Cambiano i limiti per il pignoramento presso terzi. Come avviene ogni anno in base alle variazioni Istat, sono stati aggiornati i limiti al di sotto dei quali un creditore non può pignorare lo stipendio, la pensione o il conto corrente del debitore.

Tale limite è disciplinato dall’art. 545 del codice di procedure civile che fissa il limite del pignoramento in base all’importo dell’assegno sociale Inps che per il 2020 è pari a 459, 83 euro. Il che significa che non si potrà pignorare la pensione se è inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale (689,74 euro), mentre è vietato pignorare il conto corrente con meno del triplo di tale assegno (1.379,49 euro).

Ma vediamo come funzionano i pignoramenti per tipologia.

Pignoramento stipendio e limite di legge

Il lavoratore moroso non potrà essere privato di somme di denaro al di sotto di una particolare soglia. La legge fissa infatti a un quinto l’importo massimo pignorabile in busta paga, al netto di tasse, contributi, crediti, assegni familiari, ecc. Pertanto, se un lavoratore percepisce uno stipendio di 1.200 euro mensili, gli verranno detratte 240 euro. Inoltre, secondo quanto previsto dall’articolo 545 del codice di procedura civile, le somme dovute a titolo di stipendio o salario che sono state già accreditate sul conto bancario o postale intestato al debitore prima del pignoramento possono essere pignorate solo per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale. Nel caso in cui, invece, l’accredito dello stipendio avvenga successivamente o contestualmente al pignoramento potrà essere pignorato entro il limite massimo di un quinto.

Pignoramento presso banca

Diverso è il sistema di pignoramento presso conto bancario o postale. In questo caso viene coinvolto l’intermediario bancario. La procedura presso il tribunale è la stessa per il pignoramento dello stipendio con comparizione delle parti e decreto che autorizza il pignoramento. In questo caso il limite massimo pignorabile  è pari al triplo dell’importo dell’assegno sociale (459,83 euro).

Dunque, seguendo tale ragionamento, la somma che non può essere pignorata è pari a 1.379,49 euro. Quindi, se sul conto ci sono 10.000 euro, il creditore potrà pignorarne 8.620,51.

Pignoramento pensione e limite vitale

Anche per il pignoramento della pensione esiste un limite oltre il quale non è possibile aggredire l’assegno pensionistico. Tale limite è fissato nella misura di 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale che viene aggiornato di anno in anno. Questa soglia è ritenuta il “minimo vitale” al di sotto del quale non è possibile privare il debitore dei mezzi minimo di sostentamento. Per il 2020 l’importo dell’assegno sociale è pari a 459,83 euro per cui il limite di pensione non aggredibile è 689,74 euro. Pertanto, il pensionato moroso non potrà essere privato di somme di denaro al di sotto di tale soglia. E chi percepisce una pensione pari o inferiore a 1,5 volte il trattamento minimo è quindi posto automaticamente al riparo dai creditori. Diversamente, potrà essere pignorata la parte eccedente nella misura di un quinto dell’assegno pensionistico. Pertanto, se un pensionato percepisce una pensione di 1.200 euro mensili, gli verranno detratte 240 euro, mentre se un pensionato percepisce una pensione di 800 euro al mese, soltanto la parte eccedente i 689,74 euro potrà essere pignorata nella misura del 20%, cioè 22,05 euro.

Casi di esclusione

La pensione può essere pignorata anche da diversi creditori, sempre nella misura di un quinto e sempre nel rispetto del limite vitale non pignorabile. Il pignoramento congiunto di diversi creditori è possibile solo se appartengono a categorie diverse (ad esempio, erario, assegni alimentari, soggetti privati). Sono escluse dal pignoramento le pensioni sociali, la pensione di invalidità e l’assegno di accompagnamento.