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Hathor Pentalpha e Isis, il romanzo criminale che ci attende


Scritto il 02/1/15 • nella Categoria: Recensioni


Globalizzazione violenta, a mano armata. Un progetto criminale, deviato, spietato. Coltivato e attuato da criminali. Attorno a loro, una corte di politici, capi di Stato, economisti, giornalisti. Tutti a ripetere la canzoncina bugiarda del neoliberismo: lo Stato non conta più, è roba vecchia, a regolare il mondo basta e avanza il “libero mercato”. Peccato che il paradiso golpista dell’élite non possa prescindere dallo Stato, l’ingombrante monopolista della moneta e delle tasse. Lo Stato va quindi conquistato, occupato militarmente per via elettorale. Deve capitolare, rinnegare la sua funzione storica, servire le multinazionali e non più i cittadini, che devono semplicemente ridiventare sudditi, pagare sempre più tasse, veder sparire i diritti conquistati in due secoli, elemosinare un lavoro precario e sottopagato. Le menti del commissariamento mondiale sono state chiamate oligarchia, impero, tecnocrati, destra economica, finanza, banche, neo-capitalismo. Gioele Magaldi chiama costoro con un altro nome: “Massoni”, come il titolo del suo libro esplosivo. E mette sul piatto 650 pagine di rivelazioni, che stanno scalando le classifiche editoriali nell’assordante silenzio dei media mainstream.
Si tratta di massoni speciali, potentissimi, interconnessi fra loro nel super-network segreto delle Ur-Lodges. Uomini del massimo potere, abituati da sempre a influire nelle grandi decisioni geopolitiche, condizionando istituzioni che – in Occidente, a partire dagli Usa – vengono considerate esse stesse una sorta di emanazione massonica: senza il secolare impegno laico della “libera muratoria” europea nella lotta contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico, non avremmo avuto gli Stati moderni, la scienza moderna, la cultura moderna. Erano massoni i maggiori scienziati – da Newton a Einstein – così come i maggiori letterati e musicisti. Massoni anche i padri fondatori degli Stati Uniti. Massone l’americano Roosevelt, spettacolare campione della spesa pubblica vocata allo sviluppo della piena occupazione, secondo il credo del più grande economista del ‘900, il massone inglese John Maynard Keynes, su cui si basa tutta la sinistra europea marxista e post-marxista che ha messo in piedi il grandioso sistema di protezione sociale del welfare, fondato sulla sovranità democratica e monetaria per mitigare gli appetiti antisociali del “libero mercato”.
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, promossa dalla “libera muratrice” Eleanor Roosevelt alle Nazioni Unite, l’assemblea planetaria eretta sulle rovine della Seconda Guerra Mondiale, prefigura un’umanità redenta, liberata, globalizzata nei diritti e nelle aspirazioni al futuro. Esattamente il contrario dell’attuale globalizzazione neo-schiavistica, aristocratica, mercantilista, neo-feudale. Un disegno cinico e reazionario, oggi chiamato semplicemente “crisi”, sviluppato negli anni ‘70 dai ristrettissimi circoli elitari internazionali preoccupati dall’avanzata del loro grande nemico: la democrazia. Da qui il famigerato memorandum di Lewis Powell per stroncare la sinistra in tutto l’Occidente e il manifesto “La crisi della democrazia” promosso dalla Commissione Trilaterale sempre con lo stesso obiettivo: collocare i propri uomini (Thatcher, Reagan, Kohl, Mitterrand) alla guida dei paesi-chiave, per occupare lo Stato e traviarlo, in modo che non servisse più l’interesse pubblico, ma obbedisse ai diktat delle grandi lobby, l’industria delle armi, le grandi multinazionali invadenti e totalitarie.
Una storia già raccontata? Sì, anche, da diversi analisti “eretici”. Ma mai, finora, dallo sconcertante punto di osservazione del massone Magaldi, che fornisce dettagli inediti e spiegazioni spiazzanti, partendo da una rivelazione capitale: tutti gli uomini del massimo potere, nel ‘900, sono sempre stati accomunati dall’iniziazione esoterica. Questo fa di loro gli esponenti privilegiati di un circuito cosmopolita autoreferenziale e invisibile, protetto, ma al tempo stesso profondamente dialettico, non sempre concorde. Anzi, proprio alla guerra sotterranea che ha dilaniato il “terzo livello” del super-potere è dedicata la straordinaria contro-lettura di Magaldi: che nel golpe in Cile, ad esempio, non vede solo il noto complotto delle multinazionali americane per colpire il governo socialista, pericolosamente amico dei lavoratori e dei loro salari, ma anche – e soprattutto, in questo caso – il ruolo decisivo del massone Kissinger nel colpo di Stato promosso dalla Cia contro il massone Allende, come monito all’intera America Latina, da ridurre a periferia coloniale, e anche alla stessa Europa, dove le stesse “menti raffinatissime” hanno organizzato il “golpe dei colonnelli” in Grecia e i tre tentativi di colpo di Stato in Italia, affidati a Borghese e Sogno ma supervisionati da Licio Gelli, emissario della potentissima superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger.
Sul fronte opposto, si è mossa nell’ombra la “fratellanza bianca” delle superlogge progressiste, per tentare di rintuzzare i colpi dei “grembiulini” oligarchici. Come in un romanzo di Dan Brown, in un film di Harry Potter? Non a caso, sostiene Magaldi: proprio nel cinema e nella letteratura, negli ultimi anni, si è concentrata l’azione delle Ur-Lodges democratiche, in attesa di una grande riscossa – pace contro guerra, diritti contro privilegi – di cui lo stesso libro del “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, affiliato alla superloggia progressista “Thomas Paine”, è parte integrante. Per credere a Magaldi, all’inizio della lettura, occorre accettare di indossare i suoi occhiali. Poi, però, già dopo poche pagine, diventa impossibile togliergli: quelli che aggiunge, infatti, sono preziosi tasselli che spiegano ancor meglio i passaggi-chiave della storia del “secolo breve”, senza mai discostarsi dalla verità accertata, dalla storiografia corrente. Solo (si fa per dire) Magaldi aggiunge nomi e cognomi. Completa la storia che già conosciamo integrandola con indizi inequivocabili, che illuminano retroscena finora rimasti in ombra.
I riflessi della “grande guerra” che Magaldi racconta li stiamo pagando oggi: la crescita delle masse in Occidente è finita, e il mondo è sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. Tutto è cominciato alla fine degli anni ‘60, prima con la morte di Giovanni XXIII e John Fitzgerald Kennedy, poi con il doppio omicidio di Bob Kennedy e Martin Luther King, che le Ur-Lodges progressiste volevano entrambi alla Casa Bianca. Nessuno si stupisca, dice Magaldi, se da allora la sinistra è stata sconfitta in modo sistematico: hanno vinto “loro”, i padreterni neo-feudali che volevano confiscare i diritti democratici e le garanzie del lavoro, retrocedendo i cittadini occidentali al rango di sudditi impauriti dal futuro e assediati dal bisogno. Sempre “loro”, gli egemoni, si sarebbero persino abbandonati a un clamoroso regolamento di conti: il clan che voleva George Bush alla Casa Bianca avrebbe fatto sparare a Reagan, e i sostenitori occulti di Reagan, per rappresaglia, di lì a poco avrebbero promosso l’attentato simmetrico a Wojtyla, eletto Papa anche col sostegno occulto degli amici di Bush.
