di Yanis Varoufakis – Con il piano di salvataggio si sono implementate profonde misure di austerità che hanno portato ad un’economia depressa e una popolazione depressa. Qual è stato l’impatto economico? Devastante. La differenza tra una recessione e una depressione è, in primo luogo, che nella prima è la famiglia media e l’impresa media che sperimenta la contrazione, mentre nella seconda tutti ne subiscono le conseguenze. In questo senso, una recessione ha pur sempre alcuni risvolti di efficienza, mentre la maggior parte dei settori soffrono, alcune imprese e alcuni settori hanno buoni risultati e alla fine agiscono da locomotiva per trainare l’intero paese fuori dal pantano.

Ma in una depressione non ci sono risvolti positivi. Anche le aziende redditizie vanno sotto perché, ad esempio, le garanzie delle banche greche non sono accettabili all’estero, col risultato che le manufatture Greche non possono importare a credito le materie prime – il che, a sua volta, significa la loro capacità di produrre è molto limitata e non possono rifornire i consumatori nemmeno se hanno un libro pieno di ordini che sarebbero profittevoli. Quindi, la combinazione di un sistema bancario fallito, di un ridimensionamento del commercio all’ingrosso nel settore privato, di tagli selvaggi nel settore pubblico, di nuove assurde tasse imposte su esausti contribuenti (che sono una minoranza grazie alla immunità fiscale della classe superiore) – tutto concorre a creare questo lungo inverno dello scontento. Che dura da tre anni e più.   Queste misure di austerità stanno avendo anche un impatto sociale di massa, leggiamo di anziani che frugano nei cassonetti alla ricerca di cibo e di famiglie che non sono in grado di pagare il telefono e le bollette. Com’è la vita ad Atene? Straziante. Una società che era orgogliosa di essere uscita dalla povertà e dalle difficoltà degli anni ’40 e ’50, causa delle ondate di emigrazione economica di quel periodo, sta ora sprofondando con una velocità incredibile in un buco nero.
Peggio ancora, la gestione del cambiamento essendo quella che è, non lascia spazio alla speranza. Almeno ai tempi cupi della Seconda Guerra Mondiale e anche della terribile guerra civile, c’era speranza. Speranza che le cose non potevano andare peggio e che quando la guerra sarebbe finita, dato che le guerre hanno una fine, sarebbe seguita la ripresa. Ma adesso, si tratta di una ‘guerra’ silenziosa e sinistra, che può durare potenzialmente all’infinito. La disperazione causata da questa prospettiva potenzia le avversità economiche e offre spazio ad ogni tipo di forze del male.   Che dice la gente, quanto sta male? Umiliazione, rabbia, rassegnazione, determinazione, depressione, solidarietà esemplare, minacciosa misantropia, razzismo, altruismo, sofferenza, esultanza all’ascolto di un buon brano di musica – è un insieme di sentimenti contraddittori costantemente e caoticamente nell’aria. Quello che è certo è che non si può incontrare nessuno, per strada, in un bar, in un ricevimento, al lavoro, che non vada dritto a parlare della nostra situazione.   Un articolo del Telegraph di Londra parlava di malati che non possono comprarsi le medicine, perché i fondi di assicurazione sociale e gli ospedali greci non pagano le fatture. Che cosa sta succedendo al sistema sanitario? Come c’è da aspettarsi, un’economia sociale che implode non può che trascinare con sè il suo servizio sanitario. I fondi pensione e la sanità sono a corto di soldi già da tempo. Le fatture non pagate alle farmacie e alle aziende farmaceutiche hanno causato l’arresto nelle importazioni di una vasta gamma di farmaci (in quanto non hanno i soldi per farlo), e prima di ordinare le medicine alle società farmaceutiche si esigono i contanti in anticipo dai pazienti – pur sapendo che i pazienti non potranno mai ottenere indietro i soldi dai loro fondi.
