Quotazioni in netta flessione per il petrolio, che cede anche oggi, dopo l’esito del referendum in Grecia, che bocciando le richieste dei creditori farebbe intravedere l’uscita dall’euro del paese e una possibile instabilità nell’unione monetaria. Il prezzo del Brent è scivolato in mattinata del 2,35% a 58,90 dollari, mentre quello del Wti americano sul pre-mercato cede l’1,91%, scendendo a 54,45 dollari. Rispetto a una settimana fa, il Brent perde 3,14 dollari, il greggio americano 3,39 dollari. Più marcata la variazione negativa su base mensile, rispettivamente di 4,35 e 4,36 dollari, ovvero in calo 6,9% e del 7,4%.

  APPROFONDISCI – Quotazioni del petrolio in calo e tante ragioni per prevedere il ritorno dell’orso   Ma il rischio Grexit non è l’unica variabile a determinare il tonfo di questi giorni dei prezzi energetici. L’Iran sarebbe vicino a un accordo sul nucleare con le altre potenze mondiali, anche se il segretario di Stato USA, John Kerry, ha dichiarato ieri che ci sarebbero ancora progressi da compiere su diversi punti difficili della trattativa. Il negoziato con Teheran scade domani, ma si parla di una seconda proroga di qualche giorno, dopo quella già concessa oltre il 30 giugno scorso, al fine di trovare un’intesa. Se questa arrivasse, le sanzioni internazionali contro l’Iran sarebbero almeno attenuate e ciò porterebbe a un aumento delle sue esportazioni di greggio fino a un milione di barili al giorno. Proprio la previsione di una crescita dell’offerta globale ha stabilizzato nelle ultime settimane le quotazioni nel range 60-65 dollari, anche se negli ultimi giorni si è registrata una tendenza ribassista, che ha portato i prezzi nel range inferiore di queste ore, complici anche i dati sulle scorte USA, in risalita 2 settimane fa, dopo il calo iniziato nella tarda primavera, cosa che lascerebbe ipotizzare un ritorno all’attività di vari impianti estrattivi americani, chiusi nei mesi scorsi per il crollo dei prezzi energetici.
  APPROFONDISCI – Petrolio, quotazioni ai minimi da metà aprile. Ecco cosa spinge giù i prezzi   Sarà forse anche per questo che il banchiere centrale della BCE, Benoit Coeuré, stamane ha spiegato che Francoforte si tiene pronta a fare di più per ravvivare l’inflazione nell’Eurozona, anche se ha connesso la bassa crescita dei prezzi con l’alto livello della disoccupazione nell’area. E’ innegabile, però, che la stabilizzazione al ribasso delle quotazioni petrolifere contribuirebbe a frenare la risalita dell’inflazione.