La prima giornata dell’Eurogruppo di ieri è andata così così: meglio di quanto previsto dai pessimisti, ma peggio di quanto immaginato dagli euro-entusiasti. Il vertice dei 27 capi di stato e di governo si è aperto con un scontro inatteso tra il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese François Hollande. La prima aveva lanciato l’idea, ieri mattina al Bundestag, di istituire un commissario UE ai bilanci nazionali, con la possibilità che questi intervenga direttamente sulle misure adottate dai singoli governi e che ponga, persino, il veto.

Una sorta di commissariamento evidente, che la Germania vorrebbe imporre al resto dell’Europa, quanto meno all’Eurozona, in cambio dell’atteggiamento morbido espresso dal governo di Berlino, riguardo all’adozione del piano anti spread della BCE. Ma Hollande non ci sta e ieri aveva dichiarato stizzito che la Merkel starebbe pensando alle elezioni federali, non agli interessi dell’Europa. Chiara l’opposizione degli stati del Sud, Italia inclusa, che temono di cedere quote di sovranità nazionale ai tedeschi, i quali avrebbero sul commissario un ascendente a dir poco notevole.  

Vigilanza bancaria: un accordo in puro stile europeo

Ma se sul punto lo scontro resta aspro, un’intesa minima è stata, invece, raggiunta sulla vigilanza accentrata sulle banche. Stando al documento stilato ieri sera, i membri dell’Area Euro riconoscono che la BCE assuma poteri di supervisione sugli istituti dell’Eurozona nel corso del 2013 e che, in ogni caso, al primo gennaio 2014 il meccanismo debba essere operativo. Una mezza vittoria, per quanti temevano che i tedeschi avrebbero cercato di ritardare o di ridimensionare la portata della novità, magari limitandola ai soli istituti di dimensioni sovranazionali. Ma anche una mezza sconfitta per coloro che avrebbero desiderato (pura utopia) che l’intero impianto partisse dal primo gennaio 2013. La vera questione è un’altra. La Germania ha dato il suo assenso alla ricapitalizzazione diretta delle banche spagnole tramite il fondo ESM, a patto che le erogazioni avvengano quando sarà operativo e collaudato il nuovo sistema di vigilanza.

In altri termini, Berlino non consentirà che gli istituti iberici possano attingere direttamente ai finanziamenti dell’ESM, prima di svariati mesi, necessari a fare entrare in funzione il nuovo meccanismo. Il punto è che le banche di Madrid non potrebbero attendere tutto questo tempo, mentre l’ipotesi alternativa di fare ricorso all’istituto pubblico Frob è stata esclusa dal governo Rajoy, in quanto formalmente ciò graverebbe il debito pubblico nazionale, mettendone ancora più in dubbio la sostenibilità. Nulla, come nelle previsioni, sulla Grecia, se non una lettera di “rallegramento” (carta canta!) da parte dei 27, in relazione agli sforzi che il governo di Atene starebbe compiendo su risanamento e riforme. Coincidenza ha voluto che proprio ieri nella capitale greca, gli scioperi abbiano sortito scene di guerriglia, con la morte di un manifestante, pare per infarto, e il ferimento di altri. Dire che il “rallegramento” sia stato inopportuno è quanto meno il minimo (Grecia in fiamme: un morto negli scontri ad Atene. Al via il vertice Ue). I mercati oggi sono incerti, dopo diverse sedute all’insegna dell’ottimismo e il successo strabiliante del collocamento del BTp Italia, che ieri ha concluso l’emissione con 18 miliardi di raccolta, il massimo di sempre per l’Italia per una singola operazione. E che oggi il Financial Times giudica “un voto di fiducia” al nostro Paese (Btp Italia, record di richieste ma a che prezzo).  

La posta in gioco al vertice Ue è tutta interna alla Germania?

L’incertezza è dovuta all’inconcludenza del vertice sui nodi essenziali, come il salvataggio della Grecia, la messa in sicurezza delle banche spagnole e l’applicazione del piano anti-spread. Di più.

La Germania sembra reagire alla sconfitta di settembre contro Draghi con una proposta, che mira a porre tutti gli stati sotto tutela, attraverso il meccanismo esplicito del commissariamento. Fortuna vuole che oltre alle ostilità dei francesi, anche in patria c’è chi annuncia battaglia all’ipotesi: si tratta dei conservatori bavaresi della CSU e dei liberali della FDP, entrambi parte della maggioranza di centro-destra al Bundestag, ma ostili a una visione troppo euro-centrica delle politiche fiscali. Tuttavia, il rischio è che sconfitti pure sul commissario, i tedeschi rimettano in discussione anche il piano Draghi. E le voci su un cambio della guardia a Francoforte (Draghi sarebbe in pole position per l’elezione a prossimo capo dello stato italiano a maggio 2013) tra Italia e Germania lascia intravedere uno scenario meno rassicurante per la finanza mondiale attualmente pro-BCE.