Aggiungete a questo i gravi tagli alle pensioni e ai salari, oltre alla disoccupazione dilagante, e avrete il quadro …   Secondo un articolo sul The Guardian, la Grecia si trova ad affrontare una crisi umanitaria, con più del 10% della popolazione che vive in condizioni di deprivazione materiale estrema. E’ così? (The Guardian: La Grecia sta affrontando una crisi umanitaria) Semmai si tratta di una sottostima. La crisi della Grecia sta montando velocemente e raggiunge anche le persone della classe media. Abbiamo delle famiglie senza casa che fino a pochi mesi fa avevano una casa e un lavoro. Nel crack sociale sono caduti anche loro, forse in modo irreversibile.   Atene è sull’orlo del collasso sociale, o è ancora  lontano? Che il tessuto sociale sia stato seriamente danneggiato non c’è dubbio. Ma le cose possono ancora peggiorare. Le famiglie stanno ancora insieme e la civiltà non è scomparsa. Le persone riescono a trovare modi innovativi per rispondere alla depressione, ad esempio ritornando a una rilassante tradizione musicale (che, dopo tutto, era il prodotto della povertà), a semplici modi di intrattenimento a buon mercato, ad atti di solidarietà e di rinnovamento, anche poco appariscenti. Ma se questa depressione procede con questa assenza di speranza, un crollo sociale è possibile.   Che cosa sa sulla crescita dei gruppi neonazisti di destra. Che impatto stanno avendo? Cosa ci può dire del Golden Dawn Party? Il Partito Golden Dawn non è un partito di estrema destra. Non è nemmeno un partito neonazista. Si tratta di una vera e propria banda nazista. E qui sta il grande paradosso: la Grecia, insieme con la Jugoslavia, ha messo su la più tenace, sanguinosa e vittoriosa resistenza contro i nazisti durante la seconda guerra mondiale. La maggior parte della popolazione si è sollevata contro i nazisti con atti di grande valore che hanno ispirato gli alleati in un periodo in cui il nazismo era quasi incontrastato in Europa.
Eppure, ci sono stati dei collaboratori – come sempre ci sono. Uomini incappucciati che facevano il giro delle città e dei villaggi con le SS e la Wehrmacht, segnalando i combattenti della resistenza. La banda Golden Dawn è la loro diretta discendente. Vedete, dopo che i nazisti si ritirarono dalla Grecia, molto tragicamente, i loro collaboratori riuscirono a infiltrarsi nelle forze armate (a seguito della guerra civile, in cui la guerra dell’Establishment contro la sinistra dava la possibilità ai collaboratori nazisti di essere ‘utili’ allo Stato); tanto che nel 1967 c’è stato un colpo di stato che ha messo la Grecia sotto una dittatura neo-fascista per sette anni. Alla fine di quel triste episodio, gli avanzi del regime sono stati messi da parte da una democrazia prospera. Tuttavia, dopo l’implosione economica e sociale degli ultimi tre anni, i peggiori elementi di quel gruppo (che non erano mai veramente andati via, ma erano invece rimasti nascosti recitando Mein Kamf) sono riapparsi utilizzando di proposito la tattica del partito nazista tedesco del 1920 e, in particolare, di Goebbels. Cioè voglio dire che hanno adottato un racconto sulla crisi  diviso in due parti: la prima è una critica del tutto ragionevole del capitalismo clientelare finanziarizzato (una copia esatta della critica di Goebbels del 1927 sui fallimenti del capitalismo). Comincia quindi la seconda parte: incolpare gli stranieri (che possono essere pakistani come ebrei) della crisi e chiedere la pulizia etnica. Si aggiunga a questo mix: (a) le offerte di servizi di sicurezza personali a pensionati affamati troppo spaventati per andare nelle strade, (b) cibi e verdure gratis solo per ” greci etnicamente puri”, e (c) Stormtroopers che attaccano selvaggiamente gli immigrati e i Greci che si oppongono –  e quello che si ottiene è il ‘quadro completo’ degli aspetti più bui degli anni ’20 e ’30.   Sappiamo che la Grecia è crollata, ma non c’è più niente da fare? La Grecia è troppo vecchia e provata per essere facilmente considerata perduta. Abbiamo attraversato difficoltà incredibili, occupazioni, tradimenti, la depressione, la conquista, l’autodistruzione, e così via. “La Grecia è difficile da ammazzare”, come mi ha detto una volta un vecchio partigiano del tempo di guerra. La tragedia è che questa crisi sta distruggendo delle vite e delle generazioni inutilmente. Non è la crisi che dovevamo avere. Articolo originale: On the social conditions in Greece, now