Poi, su tutto, è calato l’ambiguo sudario della pax massonica, suggellato nello storico patto “United Freemasons for Globalization”, sottoscritto nel 1981 non solo dalle superlogge occidentali di destra e di sinistra, ma anche dai “confratelli” sovietici alla vigilia della Perestrojka di Gorbaciov e dagli stessi cinesi, in vista delle grandiose riforme del “fratello” Deng Xiaoping. Peccato che però qualcuno abbia “esagerato”, riconosce il super-massone oligarchico che si firma “Frater Kronos”, nella sconcertante appendice del libro di Magaldi, in cui quattro pesi massimi delle Ur-Lodges si confrontano sulla trattazione, dopo aver aiutato il massone italiano a mettere in piazza tanti segreti di famiglia. “Frater Kronos”, su cui si lesinano le informazioni personali per mascherarne l’identità, dimostra l’autorevolezza del grande vecchio del potere occidentale. «No, non sono il fratello Kissinger», scherza, quasi a suggerire che potrebbe trattarsi di un pari grado, del calibro di Zbigniew Brzezinski. Anche “Frater Kronos” – chiunque egli sia in realtà – conferma l’allarme: qualcosa è andato storto, qualcuno è andato oltre il perimetro concordato. Un nome su tutti: quello del “fratello” George Bush senior, che sarebbe “impazzito di rabbia” dopo la bruciante sconfitta inflittagli dai sostenitori di Reagan. Da allora, ancor prima di diventare a sua volta presidente, Bush avrebbe dato vita a una superloggia definita inquietante, pericolosa e sanguinaria, denominata “Athor Pentalpha”, che avrebbe reclutato il gotha neocon del Pnac, il piano per il Nuovo Secolo Americano, da Cheney a Rumsfeld, nonché fondamentali alleati europei, da Blair a Sarkozy. Missione del clan: destabilizzare il pianeta, anche col terrorismo, a partire dall’11 Settembre.
Per questa missione, si legge nel libro di Magaldi, è stato riciclato il “fratello” Osama Bin Laden, arruolato dallo stesso Brzezinski ai tempi dell’invasione sovietica in Afghanistan. Risultato, dopo l’attentato alle Torri: una serie di guerre, in sequenza, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia alla Siria, anche dietro lo schermo della “primavera araba”. Il nuovo bersaglio è la Russia di Putin? C’è una precisa geopolitica del caos: e i golpisti occidentali puntano sempre sulla loro creatura più grottesca, il fondamentalismo islamico. Ci stanno lavorando dal lontano 2009, quando i militari americani del centro iracheno di detenzione di Camp Bucca si videro recapitare l’ordine di rilascio dell’allora oscuro Abu Bakr Al-Baghdadi, l’attuale “califfo” dell’Isis. Regista dell’operazione? Sempre loro: la famiglia Bush. Per la precisione il fratello di George Walker, Jeb Bush, che vorrebbe fare di Al-Baghdadi il nuovo Bin Laden, da spendere per le presidenziali 2016. Dietrologia? Anche qui, “Massoni” fornisce chiavi inedite, partendo dall’attitudine esoterica degli iniziati: Isis non è solo il nome dell’orda terroristica messa in piedi da segmenti della Cia, è anche quello della divinità egizia Iside, vedova di Osiride, carissima ai massoni che si definiscono anche “figli della vedova”. In alcuni testi antichi, Isis è chiamata anche con un altro nome, Athor. Proprio come la superloggia di Bush e Blair. Il Medio Oriente sta bruciando, è tornato lo spettacolo dell’orrore dei tagliatori di teste. “Frater Kronos” è preoccupato, il 2015 comincia male. Sicuri che non sia il caso di indossarli ancora, gli occhiali di Gioele Magaldi?
(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).
Globalizzazione violenta, a mano armata. Un progetto criminale, deviato, spietato. Coltivato e attuato da criminali. Attorno a loro, una corte di politici, capi di Stato, economisti, giornalisti. Tutti a ripetere la canzoncina bugiarda del neoliberismo: lo Stato non conta più, è roba vecchia, a regolare il mondo basta e avanza il “libero mercato”. Peccato che il paradiso golpista dell’élite non possa prescindere dallo Stato, l’ingombrante monopolista della moneta e delle tasse. Lo Stato va quindi conquistato, occupato militarmente per via elettorale. Deve capitolare, rinnegare la sua funzione storica, servire le multinazionali e non più i cittadini, che devono semplicemente ridiventare sudditi, pagare sempre più tasse, veder sparire i diritti conquistati in due secoli, elemosinare un lavoro precario e sottopagato. Le menti del commissariamento mondiale sono state chiamate oligarchia, impero, tecnocrati, destra economica, finanza, banche, neo-capitalismo. Gioele Magaldi chiama costoro con un altro nome: “Massoni”, come il titolo del suo libro esplosivo. E mette sul piatto 650 pagine di rivelazioni, che stanno scalando le classifiche editoriali nell’assordante silenzio dei media mainstream.
Si tratta di massoni speciali, potentissimi, interconnessi fra loro nel super-network segreto delle Ur-Lodges. Uomini del massimo potere, abituati da sempre a influire nelle grandi decisioni geopolitiche, condizionando istituzioni che – in Occidente, a partire dagli Usa – vengono considerate esse stesse una sorta di emanazione massonica: senza il secolare impegno laico della “libera muratoria” europea nella lotta contro l’oscurantismo vaticano e l’assolutismo monarchico, non avremmo avuto gli Stati moderni, la scienza moderna, la cultura moderna. Erano massoni i maggiori scienziati – da Newton a Einstein – così come i maggiori letterati e musicisti. Massoni anche i padri fondatori degli Stati Uniti. Massone l’americano Roosevelt, spettacolare campione della spesa pubblica vocata allo sviluppo della piena occupazione, secondo il credo del più grande economista del ‘900, il massone inglese John Maynard Keynes, su cui si basa tutta la sinistra europea marxista e post-marxista che ha messo in piedi il grandioso sistema di protezione sociale del welfare, fondato sulla sovranità democratica e monetaria per mitigare gli appetiti antisociali del “libero mercato”.
La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, promossa dalla “libera muratrice” Eleanor Roosevelt alle Nazioni Unite, l’assemblea planetaria eretta sulle rovine della Seconda Guerra Mondiale, prefigura un’umanità redenta, liberata, globalizzata nei diritti e nelle aspirazioni al futuro. Esattamente il contrario dell’attuale globalizzazione neo-schiavistica, aristocratica, mercantilista, neo-feudale. Un disegno cinico e reazionario, oggi chiamato semplicemente “crisi”, sviluppato negli anni ‘70 dai ristrettissimi circoli elitari internazionali preoccupati dall’avanzata del loro grande nemico: la democrazia. Da qui il famigerato memorandum di Lewis Powell per stroncare la sinistra in tutto l’Occidente e il manifesto “La crisi della democrazia” promosso dalla Commissione Trilaterale sempre con lo stesso obiettivo: collocare i propri uomini (Thatcher, Reagan, Kohl, Mitterrand) alla guida dei paesi-chiave, per occupare lo Stato e traviarlo, in modo che non servisse più l’interesse pubblico, ma obbedisse ai diktat delle grandi lobby, l’industria delle armi, le grandi multinazionali invadenti e totalitarie.
