Abbiamo più volte sottolineato la differenza tra il nuovo contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act e il precedente indeterminato, ribadendo come le nuove regole diano al datore di lavoro maggiore libertà di movimento nei licenziamenti. Sul fronte del datore di lavoro questo si traduce inevitabilmente in meno garanzie. Ma le banche non la pensano così, o almeno Unicredit, che, stabilendo i criteri di valutazione per la concessione di prestiti e mutui a clienti privati ha di fatto equiparato il contratto indeterminato a quello a tutele crescenti dal punto di vista delle garanzie.

Contratto a tutele crescenti: Unicredit conferma regole e garanzie per i mutui

Questa nuova forma contrattuale non comporta quindi un cambiamento della valutazione creditizia che dell’offerta commerciale. Gabriele Piccini, Country Chairman Italy Unicredit, ha dunque spiegato che “i nuovi assunti, superato il periodo di prova, potranno accedere a mutui e prestiti secondo i criteri normalmente in uso, che in linea con le evoluzioni del mondo del lavoro valorizzano la continuità lavorativa indipendentemente dalla tipologia di contratto e dalla dimensione aziendale”. Piccini ha poi sottolineato come questa decisione sia in linea con “l’impegno di UniCredit a supporto delle necessità finanziarie dei privati e delle famiglie, testimoniato anche dalla crescita (+111%) dell’erogazione di mutui residenziali nel corso del 2014″.

Assunzioni a tempo indeterminato: le aziende che non cancellano l’articolo 18

Ma le polemiche su questa forma contrattuale continuano e ad opporsi in alcuni casi non sono solo i lavoratori dipendenti ma anche i datori di lavoro stessi. E’ il caso della Novartis di Varese che, per le ultime tredici assunzioni in azienda ha infatti deciso di non applicare le norme sul licenziamento inserite nel Jobs Act, concedendo ai nuovi lavoratori le garanzie del vecchio contratto e dell’<strong