Cos’è il congedo di maternità obbligatoria, anticipata o facoltativa? Chi e come può fruirne? Quando? Ecco tutte le risposte.

Congedo maternità INPS: di cosa si tratta

Questo articolo vuole essere una guida completa e chiara per le donne lavoratrici in gravidanza, uno strumento utile per conoscere i propri diritti in tema di congedo di maternità. Vediamo quindi che cosa prevede il congedo, quanto dura e quali casi particolari o eccezioni prevede la legge. Il congedo di maternità viene definito come un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro che comprende i due mesi antecedenti la presunta data del parto (più i periodi di interdizione anticipata disposti dall’azienda sanitaria locale nel caso di gravidanza a rischio oppure dalla direzione territoriale del lavoro per mansioni incompatibili) e i tre mesi successivi alla nascita, salvo flessibilità.

In caso di parto anticipato rispetto alla data presunta (parto prematuro o precoce), ai tre mesi dopo il parto si sommano i giorni compresi tra la data effettiva e la data presunta e quindi non goduti. In caso di parto avvenuto dopo la data presunta invece non si viene penalizzate e si includono anche i giorni tra le due date nel congedo. In caso di parto gemellare la durata del congedo di maternità resta invariata.

Congedo di maternità: durata in casi particolari

Questa suddivisione dei cinque mesi (due più tre) può comunque subire delle variazioni. La legge prevede esplicitamente alcune ipotesi: la Corte Costituzionale ha stabilito che se in caso di parto prematuro il neonato viene ricoverato, la lavoratrice può differire, in tutto o in parte, la fruizione del congedo di maternità post partum al momento dell’ingresso del neonato nella casa familiare, sempreché le condizioni di salute della stessa ne consentano il rientro anticipato a lavoro. In linea di massima si può anticipare l’inizio del congedo in caso di gravidanza a rischio o quando le condizioni lavorative e ambientali siano troppo pericolose per la donna incinta.

In questi casi la competenza a decidere sulla richiesta spetta rispettivamente alla Asl e alle Direzioni Territoriali del Lavoro. Qualora la lavoratrice sia addetta a lavori insalubri e non possa essere adibita ad altre mansioni, è ammessa una proroga dell’astensione obbligatoria fino a 7 mesi dopo il parto. L’interruzione di gravidanza che si verifica dopo i 180 giorni dall’inizio della gestazione (180simo giorno incluso) è considerata a tutti gli effetti come un “parto”. Ne consegue che la lavoratrice mantiene il diritto al congedo a mano che non sia lesi stessa ad avvalersi della facoltà di riprendere l’attività lavorativa. L’insorgere di una malattia durante il periodo di congedo per maternità post partum non interrompe il decorrere del congedo stesso. Nel caso di morte del neonato durante il parto o nei tre mesi immediatamente successivi, la lavoratrice non può essere licenziata per tutto il periodo del congedo e mantiene il diritto relativa indennità. In caso di adozione o affidamento nazionale di minore il congedo di maternità spetta per i 5 mesi successivi all’effettivo ingresso in famiglia del minore adottato o affidato. Le libere professioniste iscritte alla gestione separata Inps non hanno l’ obbligo di astensione; tuttavia alla permanenza volontaria al lavoro consegue la perdita del diritto all’indennità di maternità.

 Retribuzione durante il congedo di maternità: a quanto ammonta

Durante i periodi di congedo di maternità la lavoratrice ha diritto a percepire un’indennità economica pari all’80% della retribuzione giornaliera calcolata sulla base dell’ultima busta paga. Normalmente l’indennità è anticipata in busta paga dal datore di lavoro. Tuttavia esistono casi in cui l’indennità viene corrisposta direttamente dall’Inps, in particolare per le lavoratrici stagionali, per le operaie agricole, per le lavoratrici dello spettacolo saltuarie o a termine, per colf e badanti, per lavoratrici assicurate exIPSEMA e per lavoratrici disoccupate o sospese.