Una storia già raccontata? Sì, anche, da diversi analisti “eretici”. Ma mai, finora, dallo sconcertante punto di osservazione del massone Magaldi, che fornisce dettagli inediti e spiegazioni spiazzanti, partendo da una rivelazione capitale: tutti gli uomini del massimo potere, nel ‘900, sono sempre stati accomunati dall’iniziazione esoterica. Questo fa di loro gli esponenti privilegiati di un circuito cosmopolita autoreferenziale e invisibile, protetto, ma al tempo stesso profondamente dialettico, non sempre concorde. Anzi, proprio alla guerra sotterranea che ha dilaniato il “terzo livello” del super-potere è dedicata la straordinaria contro-lettura di Magaldi: che nel golpe in Cile, ad esempio, non vede solo il noto complotto delle multinazionali americane per colpire il governo socialista, pericolosamente amico dei lavoratori e dei loro salari, ma anche – e soprattutto, in questo caso – il ruolo decisivo del massone Kissinger nel colpo di Stato promosso dalla Cia contro il massone Allende, come monito all’intera America Latina, da ridurre a periferia coloniale, e anche alla stessa Europa, dove le stesse “menti raffinatissime” hanno organizzato il “golpe dei colonnelli” in Grecia e i tre tentativi di colpo di Stato in Italia, affidati a Borghese e Sogno ma supervisionati da Licio Gelli, emissario della potentissima superloggia “Three Eyes”, quella di Kissinger.
Sul fronte opposto, si è mossa nell’ombra la “fratellanza bianca” delle superlogge progressiste, per tentare di rintuzzare i colpi dei “grembiulini” oligarchici. Come in un romanzo di Dan Brown, in un film di Harry Potter? Non a caso, sostiene Magaldi: proprio nel cinema e nella letteratura, negli ultimi anni, si è concentrata l’azione delle Ur-Lodges democratiche, in attesa di una grande riscossa – pace contro guerra, diritti contro privilegi – di cui lo stesso libro del “gran maestro” del Grande Oriente Democratico, affiliato alla superloggia progressista “Thomas Paine”, è parte integrante. Per credere a Magaldi, all’inizio della lettura, occorre accettare di indossare i suoi occhiali. Poi, però, già dopo poche pagine, diventa impossibile togliergli: quelli che aggiunge, infatti, sono preziosi tasselli che spiegano ancor meglio i passaggi-chiave della storia del “secolo breve”, senza mai discostarsi dalla verità accertata, dalla storiografia corrente. Solo (si fa per dire) Magaldi aggiunge nomi e cognomi. Completa la storia che già conosciamo integrandola con indizi inequivocabili, che illuminano retroscena finora rimasti in ombra.
I riflessi della “grande guerra” che Magaldi racconta li stiamo pagando oggi: la crescita delle masse in Occidente è finita, e il mondo è sull’orlo della Terza Guerra Mondiale. Tutto è cominciato alla fine degli anni ‘60, prima con la morte di Giovanni XXIII e John Fitzgerald Kennedy, poi con il doppio omicidio di Bob Kennedy e Martin Luther King, che le Ur-Lodges progressiste volevano entrambi alla Casa Bianca. Nessuno si stupisca, dice Magaldi, se da allora la sinistra è stata sconfitta in modo sistematico: hanno vinto “loro”, i padreterni neo-feudali che volevano confiscare i diritti democratici e le garanzie del lavoro, retrocedendo i cittadini occidentali al rango di sudditi impauriti dal futuro e assediati dal bisogno. Sempre “loro”, gli egemoni, si sarebbero persino abbandonati a un clamoroso regolamento di conti: il clan che voleva George Bush alla Casa Bianca avrebbe fatto sparare a Reagan, e i sostenitori occulti di Reagan, per rappresaglia, di lì a poco avrebbero promosso l’attentato simmetrico a Wojtyla, eletto Papa anche col sostegno occulto degli amici di Bush.
Poi, su tutto, è calato l’ambiguo sudario della pax massonica, suggellato nello storico patto “United Freemasons for Globalization”, sottoscritto nel 1981 non solo dalle superlogge occidentali di destra e di sinistra, ma anche dai “confratelli” sovietici alla vigilia della Perestrojka di Gorbaciov e dagli stessi cinesi, in vista delle grandiose riforme del “fratello” Deng Xiaoping. Peccato che però qualcuno abbia “esagerato”, riconosce il super-massone oligarchico che si firma “Frater Kronos”, nella sconcertante appendice del libro di Magaldi, in cui quattro pesi massimi delle Ur-Lodges si confrontano sulla trattazione, dopo aver aiutato il massone italiano a mettere in piazza tanti segreti di famiglia. “Frater Kronos”, su cui si lesinano le informazioni personali per mascherarne l’identità, dimostra l’autorevolezza del grande vecchio del potere occidentale. «No, non sono il fratello Kissinger», scherza, quasi a suggerire che potrebbe trattarsi di un pari grado, del calibro di Zbigniew Brzezinski. Anche “Frater Kronos” – chiunque egli sia in realtà – conferma l’allarme: qualcosa è andato storto, qualcuno è andato oltre il perimetro concordato. Un nome su tutti: quello del “fratello” George Bush senior, che sarebbe “impazzito di rabbia” dopo la bruciante sconfitta inflittagli dai sostenitori di Reagan. Da allora, ancor prima di diventare a sua volta presidente, Bush avrebbe dato vita a una superloggia definita inquietante, pericolosa e sanguinaria, denominata “Hathor Pentalpha”, che avrebbe reclutato il gotha neocon del Pnac, il piano per il Nuovo Secolo Americano, da Cheney a Rumsfeld, nonché fondamentali alleati europei, da Blair a Sarkozy. Missione del clan: destabilizzare il pianeta, anche col terrorismo, a partire dall’11 Settembre.
Per questa missione, si legge nel libro di Magaldi, è stato riciclato il “fratello” Osama Bin Laden, arruolato dallo stesso Brzezinski ai tempi dell’invasione sovietica in Afghanistan. Risultato, dopo l’attentato alle Torri: una serie di guerre, in sequenza, dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Libia alla Siria, anche dietro lo schermo della “primavera araba”. Il nuovo bersaglio è la Russia di Putin? C’è una precisa geopolitica del caos: e i golpisti occidentali puntano sempre sulla loro creatura più grottesca, il fondamentalismo islamico. Ci stanno lavorando dal lontano 2009, quando i militari americani del centro iracheno di detenzione di Camp Bucca si videro recapitare l’ordine di rilascio dell’allora oscuro Abu Bakr Al-Baghdadi, l’attuale “califfo” dell’Isis. Regista dell’operazione? Sempre loro: la famiglia Bush. Per la precisione il fratello di George Walker, Jeb Bush, che vorrebbe fare di Al-Baghdadi il nuovo Bin Laden, da spendere per le presidenziali 2016. Dietrologia? Anche qui, “Massoni” fornisce chiavi inedite, partendo dall’attitudine esoterica degli iniziati: Isis non è solo il nome dell’orda terroristica messa in piedi da segmenti della Cia, è anche quello della divinità egizia Iside, vedova di Osiride, carissima ai massoni che si definiscono anche “figli della vedova”. In alcuni testi antichi, Isis è chiamata anche con un altro nome, Hathor. Proprio come la superloggia di Bush e Blair. Il Medio Oriente sta bruciando, è tornato lo spettacolo dell’orrore dei tagliatori di teste. “Frater Kronos” è preoccupato, il 2015 comincia male. Sicuri che non sia il caso di indossarli ancora, gli occhiali di Gioele Magaldi?
(Il libro: Gioele Magaldi, “Massoni. Società a responsabilità illimitata. La scoperta delle Ur-Lodges”, Chiarelettere, 656 pagine, 19 euro).
 

