Domani sapremo se per la sedicesima volta in poco più di 2 anni, il governatore della banca centrale del Brasile, Alexandre Tombini, alzerà i tassi. Lo credono gli analisti, che scommettono su un aumento del Selic di 50% dal 13,75% attuale al 14,25%. Lo segnalerebbero anche i traders. E come dare loro torto, se il real ha perso il 21% dall’inizio dell’anno, attestandosi a un cambio di oltre 3,36 contro il dollaro, il livello più alto dal 2003. Non va meglio con l’inflazione, salita al 9,25%, quando l’obiettivo dell’istituto è del 4,5% annuo con un margine di tolleranza del +/- 2%.

Il punto è che quando la stretta monetaria iniziò nell’aprile del 2013, l’inflazione era al 6,5%. In sostanza, non solo la lunga serie di rialzi dei tassi non ha avuto alcun  effetto positivo sui prezzi, ma al contrario questi hanno continuato a salire. E l’apparente contraddizione si spiega proprio con il tonfo del reale, che negli ultimi 24 mesi ha perso un terzo del suo valore contro il dollaro, surriscaldando l’inflazione, attraverso la crescita del costo dei beni importati.

Debito Brasile più a rischio

La scorsa settimana, il ministro delle Finanze, Joaquim Levy, già nella squadra di governo dell’ex presidente Lula, ha inviato un messaggio ai parlamentari, chiedendo loro di rivedere al rialzo i target fiscali, in quanto le entrate starebbero andando peggio delle attese. L’economia brasiliana si trova in recessione e quest’anno il pil dovrebbe scivolare per gli analisti di almeno l’1,7% e forse anche del 2,5%. Il debito pubblico si è portato dal 55,9% dell’ottobre scorso al 62,5% del pil di maggio, tanto da mettere a rischio il giudizio di “investment grade” da parte delle agenzie di rating.   APPROFONDISCI – Il Brasile attua la terza stretta consecutiva: tassi Selic al 12,25%. E aumentano le tasse   Il tasso di disoccupazione è salito nel frattempo all’8,1% e il governo spera che proprio il rallentamento della domanda interna, conseguenza della crisi, possa contenere l’inflazione, stimata ancora mediamente da 100 economisti indipendenti al 5,4% per la fine dell’anno prossimo.

Una cosa sembra certa: la stretta monetaria sta avendo conseguenze drammatiche sul mercato del credito. A maggio, un finanziamento medio non sussidiato veniva erogato al tasso medio del 42,5%, il 6% in più dello stesso mese del 2014, mentre un prestito auto veniva concesso a un tasso del 21,5%, anch’esso in rialzo del 2,4% su base annua.   APPROFONDISCI – Il Brasile è in stagflazione. La stretta monetaria non basta e la crescita del pil è zero  

Alta inflazione Brasile riporta alla memoria il 1994

Uno dei maggiori problemi del paese è la scarsa credibilità di cui gode la rieletta presidente Dilma Rousseff, che pure aveva promesso in campagna elettorale maggiori sforzi per combattere l’alta inflazione, anche se senza gli “eccessi” attribuiti all’avversario. A 10 mesi dalla riconferma alla presidenza, però, l’economia è peggiorata, la disoccupazione è cresciuta e l’inflazione corre verso la soglia delle 2 cifre, un fatto che desta allarme in un paese, che solamente nel 1994 ha vissuto la tragedia dell’iper-inflazione, che costrinse il governo di allora a ritirare la moneta e a batterne un’altra. Diversi analisti riconducono quest’impennata dei prezzi alla cattiva gestione della politica monetaria negli anni scorsi. Il tasso Selic fu tagliato al minimo del 7,25% nel 2012, nonostante i prezzi mostrassero una dinamica crescente. La Rousseff, tramite la banca centrale, si dice che abbia scherzato col fuoco e adesso sta facendo bruciare tutta l’economia. E’ chiaro che il probabile aumento dei tassi di domani non farà bene all’economia nel breve termine, perché impatterà negativamente sul pil. Si tratta di una mossa necessaria, però, altrimenti Tombini rischia di trovarsi a gestire il collasso del real e un’inflazione fuori controllo e dagli esiti destabilizzanti.

  APPROFONDISCI – Brasile, i tassi salgono al 13,25%. E’ ora di puntare sui bond in reais?