopportabile per il buon funzionamento delle pretese egemoniche del sistema statunitense, nonostante tutte le smentite che gli oppone la situazione reale (superiorità russa nelle comunicazioni, diverse sconfitte nel disordine geopolitico, calo generale dell’influenza, situazione economica e sociale catastrofica dietro la cortina mediatica). La situazione inestricabile in Grecia testimonia, da parte sua ed altrettanto paradossalmente, il “fardello insopportabile posto per il buon funzionamento del sistema, dalle pretese egemoniche (dell’UE) nonostante tutte le smentite che gli oppone la situazione reale” (le reazioni popolari alla politica insopportabile imposta dalla ‘centrale di Brussels’ alle direzioni degli Stati aderenti al sistema). Entrambe le situazioni riflettono infine le contraddizioni che nutrono l’equazione superpotenza-distruzione dato che i vari componenti del blocco BAO possono adottare una postura facilmente interpretabile come antisistema (gli europei nell’AIIB), laddove le circostanze invitano o più semplicemente lo consentono, anche nel nome dei soliti argomenti della dottrina neoliberista. Ciò che va identificato e valutato, ben inteso dell’orientamento, è tale apparato occulto che opera nella stessa direzione, in particolare durante le latenze della crisi, e quanto tale apparato sia chiaramente controproducente. Non è necessario, a nostro avviso, cercare un vincitore in tali episodi per trarre conclusioni definitive, con cui aspettarsi che permettano di considerare un’alternativa al sistema. Si pensi naturalmente alla Cina che trionfa con l’AIIB, ma ciò in nessun caso garantisce durevolezza, originalità strutturale, ecc, che permetta di considerare tale ipotesi. La Cina è importante ed interessante in questo caso, certamente contro la sua volontà, ma non è necessario che sia coinvolta in tale enorme fenomeno, se non con ruolo assolutamente distruttivo del sistema. La Grecia non è importante e interessante che nel caso che illustra, poiché le proprie crisi, sofferenze e convulsioni illustrano, lo si voglia o meno, il fallimento di un’altra parte del sistema, nell’UE e nel blocco BAO. La cecità quasi totale caratterizza in tutti i casi e i modi grandi e piccoli attori del sistema, cecità che termina sempre con un caso in cui una delle componenti del Sistema o anche un suo pilastro, infine svolge un ruolo antisistema. Si potrebbe anche osservare, in casi estremi a cosi come la Cina che non vuole distruggere il sistema o addirittura competervi, in un modo o nell’altro, perché pensa di mantenere il rango di potenza, finendo comunque per competere e poi operare per la distruzione del sistema.
Le caratteristiche essenziali della grande crisi del crollo del sistema vengono così identificate… Il silenzio e l’azione sotterranea, l’azione delle termiti che mina il sistema facendo attenzione a non attaccarlo apertamente; la completa ambiguità del sistema stesso che si spaccia quale forza progressista, mentre la sua azione è fondamentalmente destrutturante, il carattere dell’ambiguità è lo strumento principale del suo trionfo, divenuto principale mezzo per attivare e aggravare la crisi del collasso; l’incapacità di tutte le parti, più o meno correlate al sistema, identifica la vera strategia in relazione al sistema, per supportarlo o eventualmente controllarlo e tenerlo a distanza, portando a una corsa incontrollata legata al mero interesse occasionale che finisce, prima o poi, coll’avere una posizione antisistema dagli effetti così gravi che alcuno vi è preparato. Gli Stati Uniti stessi, dal loro atteggiamento imitato profondamente dall’ambiguità del sistema (affermazione egemonica di un ordine mondiale e produzione sistematica della decostruzione), danno sempre più origine a tendenze antisistema a cui tutti sono spinti, perché non possono fare altrimenti.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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nuovabolla subprime 12 trilioni usd :rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes::rolleyes: Debito privato Usa agli stessi livelli del 2008 e con le stesse modalità. A cambiare è solo il nome della tipologia di debito: allora erano i mutui, adesso sono gli student loans ovvero i prestiti fatti agli studenti a tassi particolarmente agevolati e dietro i quali, sempre più spesso non si nascondono altro che esigenze reali di un’intera famiglia. In altre parole, il debito contratto non serve per il reale destinatario.
I numeri
Il che evidenzia anche un’altra realtà e cioè la debolezza di un’economia che, sui numeri, invece, è la prima al mondo e quella che dovrebbe essere in recupero. I numeri parlano di una soglia massima di 12 trilioni di dollari ormai praticamente sfiorata, la stessa che allora, pariamo del 2008, diede origine alla crisi dei subprime.
E a lanciare (inconsapevolmente) l’allarme, e per giunta ormai già da quasi due anni , è la Consumer Financial Protection Bureau, perchè è lei ad aver reso pubblico il report dal quale si evince anche che a differenza di allora, la percentuale di inadempienza, cosa che rende questo tipo di finanziamento, uno dei più diffusi e, paradossalmente, uno dei più “sofferenti” nella lista delle pratiche bancarie, una sofferenza che aumenta di trimestre in trimestre con percentuali a due cifre.
Subprime o student loans. Stessa cosa
Una corsa al finanziamento facile che se allora era sul settore immobiliare, adesso è su quello studentesco, nomi diversi stesso principio di fondo. Non solo, ma come fa notare il Financial Times , gli student loans sono la più grande fonte di debito dei consumatori nell'economia statunitense, dopo i mutui. Cosa significa questo? Che mentre gli studenti termineranno la loro carriera universitaria, inizieranno quella lavorativa già con un debito da pagare. Per di più dovendo basarsi su un lavoro spesso precario e/o part time.
La differenza con il 2008?
Forse anche peggiore perchè allora i tassi di interesse, per quanto ai minimi storici, secondo gli standard passati, non arrivavano ai livelli infimi di quelli attualmente presenti e che dovranno essere inesorabilmente alzati. Seppur con tutte le tante cautele del caso.
Guardando poi in prospettiva, questo tipo di crediti deteriorati pesa anche in maniera sistematica (e pesantemente) sul debito Usa, per la precisione per il 10%. Facendo perciò le debite proporzioni, è ricordando anche che il rialzo dei tassi coinvolgerebbe a catena anche i debiti contratti dai i paesi emergenti, solo l’immaginazione può suggerire le conseguenze.
Non solo Usa
Così come sarà solo l’immaginazione a illustrare l’altro grande incubo dei mercati internazionali, quello dello shadow banking cinese, ovvero di quel credito parallelo, incontrollato e quindi ingestibile, che potrebbe far saltare in aria i mercati ma che già adesso sta facendo saltare i nervi degli investitori. Anche qui, cifre alla mano, si parla di qualcosa come il 250% del Pil di quella che, secondo alcuni parametri, è la prima potenza mondiale e che, anche considerandone altri, resta pur sempre un gigante dell’economia mondiale, in grado di decidere da solo le sorti di interi settori (vedi commodities) anche solo con l’oscillazione di un solo decimo di punto percentuale.
Un’altra, ennesima bolla, che nasce dallo sviluppo sconsiderato della nazione e che affonda le sue radici nei bassissimi interessi pagati dalle banche (tutte sotto il controllo statale) e che creano fortissime barriere d’accesso al credito. Proprio la stessa cosa che sta succedendo in Europa.
Per questo motivo in Cina si è creata una situazione difficilissima: da una parte i privati che spingono nella richiesta di capitali, dall’altra le banche che invece hanno creato prodotti alternativi che non risultano sui bilanci standard ma che sono pesanti fattori di rischio per il capitale degli istituti di credito. E dell'economia mondiale.
Per ulteriori notizie, analisi, interviste, visita il sito di Trend Online
 