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CGIA: ''15 MILIONI DI ITALIANI HANNO CHIUSO IL CONTO IN BANCA E USANO SOLO CONTANTI: +30,4% DAL 2008'' (BENISSIMO!)

sabato 28 febbraio 2015
Cresce enormemente l'ammontare di banconote in circolazione in Italia. Nel 2014 la massa monetaria complessiva ha sfiorato i 164,5 miliardi di euro. Negli ultimi 7 anni di crisi, fa sapere la Cgia di Mestre, l'incremento percentuale e' stato del 30,4 per cento, a fronte di una variazione dell'incidenza delle banconote sul Pil del +2,4 per cento.
Nonostante l'Italia abbia il limite all'utilizzo del contante piu' basso d'Europa, l'evasione fiscale non sembra averne risentito. Anzi, dall'analisi elaborata dall'Ufficio studi della Cgia, emerge un dato sorprendente: c'e' pochissima correlazione tra la soglia limite all'uso di cartamoneta imposta per legge e il rapporto tra la base imponibile Iva non dichiarata e il Pil, vale a dire l'evasione fiscale.
Tra il 2000 e il 2012 (ultimo anno in cui i dati sono disponibili), a fronte di una soglia limite all'uso del denaro che e' rimasta pressoche' stabile fino al giugno 2008, l'evasione ha registrato un andamento altalenante fino al 2006 per poi scivolare progressivamente fino al 2010. Se tra il 2010 e l'anno successivo l'"asticella" del limite al contante si e' ulteriormente abbassata (passando da 5.000 e 1.000 euro), l'evasione, invece, e' salita fino a sfiorare il 16 per cento del Pil, per poi ridiscendere nel 2012 sotto quota 14 per cento.
Tra i principali membri dell'Unione europea, ben 11 Paesi non prevedono alcun limite all'uso del contante. La Francia e il Belgio hanno una soglia di spesa con la cartamoneta di 3.000 euro, la Spagna di 2.500 euro e la Grecia di 1.500 euro. L'Italia e il Portogallo, invece, manifestano la situazione piu' restrittiva: la soglia massima oltre il quale non si puo' piu' usare il contante e' pari a 1.000 euro. Ma nonostante le leggi restrittive, l'uso del contante è aumentato del 30%, quindi si sono dimostrate stupide, oltre che inutili, le norme volute dall'allora capo del governo Monti. Una delle sue tante "genialate".
"Il diffusissimo uso del contante e' correlato al fatto che in Italia ci sono quasi 15 milioni di unbanked - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA - ovvero di persone che non hanno un conto corrente presso una banca o che lo avevano e lo hanno chiuso negli ultimi anni, percentuale che rappresenta non meno del 35% dei 15 milioni di "unbanked".
Un record non riscontrabile in nessun altro paese d'Europa.
Non avendo nessun rapporto con gli istituti di credito, milioni di italiani non utilizzano alcuna forma di pagamento tracciabile, come la carta di credito, il bancomat o il libretto degli assegni. Questa specificita' tutta italiana va ricercata nelle ragioni storiche e culturali sempre più diffuse a livello di massa: la sfiducia nelle banche e la difesa da uno stato di polizia fiscale, per il quale spendere sembra diventata una colpa e possedere denaro un reato da cui discolparsi a prescindere da ogni altra cosa.
Non possiamo disconoscere - conclude Bortolussi - che molte persone di una certa eta' e con un livello di scolarizzazione molto basso preferiscono ancora adesso tenere i soldi in casa, anziche' affidarli ad una banca. Del resto, i vantaggi economici non sono indifferenti, visto che i costi per la tenuta di un conto corrente sono in Italia i piu' elevati d'Europa. Ma queste sono molto meno della metà di tutti gli italiani che hanno deciso di abbandonare i circuiti bancari e le forme di pagamento elettroniche, meccanismi che fanno guadagnare solo le banche.
Redazione Milano

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Ennesimo duro colpo per l’agricoltura italiana che ora si trova ad affrontare il recente accordo Ue-Marocco che prevede la liberalizzazione reciproca di prodotti agricoli.

Il nuovo accordo Ue-Marocco, recentemente stipulato, danneggerà le regioni italiane maggiormente dedite alla coltivazione di agrumeti e dell’ortofrutta in generale ma ad essere colpita sarà tutta la produzione agroalimentare nazionale. L’accordo prevede infatti la completa liberalizzazione delle importazioni marocchine. Un problema questo, che sembra aver recepito solo il M5S, come dichiarato dal deputato europeo alla commissione agricoltura Giuseppe L’Abbate :” A Bruxelles però i rappresentanti dei maggiori partiti politici italiani sembrano non aver percepito il problema. Anzi hanno dato il loro avallo alla stesura di un accordo che rischia di compromettere in maniera irreversibile una già difficile realtà produttiva e di mercato”
Questo succederebbe perché l’entrata in vigore nei termini stabiliti dall’accordo farebbero si che si verrebbe a creare una situazione di concorrenza sleale non solo per quanto riguarda i prezzi di entrata di alcuni prodotti, come dimostrano le precedenti irregolarità già segnalate peraltro, ma anche con riferimento alle normative in materia di lavoro e sull’ambiente.
Duro il commento del deputato pentastellato dopo il voto in commissione: Sono davvero questi i rappresentanti che i cittadini vogliono ai tavoli europei? Parlamentari che dimostrano incapacità di visione strategica del mercato nazionale agricolo o, peggio, ignorano consapevolmente le conseguenze negative sul Paese”.
Inoltre il parlamentare grillino si sofferma ad analizzare i termini dell’accordo e cosa comporterà: “Tutto ciò non può essere ignorato e per questo in più di una occasione abbiamo chiesto al Governo nazionale di intervenire per ridiscutere i termini dell’accordo o di appellarsi alle clausole di salvaguardia previste. Nessuno ci ha prestato attenzione, ma adesso potremo far sentire finalmente la voce e la forza dei cittadini italiani direttamente in Europa. La nostra visione dell’agricoltura è chiara: rafforzare il Made in Italy, le nostre produzioni tradizionali e locali ed essere il meno possibile dipendenti dall’estero. E faremo di tutto affinché l’Europa ci ascolti”.

