Sono trascorsi esattamente 100 giorni da quando Syriza ha vinto le elezioni in Grecia e il suo leader Alexis Tsipras è diventato premier, guidando il primo governo di estrema sinistra dalla fine della dittatura dei Colonnelli. Le attese tra i cittadini erano e restano tantissime, perché altrettante sono state le promesse elettorali di Tsipras.

Default Grecia all’ordine del giorno

Il bilancio dei poco più dei primi 3 mesi, però, non sembra essere esaltante. Oggi più che mai, Atene rischia seriamente il default, se entro i prossimi giorni non riceverà dall’Eurogruppo almeno parte dei prestiti prorogati dall’accordo del 20 febbraio alla fine di giugno per complessivi 7,2 miliardi.

Le trattative con i creditori pubblici procedono a ritmo serrato e domani dovrebbe tenersi una riunione dell’EuroWorking Group, che esprimerà un giudizio tecnico preliminare sugli impegni che il governo Tsipras intende assumersi, in vista dell’Eurogruppo dell’11, sul cui esito il  ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, si  è detto “pessimista”, ritenendo improbabile che possa erogare gli aiuti. La conferma arriva dalle stesse “Istituzioni”,  che pur aprendo a un possibile accordo successivo, spiegano come non vi dovrebbe essere alcuna decisione la prossima settimana.   APPROFONDISCI – Grecia, l’FMI all’Eurogruppo: o taglio del debito o non daremo più aiuti   Che la situazione si stia facendo seria e tragica lo dimostra il pressing crescente di queste ore di Portogallo e Spagna, due paesi affatto teneri con il premier greco, i cui rispettivi ministri delle Finanze, Maria Luis Albuquerque e Luis de Guindos, hanno fatto appello a quest’ultimo perché presenti una lista di riforme da realizzare in cambio degli aiuti. Il vero flop di Tsipras in questi primi mesi di governo è consistito proprio in questo: dopo avere promesso in campagna elettorale di “stracciare” il memorandum d’intesa con la Troika (UE, BCE e FMI), di cacciare quest’ultima dal paese, di cancellare parte del debito pubblico, definendo la cancelliera Angela Merkel “il politico più pericoloso d’Europa”, adesso non solo quasi implora l’Eurogruppo di erogargli nuovi aiuti, ma è costretto ad aggrapparsi al telefono per chiamare Berlino ogni qualvolta la situazione sembra precipitare.
  APPROFONDISCI – Grecia, Tsipras chiama disperato alla Merkel. Bruxelles minaccia l’espulsione dalla UE   Insomma, la Grecia ancora più dipendente di prima dal “buon cuore” dei tedeschi; non esattamente una grande strategia mediatica per un politico che aveva promesso di ridare al paese la “dignità” perduta. Ancora più imbarazzante la pretesa di sostituire a livello ufficiale in Europa il nome Troika con “Istituzioni”, quando la sostanza è rimasta identica a quella degli ultimi anni.

Tante promesse mancate

Certo, alcuni provvedimenti socialmente rilevanti sono stati effettivamente approvati dal Parlamento. Parliamo dell’elettricità gratis e dei buoni pasto per le famiglie più povere, così come aiuti per gli inquilini meno abbienti e la rateizzazione dei debiti fiscali. Tuttavia, la cancellazione dell’Enfia, l’odiata imposta sugli immobili (l’IMU greca) è rimasto un sogno, come quello di non fare pagare le tasse per i redditi fino a 12 mila euro all’anno. Non parliamo nemmeno dell’aumento degli stipendi pubblici e delle pensioni o dell’eliminazione dei debiti con le banche delle famiglie più povere o della creazione di 300 mila posti di lavoro nel pubblico impiego. Molte di queste promesse o tutte resteranno lettera morta per assenza di fondi. Gli impegni di Tsipras ammontano a 11 miliardi di euro, quasi il 6% del pil, 27 miliardi per le opposizioni. Troppo, in ogni caso, per un’economia che balla un giorno sì e l’altro pure sull’orlo della bancarotta. I greci perdoneranno al premier le promesse non mantenute, avendo oggi come unica paura quella di tornare alla dracma, cosa che il 67% di loro vorrebbe evitare, stando a un sondaggio di questi giorni.

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La Troika è anche più forte di prima

La sopravvivenza finanziaria della Grecia dipende adesso dalle misure di quelle istituzioni tanto vilipese proprio da Syriza in campagna elettorale. Ora che la crescita del pil potrebbe fermarsi allo 0,5% dal +2,5% stimato a febbraio, il ritorno della recessione potrebbe essere devastante per un paese con una disoccupazione al 26% e con un’economia che ha già perso un quarto della sua ricchezza annua dal 2007. Domani, la BCE deciderà se continuare a sostenere le banche greche, erogando loro la liquidità di emergenza tramite i fondi ELA. Il governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, membro del board dell’Eurotower, ha anche oggi avvertito che potrebbe essere deciso un taglio della liquidità erogabile in cambio del collaterale di garanzia, cosa che taglierebbe fuori gli istituti ellenici dal circuito dei prestiti e che potrebbe innescare una crisi finanziaria e un deflusso dei capitali, tale da costringere il governo a imporre limitazioni ai relativi movimenti. Mario Draghi potrebbe segnalare domani, quindi, di avere perso la pazienza, se l’EuroWorking Group dovesse mostrarsi tiepido sui progressi realizzati nel negoziato con Atene. Solo adempiendo alle condizioni poste dall’Eurogruppo, Tsipras potrà evitare la bancarotta e l’uscita dall’euro; un pò poco per chi aveva promesso il riscatto della dignità nazionale, ma che evidentemente non aveva fatto i conti con l’oste.   APPROFONDISCI – Il destino della Grecia è nelle mani dei finlandesi? Ecco l’incubo che attende Tsipras