mototopo

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Intanto in Russia, o Visa e Mastercard o Usano il Sistema Russo o Vanno Fuori dalle Palle.

Di FunnyKing , il 2 aprile 2015 13 Comment



Piccole notizie che passano inosservate.
In Russia per i pagamenti interni è attivo il sistema russo che sostituisce Swift e in generale un sistema interno che sostituisce quello internazionale.
Dunque per i pagamenti da Russia a Russia chiunque processi una transazione da li deve passare oppure può togliersi dalle palle. Visa e Mastercard incluse (parrebbe che Mastercard non si sia fatta tanti problemi, Visa per ora non pervenuta)
Sono davvero sorprendenti i grandi successi dell’amministrazione americana, in futuro i Russi dovranno dedicare a Obama piazze, vie e steli commemorative.
p.s. e da Maggio anche in crimea…..
da Sputinik News

The introduction of the National Card Payment System decreases Russian users’ dependency on foreign analogues.
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Russia Launches Own ‘SWIFT’ Service, Links Up 91 Credit Institutions


MOSCOW (Sputnik) – Intra-Russian card transactions on Wednesday have begun using the National Card Payment System for processing, in an effort to reduce Russia’s dependency on foreign payment systems.March 31 was the deadline for Visa and MasterCard to switch the processing of their operations in Russia to the new system, yet Visa failed to do so.
Switching to a National Card Payment System was done in the interests of users and is intended for implementation of the operations within the international payment systems regardless of external factors, Russia’s Central Bank said in a press release Tuesday.
In May 2014, Russian President Vladimir Putin signed into law legislation establishing a national system of payment cards to safeguard financial operations in the country.
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Alternative to Visa and MasterCard Reportedly to Work in Crimea by May 1

The director of the Central Bank National Card Payment System department, Timur Batyrev, stated that the first batch of cards will be issued in the third quarter of 2015. The Central Bank announced a plan to issue 100 million national payment cards over the next two years.In September 2014, the European Parliament urged the EU member states to consider excluding Russia from the Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT) financial transaction system. In turn, Russia’s Central Bank threatened to replace SWIFT with alternative channels of communication.


Ringrazio NB
 

mototopo

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Euro crisis aprile 2, 2015 posted by admin
CRISI GRECA: VERSO LA DOPPIA CIRCOLAZIONE DELL’EURO E DELLA DRACMA? (di Paolo Cardena’)

Post di Paolo Cardena’ di Vincitori e Vinti

Credo che la vicenda greca, in un verso o nell’altro, nei prossimi giorni dovrà subire necessariamente un’evoluzione.