Per un paese come il nostro con un economia già a pezzi, una delle poche speranze e sicurezze che abbiamo è quello della terra e dell’agricoltura, ma qualora dovesse essere intaccato seriamente anche questo settore sarebbe un ulteriore duro colpo per la nostra “eventuale” ripresa, in un Europa che ancora fatichiamo a capire.
Tratto da:L'Euroscettico - Quello che nessuno ti dice sull'Europa e sull'Euro


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LaRouche: “La Grecia non deve niente. Il saccheggio non costituisce un debito legittimo”

Pubblicato su 1 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
“Il saccheggio non costituisce un debito legittimo”. Lo afferma Lyndon LaRouche in una dichiarazione in cui chiede il pieno sostegno internazionale della Grecia e della sua richiesta che il debito venga sensibilmente ridotto. Il debito, aggiunge LaRouche, è illegale, è impagabile “ed è il frutto di un’impresa criminale guidata da Londra che va soffocata del tutto, se il mondo vorrà sopravvivere nei prossimi mesi senza l’eruzione di una guerra generale nel centro dell’Europa“.
Come rileva un servizio dell’agenzia Eir, il nuovo governo greco chiede all’Unione Europea non soltanto di porre fine al saccheggio senza fine della popolazione greca ma anche alla gigantesca frode bancaria perpetrata da Wall Street e Londra, e di rendere nuovamente possibile la crescita economica in Europa. Il fatto che, in alcune occasioni, funzionari greci corrotti si siano resi complici di questa truffa insieme a partner come Goldman Sachs non rende meno criminale questo debito. Tuttavia, invece di porre fine alla frode, la Cancelliera tedesca Merkel ed altri “leader” europei, insieme al Presidente Obama, esigono che la Grecia consegua un avanzo primario di bilancio del 4,5% esclusivamente per ripagare un debito presunto “greco”, un obiettivo semplicemente irraggiungibile.
La truffa dell’UE in Grecia – precisa l’Eir – è parte dello stesso schema per salvare le banche che fu lanciato dalla Federal Reserve negli Stati Uniti nel 2008, per coprire le perdite subite con i mutui subprime, anch’essi impagabili.
In Europa le banche, oltre ad acquistare titoli ipotecari dalle banche americane, hanno emesso montagne di prestiti impagabili, non solo mutui per la casa a proprietari privati, ma anche ai governi, come quello greco, privi di mezzi per ripagarli.
Le banche di Wall Street, in particolare Goldman Sachs, con un trucco hanno fatto apparire un prestito alla Grecia come un semplice “currency swap” invece che un debito. Tutto questo debito subprime europeo è esploso in faccia alle big banks nel 2009. Tutti i governi dell’UE si sono superindebitati per creare un fondo di 750 miliardi di Euro detto European Financial Stability Facility (EFSF), poi diventato ESM. In tutto sono stati spesi quasi 487,75 miliardi di Euro per ripagare il “debito subprime dei governi” di diversi paesi, per quanto impagabile.
La truffa del debito greco è classica. Nel 2009, il debito greco era di 180 miliardi di Euro. A quel punto alla Grecia furono “concessi” due giganteschi bailout, uno nel 2010 e l’altro nel 2012, per un totale di 246 miliardi. Meno del 10% di questi “aiuti” furono spesi dal governo greco, e oltre il 90% andò direttamente nelle casse di Deutsche Bank, HSBC, JPMorgan Chase, e di hedge fund speculativi. Solo le banche greche furono costrette a cancellare il loro “debito greco”, quello delle banche di Wall Street e Londra fu garantito al 100%.
Dal 2010, i paesi che hanno chiesto aiuti (Grecia, Irlanda, Portogallo, ecc.) hanno dovuto pagare il conto. Hanno imposto un’austerità omicida alla propria popolazione, costretta ad emigrare per la mancanza di lavoro, è aumentato il tasso di mortalità e sono crollate le nascite. Ecco perché il nuovo governo greco esige che l’Europa metta fine a questa frode bancaria globale e cancelli un debito impagabile, investendo nell’economia reale a partire da nuove infrastrutture economiche.
Tratto da:Imola Oggi | Quotidiano di Imola




