Aramco, il nome con cui è conosciuta la compagnia petrolifera statale dell’Arabia Saudita, primo esportatore di petrolio al mondo, ha comunicato di avere abbassato ancora una volta il prezzo per le consegne di greggio in Asia nel mese di marzo, portando lo sconto rispetto al “benchmark” a 2,30 dollari al barile, il maggiore degli ultimi 14 anni. Rispetto alle consegne per il mese di febbraio, si tratta di un maggiore sconto di 90 centesimi, la conferma che il Regno Saudita intende proteggere a ogni costo le sue quote di mercato in Asia, specie in Cina.

Al contrario, Aramco ha alzato di 15 centesimi il prezzo per le consegne verso gli USA, portandolo a 45 centesimi al di sopra di quello di riferimento per questo mercato. Lo stesso ha fatto per il Nord Europa e il Mediterraneo.   APPROFONDISCI – Petrolio, la morte di Re Abdullah cambierà la politica energetica dell’Arabia Saudita?   La strategia sembra chiara: abbassare i prezzi per i clienti asiatici, il mercato più promettente e in crescita nei prossimi anni, disincentivando le compagnie degli USA, del Messico, della Russia a vendere in questo continente. Un colpo duro da questa mossa lo si da pure al Venezuela, che in questi mesi è in preda alla disperazione per il tracollo delle quotazioni del greggio, materia prima che rappresenta il 97% delle sue esportazioni. Caracas sta stringendo accordi proprio con la Cina, al fine di evitare un azzeramento delle entrate fiscali. In particolare, l’Arabia Saudita non intende cedere terreno proprio in Cina, dove in soli due mesi, da ottobre a dicembre, la sua quota di mercato tra i tre maggiori fornitori è scesa dal 44% al 37%, in favore di Angola e Russia.   APPROFONDISCI – L’Arabia Saudita aumenta le esportazioni di petrolio e irrita l’Iran, salta il vertice   Riad stupì tutti a novembre, quando nel bel mezzo di un tracollo delle quotazioni del petrolio, decise di mantenere invariata la produzione e di aumentare lo sconto in favore dei clienti asiatici ai massimi degli ultimi 5 anni, segnalando al mercato l’intenzione di proteggere le sue quote.
Nella mattinata di oggi, il Wti americano quotava quasi 52 dollari, mentre il Brent saliva del 2,5% a 58 dollari. Quest’ultimo equivale a circa la metà dell’intero greggio venduto nel mondo. Per l’Asia, il prezzo di riferimento è quello medio praticato da Oman e Dubai. Gli altri paesi, tra cui l’Arabia Saudita, decidono di mese in mese di vendere a sconto o a premio rispetto al “benchmark”.   APPROFONDISCI – OPEC, rivolta contro l’Arabia Saudita. Ma il prezzo del petrolio verrà fatto crollare ancora