Qualche giorno fa, la BCE ha vietato alle maggiori banche greche di comprare debito sovrano ellenico: evidentemente per via dei timori di un possibile default di Atene che innescherebbe un processo di fallimenti a catena delle banche più esposte nel debito greco.
Se ricordate, in un precedente post avevo segnalato che la BCE, sulla vicenda greca avrebbe rischiato molto in termini di credibilità, per i motivi che avevo già detto in precedenza e che ripropongo:
La Banca Centrale Europea, già da qualche mese, ha assunto il controllo delle banche sistemiche europee attraverso il Meccanismo unico di supervisione.Giacché le banche greche hanno in pancia il debito di un paese in bancarotta (per stessa ammissione del ministro delle Finanze del paese in questione) la Bce, nella qualità di supervisore, dovrebbe domandarsi se il sistema bancario greco possa sopravvivere in caso di default del debito della Grecia. La risposta è scontata: non potrà sopravvivere.A questo punto, a maggior ragione, giacché la Grecia è in dissesto, la BCE dovrebbe impedire che le banche continuino ad acquistare debito di un paese in bancarotta. Se la Bce non agisse in questi termini, l’inerzia finirebbe per screditare l’intera struttura del Meccanismo di supervisione bancaria, minando la credibilità della stessa Banca Centrale. Non mi sembra un fatto di poco conto.
In effetti la Banca Centrale Europea è intervenuta vietando l’acquisto di titoli di stato alle banche verso le quali esercita la sua funzione di vigilanza, pur tuttavia aumentando la liquida di emergenza (ELA) a 71 miliardi.
Ma eliminare una fonte di finanziamento così importante, allo stesso tempo, fa aumentare le possibilità di default di Atene. Quindi, la decisione della Bce va interpretata anche come una forma di pressione esercitata da Francoforte per indurre il governo greco a trovare una soluzione in tempi solleciti, visto le scarse disponibilità di Atene che, secondo fonti, garantirebbero “autonomia” fino a verso la metà di aprile.
Il governo, trovandosi ormai a corto di liquidità, nei giorni scorsi ha saccheggiato le casse del servizio sanitario nazionale e del sistema delle metropolitane della capitale, in quanto, entro fine mese, deve provvedere al pagamento di 1.7 miliardi di euro tra stipendi e pensioni, mentre altri 450 milioni di euro devono essere rimborsati al FMI entro il 9 aprile.
Nel frattempo, secondo quanto riportato in un articolo della Reuters tradotto da Voci dall’Estero, molti funzionari dell’Eurozona hanno ipotizzato che la Grecia potrebbe essere costretta ad introdurre mezzi alternativi di pagamento, in parallelo all’auro, per effettuare pagamenti interni, nel caso non si raggiunga un accordo per sbloccare la tranche del salvataggio
Da Voci dall’Estero
È poco probabile che la Grecia esca, intenzionalmente o accidentalmente, dall’euro. Ma secondo molti funzionari dell’eurozona potrebbe essere costretta ad introdurre dei mezzi alternativi di pagamento, in parallelo all’euro, per effettuare alcuni pagamenti interni, nel caso in cui non si raggiunga presto un accordo per le riforme-in-cambio-di-denaro.Atene ha perso la possibilità di accedere al mercato dei titoli e i creditori internazionali non sono disposti a prestare altro denaro finché la Grecia non inizierà a mettere in atto delle riforme. Questa settimana un funzionario a conoscenza dei fatti ha detto a Reuters che, senza nuovi finanziamenti, il governo finirà il denaro entro il 20 di aprile.“Ad un certo punto, quando il governo non ha più euro per pagare gli stipendi e le spese, potrebbe iniziare ad emettere degli “IOU” [abbreviazione dell’inglese “I owe you”, cioè “io ti devo”, NdT] – documenti che certificano che il portatore riceverà una certa quantità di euro in un certo momento in futuro“, ha detto un alto funzionario dell’eurozona.