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L'incredibile storia del banchiere piu' grande del mondo
Pubblicato su 28 Febbraio 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in ECONOMIA
Un articolo di Valerio Malvezzi
C'era una volta un uomo.
Era un uomo vero, di quelli d'un tempo, e sarebbe divenuto il banchiere piu' grande del mondo. Uno di quegli uomini che diceva "non voglio diventare troppo ricco, perche' nessun ricco possiede la ricchezza, ma ne e' posseduto". All'epoca – si era in California, nell'America dei primi del novecento – le banche davano soldi solo alle imprese gia' affermate.
Nessuno dava credito alle piccole imprese.
Quell'uomo decise di aprire la sua banca, ma non aveva una sede. Rilevo' allora da una signora che voleva ritirarsi in pensione il contratto di affitto di un bar, in un incrocio, per $ 1.250.
Non aveva clienti, e cosi' inizio' un modo di fare banca diversa da tutte le altre dell'epoca.
Si mise a girare per le strade, offrendo piccoli prestiti a chi voleva aprire un capannone, un piccolo ristorante, un esercizio commerciale. Nei primi del novecento, era impossibile in America avere credito dalle banche, se eri una micro impresa: vi era una regola per la quale non si davano prestiti inferiori ai 200 $. In pratica, per le somme minori ci si doveva rivolgere agli usurai.
Quell'uomo inizio' a finanziare piccole cose, dando prestiti a partire da 25 $.
Divenne famoso per la sua nuova cultura di banca.
Io per finanziare un uomo – era solito dire - voglio guardarlo negli occhi e vedere i calli sulle mani.
A proposito del fatto che oggi tanto si parla di riforma delle banche popolari, ricordo che quell'uomo volle per la sua banca un azionariato diffuso, un azionariato popolare. Si occupo' personalmente di andare a proporre le azioni a gente che non era mai stata in una banca: fornai, lattai, droghieri, ristoratori, idraulici, barbieri.
Oggi si parla di austerity, di termini inglesi come leverage (il rapporto tra capitale e prestito), di rigore. Ricordo che anche allora si dicevano le stesse cose: in due mesi aveva raccolto 70.000 $, ma ne aveva impiegati 90.000 e i suoi soci erano preoccupati.
Come faremo? – strillavano. Bisogna avere fiducia nella gente – rispondeva lui agli altri.
La gente, la ripago', la sua fiducia. Comincio' ad andare nella banca che permetteva loro di finanziare una bottega, di avere un reddito dignitoso, di comprare una casa, di metter su famiglia, di mandare i figli a scuola.
In un anno, quei 70.000 $ divennero 700.000 $, e la banca continuava a crescere e a dare fiducia.
Nel 1906 a San Francisco avvenne un fatto terribile. Il terremoto distrusse la citta' e la gente si aggirava disperata per le strade, avendo perso tutto, casa e lavoro. Quell'uomo, mentre gli strozzini si aggiravano per le strade, ando' sul molo della citta', mise un tavolaccio di legno appoggiato su due barili, in mezzo alla folla dei disperati, ci sali' sopra ed espose un cartello, con il titolo "Banca di (X), aperto ai clienti".
Il nome della X ve lo diro' alla fine di questa storia.
Resta il fatto che quell'uomo mise un sottotitolo che aveva lui stesso dipinto sul cartello quella notte: "prestiti come prima, piu' di prima".
Quell'uomo si chiamava Peter, e stava realizzando il suo sogno di aprire una banca per i piccoli imprenditori, i diseredati, gli emigranti. La "banca" venne assalita da persone che avevano idee per ricostruire la citta' e lui prestava soldi con il suo metodo, guardando le persone negli occhi e osservando i calli sulle mani. Segnava i crediti su un quadernetto, annotando nomi e cifre.
Girava con un carretto ed elargiva prestiti sulla fiducia, senza garanzia, a persone che non avevano potuto andare a scuola e che per lo piu' firmavano con una croce. Li valutava fidandosi della loro parola e del loro onore. Lui dava fiducia a quelli che avevano delle idee, dei progetti, non a quelli che avevano dei soldi o proprieta' da dare in garanzia.
I suoi consiglieri gli dicevano che era un pazzo, che sarebbe finito in rovina. Invece, successe una cosa che nessuno si sarebbe aspettato. Quei piccoli imprenditori tornarono da lui, portando tanti altri amici, gente che toglieva i propri pochi depositi dalle altre banche e li andava a investire da Peter, l'uomo col carrettino. Pochi depositi, ma erano milioni di persone. Tutti gli immigrati della California, i nuovi piccoli imprenditori, vennero presto a conoscere la storia dell'uomo col carrettino e il nome di Peter divenne in breve mito, e da mito leggenda.
Successe che l'uomo che dava fiducia al prossimo ricevette fiducia dal prossimo e i suoi conti crebbero, perche' tutti volevano portare i propri risparmi alla banca di Peter. La sua politica era diversa da quella di tutte le banche dell'epoca ed era volta a dare soldi ai piccoli, agli artigiani, ai commercianti, agli agricoltori, ai piccoli imprenditori. La banca di Peter negli anni crebbe in tutta la California, aprendo filiali a San Francisco, a Los Angeles, fino ad attraversare l'immensa giovane nazione ed arrivare, nel 1919, a New York.
Otto anni dopo, quella banca cambio' nome, e divenne la Bank Of America.
All'epoca, i consiglieri della banca proposero un premio al suo fondatore, di addirittura 50.000 dollari. L'uomo, che aveva gia' guadagnato nella sua carriera quasi mezzo milione di dollari, restando fedele al suo detto di quando, da giovane, aveva deciso di creare una banca, per evitare di "essere posseduto dalla ricchezza" rifiuto' il premio, dicendo che chiunque desiderasse avere piu' di 500.000 dollari doveva farsi vedere da un dottore. La smania di denaro e' una brutta cosa – disse una volta – io non ho mai avuto quel problema.
Detto da uno che a sette anni aveva visto il padre ucciso dopo un litigio per un dollaro, c'era da credergli. Infatti, fece devolvere piu' volte vari premi alla ricerca scientifica.
Oggi le banche aborrono progetti innovativi e la finanza moderna pretenderebbe che non si investa in progetti originali e non consolidati, senza patrimoni
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dell'imprenditore e adeguate garanzie. Pensate allora a cosa doveva voler dire, all'epoca, finanziare una cosa sconosciuta e incredibile che si chiamava cinematografo: follia, per i suoi colleghi.
Peter, a differenza di tutti gli altri banchieri, presto' i suoi soldi a un geniale innovatore, consentendo nel 1921 a tutto il mondo di conoscere "Il Monello", il meraviglioso film di Charlie Chaplin.
Anni piu' tardi, finanzio' Walt Disney, che gli parlava di finanziare un'altra incredibile rivoluzione tecnologica e cioe' i cartoni animati. Il mondo conobbe cosi' la favola di "Biancaneve e i sette nani."
Ancora, finanzio' un visionario siciliano, Francesco Rosario Capra, rimasto senza lavoro per la crisi del '29, rivelando cosi' al mondo il genio del celeberrimo regista Frank Russel Capra.
Cosi', mentre gli esperti di finanza insegnavano l'importanza di adottare regole restrittive, Peter finanziava i piccoli imprenditori guardandoli negli occhi e alla fine, tirando i conti, si scopri' che il 96% dei prestiti della banca erano stati rimborsati, senza alcuna garanzia. Alla fine della seconda guerra mondiale, la banchetta nata in un bar, proseguita su un carrettino, che ora si chiamava Bank Of America, supero' per depositi la First National Bank e la Chase Manhattan Bank, le due piu' grandi banche di New York, diventando cosi' la piu' importante banca del mondo.
Dopo la fine della guerra, Peter volle che la Bank of America si impegnasse in prima persona nel piano Marshall, cioe' nel gigantesco piano di ricostruzione che ha consentito anche al nostro Paese di ripartire, finanziando cosi', indirettamente, milioni di nostri piccoli imprenditori.
Quando, nell'ottobre del 1945, lascio' la Presidenza della banca, lascio' i cassetti aperti, affermando che "ne' lui, ne' la sua banca, avevano nulla da nascondere".
Quando mori', quattro anni piu' tardi, dall'inventario dei suoi beni si scopri' che aveva mantenuto la sua parola, e pur essendo stato il banchiere della banca piu' grande del mondo, il suo patrimonio ammontava esattamente a soli 489.278 dollari, meno del mezzo milione per cui, secondo lui, uno sarebbe dovuto farsi vedere da uno psichiatra.
Puo' sembrare una favola, ma e' storia vera.
L'ho raccontata perche' oggi, se mi guardo intorno, io non vedo una situazione abissalmente diversa dal disastro di San Francisco del 1906 o dalla crisi del '29. Mentre i politici parlano di riforma della legge elettorale, le imprese chiudono ogni giorno, la gente e' a spasso, molti restano senza lavoro e senza speranza.
Allora, esistevano uomini di banca come Peter. Oggi i piccoli imprenditori sono disperati.
Le banche ripetono il mantra appreso da docenti, banchieri e politici che parlano in lingua inglese, chiedono garanzie, e si sente a ogni angolo la parola "austerithy".
Gli anglosassoni ci vengono a insegnare come si fa il mestiere di banchiere e i tedeschi ci insegnano il rigore.
Ora, io avrei un sogno.
Vorrei che in una nostra citta', una qualunque, tra le macerie della nostra economia, un banchiere italiano, un politico italiano, uno statista, prendesse un tavolaccio, lo mettesse in mezzo a una strada e poi ci salisse sopra. Vorrei che ci posasse sopra un cartello con una scritta a mano in cui si leggesse: "Da oggi, prestiti all'economia, come prima, piu' di prima. Sottotitolo: colleghi, l'austerity ve la potete mettere in quel posto."
E poi, vorrei che quest'uomo cominciasse a ridisegnare le regole del gioco della finanza mondiale, per insegnare a tutti che noi italiani non abbiamo bisogno di lezioni da nessuno, sul come si fa a fare il mestiere del banchiere. Il vero banchiere non chiede le garanzie, ma guarda i calli sulle mani.
Questo, sarebbe il mio sogno.
Perche' sul cartello che quell'uomo aveva scritto di suo pugno, su quel tavolo in mezzo alla strada, c'era il nome della sua banca: Bank of Italy. Questo era il nome originario di quella che sarebbe divenuta, molti anni dopo, la piu' grande banca del mondo: la Bank of America.
Il suo fondatore, l'uomo che guardava gli altri negli occhi e finanziava guardando i calli delle mani, l'uomo che si alzo' in piedi insegnando al mondo a rialzarsi in piedi, l'uomo che insegno' a tutti che fare banca non significa chiedere regole, ma dare fiducia, non era un anglosassone. Peter era il secondo nome di Amedeo Giannini, in cerca di fortuna nell'America di fine ottocento, figlio di poveri migranti dell'entroterra ligure.
C'era una volta un banchiere.
Era un uomo vero.
Era un italiano.

