L’Eurogruppo di ieri sera ha raggiunto un accordo tra i ministri finanziari dell’Eurozona per presentare entro un mese una proposta politica definitiva sulla ricapitalizzazione delle banche in crisi.

Lo ha annunciato il presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, che a questo punto ha spostato alla riunione del 19 giugno nel Lussemburgo il raggiungimento di un accordo definitivo. La proposta di Dijsselbloem prevede di regolare la gestione di eventuali crisi bancarie nell’anno di transizione del 2015, in attesa che le nuove regole sul “bail-in” entrino in vigore dal 2016.

 

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La proposta

In pratica, prima di utilizzare gli aiuti dello European Stability Mechanism (ESM), il fondo di salvataggio permanente, le banche dovranno seguire un iter ben preciso. Anzitutto, dovranno attingere a strumenti di ricapitalizzazione diretta, se disponibili, ricorrendo, cioè, alle risorse di azionisti e creditori per un livello pari ad almeno l’8% delle passività dell’istituto. Solo successivamente, le banche potranno adire i fondi nazionali, secondo un meccanismo di ricapitalizzazione indiretta e in accordo con le regole europee degli aiuti di stato. Tali fondi verranno alimentati da prelievi sugli stessi istituti. Infine, qualora anche gli aiuti pubblici nazionali dovessero risultare insufficienti, potrà intervenire l’ESM, secondo una logica di mutualizzazione progressiva degli oneri.

Per l’approvazione dello schema di “bail-in”, la Finlandia ha chiesto tempo, al fine di consentire l’approvazione in Parlamento.

L’Eurogruppo ha anche preso atto dei tempi fissati dalla BCE per le ricapitalizzazioni risultanti necessarie, sulla base dei “buchi” bancari riscontrati con gli stress-test. Tali aumenti di capitale dovranno avvenire entro sei mesi dalla comunicazione dei risultati, se le risorse dovessero risultare insufficienti per le simulazioni dello scenario di base; entro nove mesi, se i “buchi” fossero il risultato di una simulazione di uno scenario estremo.

Cosa cambia per il mercato del credito

L’accordo quasi certo che sarà raggiunto tra un mese sulla cosiddetta “unione bancaria” avrà conseguenze dirompenti sul risparmio nell’Eurozona. Viene meno il principio (implicito), che in caso di crisi di una banca, sarà lo stato ad accollarsi gli oneri del salvataggio. Al contrario, qui viene confermato su larga scala il “modello Cipro”, ossia il coinvolgimento nelle perdite degli azionisti, dei creditori (obbligazionisti) e dei risparmiatori, titolari dei depositi. 

Per questo, d’ora in avanti più che mai sarà essenziale per un risparmiatore discernere tra banca e banca e prestare attenzione alla situazione patrimoniale di ciascuna, per evitare di trovarsi coinvolto in un crac, che avrebbe su di esso effetti quasi immediati. Difficile, però, contestare la ratio di questo schema: non può essere il contribuente ad accollarsi sempre e comunque i costi dei salvataggi, è ora che si responsabilizzino di più anche gli investitori, azionisti in primis.

La lezione della crisi finanziaria del 2008-’09 è stata, d’altronde, molto chiara: per gli errori di pochi, ci hanno rimesso intere economie e i debiti pubblici di Europa e USA sono schizzati, poiché i governi hanno addossato sui bilanci statali le perdite di istituti privati.