Carlo De BenedettiNon sono bastati i 491 milioni di euro incassati da Cir, grazie alla sentenza sul lodo Mondadori, con cui la famiglia De Benedetti ha ottenuto un maxi-risarcimento dall’acerrima famiglia nemica dei Berlusconi. La holding ha comunque chiuso il 2013 in rosso per 270 milioni di euro, che senza il suddetto risarcimento sarebbe schizzato a oltre 600 milioni.

Il disastro dei conti si chiama Sorgenia, la società energetica controllata da Cir-Cofide per il 53% e che ha chiuso l’esercizio passato con un buco di ben 783 milioni di euro, in netta crescita dai 196 di passivo registrati nel 2012.

 

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Ma senza la zavorra di Sorgenia, Cir avrebbe chiuso lo stesso in passivo per 32,6 milioni, dopo i -304 milioni del 2012. Per questo, il cda non proporrà alcun dividendo per quest’anno all’assemblea degli azionisti. Al netto delle imposte e dei terzi, Sorgenia ha pesato sui conti di Cir per 491 milioni, ironia del destino, esattamente pari al risarcimento sborsato dal gruppo Fininvest in favore dei De Benedetti, pari a 491,3 milioni, ma che al netto delle tasse e di altre spese sono stati 344,2 milioni.

Non è andata meglio a  Cofide, l’altra holding della famiglia dell’Ingegnere, che ha chiuso il 2013 con un rosso di 130,36 milioni, in netto peggioramento dai -56,29 milioni del 2012. Anche in questo caso, ha pesato negativamente il bilancio di Sorgenia per 131,5 milioni. Male anche il fatturato, diminuito del 4,7% a 4,75 miliardi. E l’indebitamento netto è sceso a 1,88 miliardi dai 2,54 miliardi dell’anno precedente, ma per lo più per effetto della sentenza sul lodo Mondadori, mentre il patrimonio netto ammontava a fine 2013 a soli 1,59 miliardi. Insomma, più debiti che patrimonio

Anche in questo caso, il cda non proporrà alcun dividendo agli azionisti, mentre si apprende che Carlo De Benedetti non si ricandiderà per il consiglio di amministrazione di Cir e si è già dimesso da quello di Cofide.

Al suo posto subentreranno in Cir i figli Marco ed Edoardo.

Le prospettive sono fosche anche per l’anno in corso e legate in gran parte all’esito delle trattative con le 21 banche creditrici. 19 di queste vantano crediti per 1,8 miliardi di euro rispetto a Sorgenia, che dovrebbe passare nelle loro mani per il 98% del capitale, mentre Cir-Cofide e l’austriaca Verbund dovrebbero diluirsi al 2% complessivo.

Le trattative per Sorgenia

La famiglia De Benedetti tratta, non per salvare Sorgenia, ma sé stessa e gli amministratori della società. Pretende il diritto di manleva, ossia un accordo col quale le banche, una volta entrate in possesso di Sorgenia, rinuncino a tentare azioni legali contro i vecchi vertici, fino alla prescrizione dei reati ipotetici, che scatta dopo 5 anni dalla fine della carica. In  più, vorrebbe partecipare al 50% nella spartizione dei dividendi che dovessero ottenersi in futuro.

 

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La galassia dello strazio contabile dei De Benedetti non finisce qui. C’è anche il caso Tirreno Power, la società energetica al 39% di Sorgenia, per cui la proprietà risulta indagata per le ipotesi di reato di danno ambientale e omicidio colposo. Anche in questo caso, una montagna di debiti: 875 milioni di euro. La sola MPS risulterebbe esposta verso famiglia per 710,6 milioni. Se si considera che 600 milioni sono relativi alla sola Sorgenia, sarebbero poco più di 110 milioni i crediti di Siena verso Tirreno Power.

In tutto, i De Benedetti sono indebitati per 1,9 miliardi. Anche togliendo i debiti relativi a Sorgenia, rimane un buco di un miliardo.