Per ogni chiarimento contattatemi pure all'indirizzo [email protected] e saro' lieto di rispondere alle vostre domande.
Tratto da:http://www.massimobolla.it




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Come compro un mitra PM 40 con 2000 euro nel campo nomadi di Lainate. Auto di lusso e droga

Pubblicato su 27 Febbraio 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
Tratto da: Come compro un mitra PM 40 con 2000 euro nel campo nomadi di Lainate. Auto di lusso e droga - Video Dailymotion





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E’ nata la Delirium tax. La tassa delirio del Comune di Bologna su zerbini, menù dei ristoranti e cartelli degli orari

Pubblicato su 27 Febbraio 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA
La fantasia al potere partorisce grandi colpi di genio quando i sindaci dem la applicano per tassare esseri viventi e oggetti inanimati in nome del bilancio. A Bologna è nata la Delirium tax, come l’ha chiamata in prima pagina il quotidiano Italia Oggi. Il sindaco Pd Virginio Merola ha deciso che qualsiasi forma di pubblicità deve essere tassato. Nel ventaglio di bersagli capita davvero di tutto e soprattutto sfuggire alla morsa degli esattori comunali è praticamente impossibile. Il delirio è destinato a non fermarsi a Bologna, dove certo non si sono inventati niente, ma l’inedito sta nell’applicazione della gabella che sta piacendo a diversi sindaci pronti a portare la genialata anche nei proprio comuni.
Lo zerbino – La Delirium tax bolognese si applica, ad esempio, sui menu dei ristoranti esposti all’esterno dei locali. Una bella fregatura considerando che i ristoratori sono obbligati ad esporre piatti e relativi prezzi fuori dal proprio locale, se non vogliono rischiare il multone. I gabellieri del comune di Bologna, racconta Italia Oggi, sono arrivati a far rientrare nella tassa delirante anche il cartello “Qui si fa lista nozze” in un negozio di oggettistica, la proprietaria ha dovuto sborsare 500 euro. Colpito anche un cartello con le offerte del mese di un ottico e udite udite anche quello con gli orari di apertura: “Era esposto in vetrina” si sono giustificati gli zelanti funzionari. Si arriva anche al tragicomico delirio per le 52 euro pagate da un tabaccaio che ha esposto la scritta “Self service 24 ore su 24″. Tassato anche lo zerbino di un gioielliere con le sue iniziali, l’adesivo con le carte di credito accettate in un ristorante e un barista si è visto arrivare una cartella da 3000 euro per aver esposto un adesivo con i nomi delle ditte dei suoi gelati.
Meglio fuggire – I commercianti bolognesi ora hanno un diavolo per capello. Il sindaco ha preferito mandare il suo vice per incontrare i rivoltosi che hanno strappato solo uno sforzato: “Siamo pronti a migliorarla”. Commercianti e artigiani di Bologna saranno contenti di lavorare nella seconda città con la pressione fiscale più alta d’Italia. La Cna ha stimato che una piccola impresa commerciale bolognese arriva a pagare fino al 74,2% del proprio reddito per soddisfare la voracità del fisco. In piena crisi economica, dal 2011 al 2014 la pressione fiscale sui piccoli esercizi bolognesiu è cresciuta del 9,6%. C’è anche chi ha rinunciato a organizzare la Sensation white night, una specie di flash mob in cui ci si ritrova a centinaia per cenare all’aperto vestiti di bianco: le tasse da pagare sono aumentate rispetto lo scorso anno e stavolta sarebbero state insostenibili.
Fonte: La tassa delirio del Comune di Bologna su zerbini, menù dei ristoranti e cartelli degli orari - Libero Quotidiano




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mototopo

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De Benedetti fallito e salvato: le banche acquistano Sorgenia

Pubblicato su 1 Marzo 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in POLITICA, ECONOMIA
Mentre salvano la tessera nr. 1 del PD, gli artigiani, il commercio al dettaglio, la piccola impresa debbono fallire.
Questa è la giustizia sociale del " nuovo che avanza".
Claudio Marconi
Dal tribunale via libera al piano di riassetto del gruppo energetico che aveva accumulato quasi due miliardi di debiti. E il governo Renzi gli regala altri 150 milioni di incentivi

Di: Stefano Filippi
La società energetica evita così il fallimento passando - a breve - sotto il controllo delle banche. L'omologa del tribunale era l'ultimo passo per il salvataggio del gruppo controllato dalla Cir (famiglia De Benedetti) e dall'austriaca Verbund. Con questo passaggio vengono autorizzati un aumento di capitale da 398 milioni e un prestito convertendo da 198 milioni: in questo modo le banche con cui Sorgenia era indebitata potranno trasformare i loro crediti in capitale. Il creditore che rischiava di più è il Montepaschi (600 milioni).
È un'operazione alla portata di tutti gli imprenditori esposti con il sistema creditizio? Certo che no. Di solito le banche chiedono ai debitori di rientrare velocemente e senza discutere troppo. E, prima ancora, si guardano bene dal prestare soldi a imprenditori che mostrino crepe nell'assetto finanziario. In questi anni di crisi non si contano gli artigiani che hanno chiuso bottega perché le banche non concedevano dilazioni ai debiti. O i proprietari di case pignorati perché non ce la facevano a pagare le rate del mutuo.
Non è stato così con Sorgenia: tutti ai piedi dei De Benedetti. Lo scorso luglio, quando fu raggiunto l'accordo base per evitare il fallimento, il gruppo energetico aveva accumulato un debito mostruoso: quasi 2 miliardi di euro con 21 istituti. Che in passato avevano largheggiato con la società controllata dall'editore di Repubblica ed Espresso (in anni recenti ha lasciato i ruoli operativi ai figli) nonostante che le attività di Sorgenia andassero male. Uno degli asset più famosi, la centrale elettrica a carbone di Vado Ligure partecipata tramite Tirreno Power, ha perso 384,4 milioni di euro tra inizio 2013 e ottobre 2014 ed è gravato da un debito di 894 milioni.
Con somme di questa portata le banche avevano bisogno di un «incentivo» per impegnarsi ancora a non affossare la società energetica della famiglia De Benedetti. Un paio di settimane prima che fosse ratificato l'accordo che prevede l'uscita dall'azionariato di Cir e Verbund, l'aiutino è arrivato puntuale dal governo Renzi. Il che spiega anche perché il quotidiano di famiglia sia così benevolo con il premier.
Si tratta di un decreto firmato a fine giugno dal viceministro dello Sviluppo economico Claudio De Vincenti (professore alla Sapienza molto vicino a Bersani e Visco): sembra che la titolare del dicastero, Federica Guidi, non ne fosse informata a differenza del presidente del Consiglio. Il provvedimento era previsto anche nelle leggi di stabilità dei governi Monti e Letta. Insomma, a sinistra cambiano i governi, non l'ossequio all'Ingegnere.
Il «capacity payment» fu introdotto nel 2003 (governo Berlusconi, ministro Marzano): è un incentivo pubblico concesso ai produttori di energia che s'impegnavano ad aumentare la produzione in caso di picchi di richiesta. Negli anni successivi la capacità è aumentata e il problema è venuto meno: non così il fabbisogno e le richieste di Sorgenia. Così il fondo è stato dotato di circa 700 milioni di euro, e la società ne dovrebbe attingere tra il 20 e il 25 per cento, quindi almeno 150 milioni. Un bell'incentivo pubblico per salvare l'ex società energetica dei De Benedetti.
Tratto da:IlGiornale.it - Le ultime notizie su attualità, politica ed economia





