banca marche crisiE alla fine anche Banca delle Marche si è dovuta arrendere. Venerdì, il Tesoro ha disposto l’amministrazione straordinaria, nominando commissari straordinari Federico Terrinoni e Giuseppe Feliziani e componenti del comitato di sorveglianza Giuseppe Guizzi, Giovanni Orsola e Massimo Spisni.

 

Crisi Banca Marche: ultima fermata per il piccolo istituto locale

La decisione è arrivata in seguito alla situazione finanziaria tragica dell’istituto marchigiano, ereditata dalla gestione dell’ex direttore generale Massimo Bianconi, il quale aveva esposto la banca a crediti in sofferenza per ben 2 miliardi di euro, ma che erano stati iscritti a bilancio fino all’esercizio 2011 come crediti in bonis, ossia soggetti a riscossione.

Così non era, tanto che solo esercizio 2012 e fino alla metà del 2013 si sono determinate perdite per 750 milioni di euro, facendo precipitare il capitale al 4,3%, circa la metà di quanto richiesto dalla Banca d’Italia come minimo per la prosecuzione dell’attività.

Invano si erano cercati 400 milioni per la ricapitalizzazione di Banca Marche, che non sono arrivati. Da qui, il commissariamento, che fa salire a 12 le banche attualmente sottoposte all’amministrazione straordinaria del Tesoro. Erano 4 alla fine del 2012, a conferma che la crisi finanziaria ha provocato uno sconquasso lampante negli ultimi mesi, mettendo in ginocchio i piccoli istituti, spesse volte mal guidati e privi di quella trasparenza necessaria per evitare situazioni di conflitto di interessi o altre patologie tipiche delle realtà estranee ai riflettori e all’attenzione mediatici nazionali.

 

Crisi delle banche: 12 istituti sono stati commissariati

Ecco l’elenco delle banche oggi commissariate: Istituto per il Credito Sportivo, Banca Tercas – Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo, BBC di Monastier e del Sile, BBC “San Francesco”, Banca Popolare di Spoleto, BBC del Veneziano, Banca dei Due Mari di Calabria Credito Cooperativo, BBC Euganea di Ospedaletto Euganeo, Banca Credito Cooperativo di Bene Vagienna, Cassa di Risparmio di Ferrara, BBC di Alberobello e Sanmichele di Bari e Banca delle Marche.

 

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Dai nomi si evince già la portata locale, spesso eccessiva, degli istituti in questione; dimensioni ridotte, scarsa capacità di attrarre capitali e risparmi, ma in molti casi sovradimensionati. Avrebbero la necessità di fondersi, di chiudere diversi sportelli, di avere capitali freschi. Ma chi mai vorrà imbattersi nell’assunzione di un rischio così alto, dovendo lottare contro i potenti sindacati dei bancari per il ridimensionamento degli organici e senza la possibilità, quindi, di varare un piano industriale sostenibile e credibile?

Gioca contro la possibilità di un salvataggio anche la scarsa trasparenza dei bilanci, di cui il caso Banca Marche è indicativo. In mancanza di impieghi remunerativi e alternativi, i prestiti vengono erogati agli amici, con scarsa considerazione per i rischi effettivi. I manager sono spesso ben più potenti degli azionisti di questi piccoli istituti e possono permettersi di fare ciò che vogliono con la gestione e i bilanci. La conseguenza sono i 12 commissariamenti che dicevamo.