Mini guida alla tassazione del TFR, il trattamento di fine rapporto, anche alla luce delle ultime novità previste dalla legge di stabilità 2015 che prevede l’erogazione, a richiesta del lavoratore, ogni mese in busta paga di una quota della liquidazione. Per la tassazione TFR 2015 potete consultare Tassazione TFR 2015: in busta paga e ordinario, ecco le aliquote

Accantonamento TFR: le possibili opzioni

Quello che viene comunemente denominato TFR, è l’acronimo del trattamento di fine rapporto, ossia la prestazione economica che compete al lavoratore subordinato all’atto della cessazione del rapporto di lavoro ( per qualsiasi motivo, sia esso licenziamento, dimissioni, o raggiungimento dell’età della pensione).

Annualmente spetta al datore di lavoro ( l’azienda) accantonare il Tfr maturato dai propri lavoratori. Tuttavia il lavoratore può anche  decidere di conferire il trattamento di fine rapporto al fondo di previdenza complementare e in questo caso, sarà il datore di lavoro a effettuare i versamenti delle quote maturate e dell’eventuale contribuzione a proprio carico.

Calcolo TFR: gli step da seguire

La retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto è costituita da tutti gli elementi retributivi del rapporto di lavoro minimo contrattuale come:

  • scatti di anzianità,
  • maggiorazione turni,
  • straordinario fisso ripetitivo,
  • premi presenza,
  • valori convenzionali mensa,
  • indennità per disagiata sede,
  • provvigioni,
  • premi e partecipazioni,
  • altre somme riconosciute e corrisposte a titolo non occasionale.

Per calcolare quanto TFR spetta all’atto della cessazione del rapporto lavorativo occorre effettuare un “semplice” calcolo. La quota spettante corrisponde solitamente ad una mensilità all’anno e il calcolo si ottiene dividendo la retribuzione lorda per 13,5 e sottraendo la contribuzione dovuta all’Inps nella misura dello 0,5%.

 Tassazione separata TFR: ecco di cosa si tratta

L’importo così calcolato viene definito lordo, in quanto maturato inglobando anche le tasse dovute. Dal punto di vista prettamente fiscale, l”erogazione del Tfr è assoggettata a tassazione separata e il carico tributario varia in base al numero degli anni e frazioni di anni di anzianità di servizio.

In base all’attuale normativa le quote di TFR che sono maturate a partire dall’1 gennaio 2001 sono imponibili solo per la quota capitale , senza quindi considerare le rivalutazioni annuali.  In generale l’obbligo per il datore di lavoro di effettuare la ritenuta ai fini fiscali sorge al momento in cui il tfr viene erogato al lavoratore ( stesso discorso per le indennità equipollenti come l’indennità di buonuscita). In ogni caso la data del 1° gennaio 2001 fa da spartiacque, considerando che le somme maturate prima di tale data sono disciplinate in un particolare modo, mentre quelle maturate dopo sono disciplinate differentemente. Si distingue così:

  • per le quote maturate sino al 31.12.2000 la tassazione è interamente effettata da parte del datore di lavoro,
  • per le quote maturate dopo il 1.1.2001 sono soggette a ritenuta parziale da parte del datore di lavoro, in quanto sarà poi l’Amministrazione finanziaria ad effettuare il calcolo corretto dell’imposta dovuta.

 

Aliquota tassazione TFR: ecco come si determina

Dopo aver determinato la base imponibile totale del TFR occorre determinare l’aliquota media che sarà applicabile alla stessa. L’imposta calcolata infatti non è applicata a titolo definitivo poiché viene successivamente riliquidata da parte dell’Agenzia delle Entrate, in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni precedenti a quello in cui maturato il diritto all’erogazione del Tfr.

Casi particolari e riduzioni

Per i rapporti di lavoro con durata inferiore ai due anni e per i TFR che hanno un reddito di riferimento non superiore ai 30 mila euro, con diritto che sorge a partire dal 1° aprile 2008 sono previste detrazioni particolari. Inoltre  ai sensi dell’art. 1 del D.M. 20.03.2008 emanato in attuazione della legge n. 244 del 2007 viene applicata una particolare riduzione a partire dall’indennità e trattamenti corrisposti dopo il 1° aprile 2008, sull’importo totale da versare all’erario.

Tali riduzioni sono pari a :

  • 70 euro qualora il reddito di riferimento non supera i 7.500 euro;
  • 50 euro più 20 euro x( 28 mila euro – reddito di riferimento)/ 20.400 euro se l’ammontare del reddito di riferimento è comunque superiore a 7500 euro ma non a 28 mila euro;
  • 50 euro x ( 30 mila euro – reddito di riferimento) /20.500 euro, se il reddito di riferimento è superiore a 28 mila euro ma non a 30 mila euro.