“Questi IOU inizierebbero poi presto a circolare nel mercato secondario ad un prezzo molto più basso rispetto agli euro reali, e diventerebbero una ‘moneta’, quale che sia il suo nome, che esisterebbe in parallelo all’euro“, ha detto il funzionario.Se il governo finisce gli euro con cui pagare stipendi, pensioni e fornitori, dovrebbe introdurre dei controlli sui capitali per evitare un massiccio deflusso di euro fuori dal paese. Ciò potrebbe limitare la quantità di denaro che i greci possono ritirare dai bancomat o che possono spedire all’estero, come è successo a Cipro nel 2013.Gli IOU potrebbero non essere accettati in tutti i negozi, e potrebbero essere usati come sistema per regolare solamente alcuni pagamenti legati al settore pubblico, come le bollette dell’energia elettrica, almeno inizialmente.Al tempo stesso, il governo terrebbe gli euro provenienti dalle entrate fiscali per coprire i pagamenti del debito ed evitare il default.“Questa soluzione potrebbe essere temporanea, al fine di far andare avanti il governo mentre spera di negoziare coi creditori un accordo che sblocchi ulteriori prestiti in euro“, ha detto un secondo funzionario dell’eurozona.Il funzionario ha detto che la Grecia ha già mostrato, in passato, la volontà di ritardare i pagamenti dei suoi conti interni, al fine di risparmiare gli euro necessari per il rimborso del debito.Recentemente Atene si è basata su transazioni di “pronti contro termine” [contratti in cui un titolo viene venduto sotto l’obbligo di riacquistarlo successivamente, NdT] – prendendo denaro a prestito da enti pubblici – al fine di coprire la crisi di liquidità, ma può continuare così per solo poche settimane, ha detto la nostra fonte all’inizio di questa settimana.Il governo greco si è rifiutato di affrontare la questione di una possibile moneta parallela, dicendo di aspettarsi di raggiungere presto un accordo coi creditori sulla linea discussa dal Primo Ministro Alexis Tsipras durante il vertice UE della scorsa settimana.“Il governo greco ritiene che ci sarà un accordo presso l’Eurogruppo, e che in seguito a questo verranno concessi i finanziamenti, come concordato all’incontro dei sette“, ha detto un funzionario del governo greco.Fare default dentro l’euro?I funzionari greci, tra cui il Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, hanno rifiutato l’idea che la Grecia possa abbandonare l’euro di sua volontà, e non c’è una via legale, né una volontà politica degli altri 18 paesi che hanno la moneta unica di cacciare fuori la Grecia.“Non c’è modo di costringere un paese ad uscire dall’eurozona o dall’Unione Europea, e la Grecia non ha intenzione di andarsene da sola“, ha detto il secondo funzionario dell’eurozona.Alcuni economisti sostengono che la Grecia avrebbe un incentivo a tornare alla dracma perché in seguito a ciò potrebbe rapidamente svalutare la nuova moneta per rendere più competitive le esportazioni e attrarre un grande flusso di turismo.Ma ciò renderebbe anche l’enorme debito pubblico Greco, in euro, impossibile da ripagare, costringendo al default.“Se deve esserci un default, è meglio farlo dentro l’eurozona che fuori, perché così sarebbe un problema di tutti i paesi che hanno l’euro, e non solo della Grecia“, ha detto un terzo funzionario.In un video del 2013, quando era ancora un accademico, Varoufakis affermava proprio questo.“La mia proposta era che a gennaio 2010 la Grecia avrebbe dovuto semplicemente annunciare il default stando all’interno dell’euro, mostrando il dito medio alla Germania e dicendo: bene, ora risolvetevi questo problema da soli“, così ha detto in un video il futuro ministro.La grande questione poi sarebbe se la Banca Centrale Europea continuerebbe a fornire liquidità al settore bancario greco attraverso la Emergency Liquidity Assistance (ELA), che è stata progettata solo per le banche solvibili che hanno problemi di liquidità.Se la BCE staccasse la spina, il settore bancario greco probabilmente collasserebbe, costringendo alla ricapitalizzazione con una nuova “moneta”, oppure, se le conseguenze di un tale crollo fossero troppo pesanti da sostenere, l’euro potrebbe di nuovo ricapitalizzare le banche, forse anche attraverso i fondi salvastati.Ma i funzionari hanno detto che queste opzioni sono talmente ipotetiche che non sono state discusse nemmeno informalmente