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mototopo

Forumer storico
Meglio da soli che globalizzati

Pubblicato su 28 Febbraio 2015 da FRONTE DI LIBERAZIONE DAI BANCHIERI - CM in IPHARRA, POLITICA
Intervista al filosofo italiano Diego Fusaro su Fichte, l'anarchia del commercio, lo Stato commerciale chiuso e un'Europa "geopoliticamente distrutta"

Intervista a cura di Tommy Cappellini
Fusaro, perché recuperare questo testo poco conosciuto di un filosofo già difficile e problematico di suo?
«Vero, Fichte ha un’aura diabolica ed è tra gli autori rimossi dal canone occidentale. Dal punto di vista teoretico, è spesso presentato come astruso e poco comprensibile, per via della sua Dottrina della scienza, di fatto complessa. Dal punto di vista politico, poi, apriti cielo. A differenza di Marx, cui vengono imputati i gulag, e di Nietzsche, cui viene imputato Auschwitz, a Fichte mettono in carico tutte due le cose. Nello specifico, con Lo Stato commerciale chiuso si insinua che abbia precorso l’economia stalinista, coi Discorsi alla nazione tedesca il nazismo tout court. Non è così».
Niente di più falso?
«Niente di più falso».
Spieghiamo allora l’espressione «anarchia del commercio».
«Questa di Fichte è una definizione perfetta e precisissima per cogliere ciò che chiamiamo globalizzazione, deregulation, laissez-faire, “togliamo lacci e lacciuoli” e altri desiderata di sapore evangelico lanciati da chi vuole produrre uno spazio commerciale in cui a condurre i giochi è unicamente il momento economico autonomizzatosi. Uno spazio deterritorializzato e svuotato da ogni radicamento comunitario e culturale, con i cittadini come meri atomi di scambio e consumo, senza patrimonio simbolico e senza tradizione, plasmati dalle reificanti prestazioni del do ut des mercatistico».
Tradotto, addio Heimat?
«La tendenza è dappertutto. L’anarchia del commercio cerca di destrutturare ogni potere, ogni comunità, ogni nazione, in modo che possa imporsi la disorganizzazione organizzata del capitale senza controllo. Davanti a tutto questo, Fichte è per un concetto non-liberale di libertà e contesta la visione di chi vuole uno Stato che faccia solo il pigro guardiano notturno, di modo venga rispettata l’unica libertà che oggi si è imposta senza resistenze: la libertà di mandarsi in rovina a vicenda, come dice Fichte».
Che dal canto suo cosa propone?
«Per dirla con Hegel, uno Stato etico che garantisca diritti sociali inalienabili e che metta la comunità prima dell’individuo isolato che si arricchisce a scapito degli altri in nome del sacro dogma della competitività».
Storicamente, umanamente, una via poco praticabile. Da dove iniziamo?
«Dalle basi. Fichte articolò il progetto – che sottopose ai politici dell’epoca – in tre momenti: lo Stato come deve essere, cioè quello che garantisce ai cittadini valori fondamentali; lo Stato com’è, vale a dire, oggi, lo Stato che tutela solo le transazioni economiche tra individui, e poco anche queste; e il terzo momento, il tentativo di coniugare l’essere con il dover essere».
E qui arriviamo allo «Stato commerciale chiuso». Idea che si potrebbe rilanciare, per vedere che effetto fa.
«Con la premessa che sul piano globalizzato del commercio mondiale la politica è quasi neutralizzata. Fichte, comunque, propone di ricostruire, attraverso puntuali strategie che ripercorro nel mio saggio, piccole unità politiche che siano autarchiche. Ogni Stato ha in sostanza ciò che basta per garantire una vita adeguata; il resto, per esempio bere tè cinese in Germania, consiste in bisogni indotti. Radicale, lo so. L’idea di Fichte è garantire, tramite lo Stato, il primato della politica sull’economia: la globalizzazione è esattamente il trionfo di un’economia spoliticizzata in cui a decidere sono i cosiddetti mercati».
Ogni critica radicale è di un ottimismo folgorante, diceva quel tale.
«E porta alla luce dinamiche fastidiose ma vere. Manca poco che vivremo in un mondo in cui merci e capitali si muoveranno liberamente, ma le persone no. Alla faccia di Schengen. Accade quando l’unico valore condiviso è il fiscal compact. Aggiungo una cosa sull’immigrazione: una sciocchezza prendersela coi migranti. Non sono che il prodotto del finanzcapitalismo. Il nemico è altrove».
A Bruxelles, per caso?
«Intanto bisogna constatare che l’Europa è distrutta sul piano geopolitico. Torniamo a Fichte: nei Tratti fondamentali dell’epoca presente, successivo allo Stato commerciale chiuso, scriveva che l’Europa nasce come unità nella pluralità, quest’ultima tenuta insieme dalla fede cristiana. Oggi si è all’interno di un’unità senza pluralità. Quella dell’Handelsanarchie. Non c’è negoziazione del diritto alla differenza, ma imposizione di un unico ordine economico a Paesi che hanno realtà differenti».
Con l’euro come grimaldello?
«L’euro non è una moneta: è un metodo di governo neoliberale. È stato usato per un’annessione brutale di Paesi come Italia o Spagna, simile a quella accaduta tra Germania ovest e est nel 1989. Inutili girarci intorno: bisogna tornare a mettere i valori dello spirito prima di quelli economici; rifare un’Europa che non sia alfiere di nessuna special mission, come gli Stati Uniti, ma che sia una confederazione di Stati democratici fratelli. In altre parole, andare con Fichte oltre Fichte».
Fonte:
Il Corriere del Ticino

Tratto da:http://www.lintellettualedissidente.it/rassegna-stampa/meglio-da-soli-che-globalizzati/





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:wall::wall::wall::wall::wall:Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


35 min ·




Mi raccomando: pagate il canone Rai, che scade oggi. Così potete ascoltare la propaganda del "giornalista" Franco Di Mare pagato per pontificare sui complottisti, deridendoli e ridicolizzandoli.
http://www.rai.tv/…/ContentItem-a05a5186-5e79-43c7-8f9d-8c8…





Saro' Franco del 23/02/2015 - I complottisti
Rivedi l'editoriale di Franco di Mare del 23/02/2015
Rai.tv - Homepage







:rolleyes:



Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


14 h ·





Mogherini: ”Le sanzioni alla Russia hanno funzionato”.
E in effetti hanno funzionato talmente bene che il nostro export verso Mosca è letteralmente crollato. Il made in Italy nel 2014 «ha perso oltre 1,25 miliardi di export in Russia:rolleyes::cool::cool::cool::wall::wall::wall::wall::wall::no::no:
 
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