Successivamente a tali operazioni gli uffici dell’agenzia delle entrate riliquidano l’imposta dovuta in base all’aliquota media di tassazione dei 5 anni anteriori alla cessazione del rapporto di lavoro, e nel caso in cui l’importo dovuto sia superiore, è direttamente il Fisco a chiedere al contribuente di versare la maggiore imposta.

Indennità equipollenti TFR: cosa sono

Parlando di trattamento di fine rapporto, si devono anche considerare le cosiddette indennità equipollenti al TFR che sono quelle indennità, comunque denominate (indennità di buonuscita, Tfs, indennità premio di servizio), commisurate alla durata dei rapporti di lavoro dipendente del settore pubblico (pubblico impiego) e corrisposte alla cessazione dei medesimi. Le indennità sono in genere imponibili per un importo che si determina riducendo l’ammontare netto per una somma pari a 309,87 euro per ogni anno in cui si è maturata tale tipo di indennità. Nel caso in cui il reddito inoltre non superi i 30 mila euro  per le indennità erogate dopo il 1° aprile 2008 viene applicata un’ulteriore riduzione ( 61,97 euro per ciascun anno). L’imposta è determinata applicando un’aliquota  definita in base alla formula:  ( indennità + somme versata a fondi di previdenza) x12 / numero di anni di anzianità effettiva A tale somma viene tolta una detrazione calcolata  in base all’aliquota del contributo previdenziale posto a carico dei lavoratori dipendenti e l’aliquota del contributo versata dal fondo o cassa di previdenza.

 Anticipo TFR: linee generali

Il lavoratore con almento  8 anni di anzianità lavorativa può richiedere al proprio datore di lavoro un anticipo del trattamento di fine rapporto che non superi il  70% del TFR maturato.

L’anticipo può essere richiesto una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e solo nel caso in cui sussistano particolari necessità come:

  • acquisto prima casa per se stessi o per i propri figli;
  • sostenimento di spese sanitarie per terapie mediche
  • interventi straordinari.

 

TFR in busta paga: la novità nella legge di Stabilità 2015

La legge di stabilità 2015 ha previsto che dal 1 marzo  marzo 2015 al 30 giugno 2018, i lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi i lavoratori domestici e quelli del settore agricolo), che abbiano un rapporto di lavoro  da almeno 6 mesi presso la stessa azienda, possano richiedere al medesimo datore di lavoro  di percepire la quota maturanda “tramite liquidazione diretta mensile della medesima quota maturanda come parte integrativa della retribuzione”.  In sostanza ciò significa che i dipendenti del settore privato, nel periodo compreso tra marzo 2015 e giugno 2018, possono chiedere il TFR maturato direttamente nella busta paga. Approfondisci Stabilità, TFR in busta paga su base volontaria dal 2015 Liquidazione Tfr in busta paga, ecco come cambierà

Tassazione TFR busta paga: conviene davvero?

Per quanto riguarda la tassazione del TFR in busta paga, la legge di stabilità 2015 prevede che: “La predetta parte integrativa della retribuzione è assoggettata a tassazione ordinaria e non è imponibile ai fini previdenziali”. Cosa significa? Che se il TFR è inserito nella busta paga mensile, sarà soggetto a tassazione ordinaria e non a tassazione separata, come  è previsto attualmente se il TFR viene pagato alla cessazione del rapporto di lavoro. Conviene in termini economici?
A fare le prime valutazioni è la CGIA di Mestre che individua due casi limite di lavoratore che chiede il TFR in busta paga:
  • dipendente senza famigliari a carico: aggravio fiscale  tra i 236 euro all’anno (nel caso di un lavoratore con un reddito imponibile Irpef di 15.000 euro) fino a 623 euro (nel caso di un reddito da lavoro dipendente di 80.000 euro).
  •  dipendente con moglie e un figlio a carico: aggravio fiscale  tra i 362 euro (per un lavoratore con un reddito imponibile Irpef di 15.000 euro) e i 696 euro (nel caso di un reddito da lavoro dipendente di 80.000 euro).

Secondo i calcoli elaborati dall’Ufficio studi della CGIA, l’aggravio fiscale  rispetto all’erogazione della liquidazione al termine del rapporto di lavoro, oscillerebbe tra i 230 e i 700 euro circa e ci sarebbe l’incremento al crescere del livello di reddito del soggetto richiedente.