http://scenarieconomici.it/crisi-gr...ne-delleuro-e-della-dracma-di-paolo-cardena/#
 

mototopo

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La soluzione “Schacht”
Pubblicato su 2 Aprile 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
Di Franco Remondina
Oh cazz… Ci siamo! La Grecia emetterà una valuta parallela all’euro!
Vittoria? No, è la UE che glielo ordina.
Pensavate che Tsipras e Varoufakis, che la sinistra capisse di economia? Non capiscono una mazza di economia, per questo è intervenuta Brussel e ha ordinato l’introduzione di una valuta parallela.
Lo trovate qui: Neither Grexit, nor Grexident. Euro and 'drachma' in parallel? | Reuters
Ovvio!
Dopo aver messo alla fame i greci e quasi tutti i paesi aderenti all’Unione europea, adottano una soluzione che fu ideata da Hjalmar Schacht, ministro delle finanze di Hitler, rivelando che tanto illuminati, questi massoni, non sono.
Il vero problema è questo! Incompetenti, ma arroganti. Vi ricorda qualcuno? “The book is on the table” Renzi? Risposta esatta!
Il problema è che la sinistra è malata di parassitismo, non capendo di economia, continuano a studiare a memoria i testi di economia, un po’ come le tabelline, ma poi l’operazione di moltiplica non sanno farla!
È dovuta intervenire la UE a suggerire che venisse adottata la soluzione “Schacht”.
Per quelli che non la conoscono, La soluzione ?germanica? e asiatica alla Depressione e alla Moneta | Appello al Popolo - E-zine risorgimentale ? Organo del partito che ancora non c'e'.
Se adottano questa roba, vuol dire che l’euro non è “irreversibile”.
Il fatto che siamo veramente nei guai. I cittadini sono “storditi” dalla propaganda.
La sinistra gli sta togliendo ogni tutela sociale, ma loro, non capiscono.
Ogni “successo” celebrato dalla sinistra si rivela un colpo mortale ai diritti delle persone. Stamane, sentivo uno che si chiama Feltri, del Fatto Quotidiano, parlare di economia… Ragazzi!!! Sarà anche laureato in economia, ma come per le tabelline, ha studiato, ma non ha capito!
È questo!
Ci ripetono la lezioncina a memoria, ma i primi a non capire sono gli “esperti”.
Allora lo ripeto: SE NON DAI I SOLDI AI LAVORATORI; COME FAI A FAR FUNZIONARE IL SISTEMA?
Se fai l’austerità e pensi solo all’interesse dei creditori, il sistema cade! È già successo all’impero di Roma! Nemesi storica.
Incredibilmente in Italia, c’è il governo “illegale” della sinistra! Sono funzionali alla finanza dei creditori. Quando le cose girano, loro vanno al potere per poter mungere un po’ di interessi sul debito in più, ma oltre a mungere questo, altro non sanno fare. Cosi, se non dai i soldi ai lavoratori, il sistema si avvita in una spirale… Uno, non si cura più, non fa più l’assicurazione della macchina, compra sempre meno.
Credete forse che vi pagheranno le pensioni? No, non ve le pagheranno le pensioni. L’1 su 5 che sostiene questa illegalità, non si rende conto di agire e pensare “contro” i 4 su 5 che non la pensano come loro?
Si, forse lo sanno! Egoisti come i comunisti non ce n’è!!
Tratto da: ICONICON





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http://www.investireoggi.it//it.pin...tterà una valuta parallela all’euro! Vittoria
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1809065/crisi/dall-islanda-una-rivoluzione-del-sistema-monetario.aspx

3)di: Daniele Chicca | Pubblicato il 01 aprile 2015| Ora 16:35


Ancora una volta il piccolo Stato fa da precursore. Banche non potranno creare denaro e trasferirlo a banca centrale. Addio assicurazioni sui depositi.
Il premier Sigmundur David Gunnlaugsson (dx): "esperimento offrirà un contributo importante alle discussioni future sulla creazione di moneta".



NEW YORK (WSI) - Dopo aver impedito che i contribuenti pagassero per una crisi finanziaria scatenata dagli errori delle banche e delle autorità, ancora una volta l'Islanda precorre i tempi, dando un esempio - nel suo piccolo - di come potrebbero essere risolti gli annosi problemi del mondo finanziario contemporaneo.

Il governo sta prendendo in considerazione una proposta monetaria che ha del rivoluzionario in quanto toglierebbe alle banche commerciali il potere di creare moneta e trasferirla alla banca centrale.

Il piano prevede l'eliminazione dell'assicurazione sui depositi e dei prestiti di riserva frazionaria, due delle pratiche 'malsane' all'origine della formazione di bolle di attività creditizie.

La proposta, che rappresenterebbe una prima assoluta nel mondo finanziario, fa parte di un disegno di legge del partito centrista al potere, il Partito del Progresso. Il testo, che porta la firma di Frosti Sigurjonsson, si intola "Un sistema monetario migliore per l'Islanda".

"L'esperimento offrirà un contributo importante alle discussioni future, qui e altrove, sulla creazione di moneta e sulle politiche monetarie", ha annunciato il primo ministro islandese Sigmundur David Gunnlaugsson.

Il report, commissionato dal premier in prima persona, ha l'obiettivo di mettere fine a un sistema monetario che è in vigore da ormai troppo tempo e che è sopravvissuto alle ultime crisi finanziarie, l'ultima nel 2008.

Secondo lo studio condotto da quattro banchieri centali, il paese ha avuto "più di 20 tipi diversi di crisi finanziarie dal 1875 a oggi", con "sei episodi di crisi finanziarie gravi che si sono ripetuti in media a 15 anni di distanza" l'uno dall'altro.

Per Sigurjonsson il problema è stato ogni volta lo stesso: la bolla del credito formatasi durante un ciclo economico positivo.

L'unico difetto della legge, dicono i commentatori del settore, è che la responsabilità per la creazione di moneta viene affidata a un pannello di esperti. Allo stato attuale delle cose non si può essere sicuri che il pannello sarà migliore delle banche centrali come la Federal Reserve. Inoltre corre il rischio di essere politicizzato e non super partes.

Rimane il fatto che l'idea è un eccellente punto di partenza per scongiurare il ripetersi di altre crisi causate da bolle creditizie e per evitare che le banche commerciali corrano rischi esagerati in nome dei profitti.

Assicurare i depositi bancari garantisce che il denaro finisca nei forzieri delle banche che offrono i rendimenti più alti. Se un deposito bancario è assicurato, un cliente non è interessato ai rischi intrapresi. Al contempo le banche che offrono i tassi più alti di ritorno sui depositi prendono i rischi maggiori per essere in grado a loro volta di ripagare gli interessi maturati con i clienti, creando un ciclo vizioso.

La pratica di prestare la riserva frazionaria, la percentuale di depositi bancari che per legge la banca è tenuta a detenere sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili, consente alle banche di prestare un ammontare di denaro infinito, senza di fatto alcun cuscinetto finanziario di protezione.

(DaC)




Pubblicato da Nicoletta Forcheri a 00:01 ShareThis Link a questo post Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Pinterest




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