Il real brasiliano guida le perdite tra le valute emergenti di oggi, dopo che è stato reso noto che l’uomo d’affari miliardario, Andre Esteves, a capo di BTG Pactual, di cui è anche azionista di controllo, è stato arrestato insieme al senatore della maggioranza, Delcidio Amaral, nell’ambito dell’enorme inchiesta sulla corruzione gravitante attorno alla compagnia petrolifera statale Petrobras. Gli agenti della polizia federale sono stati autorizzati dalla Corte Suprema ad entrare al Senato, dove hanno arrestato anche il capo dello staff di Amaral, requisendo documenti, che proverebbero il tentativo degli accusati di intralciare le indagini.

La valuta brasiliana cede al momento il 2%, attestandosi a un cambio di 3,7742 contro il dollaro, tornando ai livelli più bassi da una settimana a questa parte. Su base annua, il calo è ormai di oltre il 32%. Per oggi è attesa la decisione del governatore della banca centrale, Alexandre Tombini, sui tassi, che dovrebbero rimanere invariati al 14,25%. Ma certo è che queste ultime novità non giovano affatto all’economia brasiliana, in piena recessione, che avrebbe bisogno di una politica monetaria più accomodante, ma al momento impossibile da attuarsi, a causa di un’inflazione al di sopra del 10%, alimentata proprio dal deprezzamento del cambio.

Crisi Brasile è sia economica che politico-istituzionale

Gli arresti segnano un peggioramento delle aspettative sull’evoluzione della crisi politica in corso e ciò per almeno un paio di motivi. Innanzitutto, perché segnalano che lo scandalo sul grosso giro di corruzione lambisce sempre più le massime cariche dello stato, quando risultano già indagati sia il presidente Dilma Rousseff che il suo vice, Michel Temer, in merito a presunti finanziamenti illeciti ottenuti nel 2014 per la campagna elettorale proprio da Petrobras. Sotto accusa per corruzione, poi, vi sono anche i presidenti di Camera e Senato. Insomma, tutti i vertici istituzionali potrebbero a breve essere spazzati via. C’è, poi, una peculiarità in Amaral: egli è vicino all’ex presidente Lula e da presidente della Commissione economica del Senato ha agevolato fino ad oggi l’approvazione delle misure di austerità fiscale del governo, contro le quali è contraria una grossa parte della stessa maggioranza di sinistra.

Dunque, viene meno un ponte tra la Rousseff e il Congresso, nonché tra l’attuale capo dello stato e il suo predecessore e mentore.        

Minacciato risanamento conti Brasile

Non dimentichiamo che sulla Rousseff pende una dozzina di richieste di impeachment da parte di deputati e senatori, su cui il presidente della Camera, Eduardo Cunha, dovrebbe esprimersi a inizio 2016. Solo l’ipotesi del rinvio della decisione ha negli ultimi giorni calmato le acque agitate della finanza, la cui sfiducia sull’economia brasiliana cresce di settimana in settimana, come dimostrano i risultati delle indagini della banca centrale, contenuti del report Focus. La crisi fiscale a cui il governo sta solo di recente cercando di porre rimedio avrebbe bisogno di un clima politico del tutto diverso. Il ministro delle Finanze, Joaquim Levy, punta a raggiungere nel 2016 un avanzo primario dello 0,7% del pil, necessario per impedire che il deficit, già al 9%, continui a crescere. Tra le ultime ipotesi, non confermate, ma nemmeno smentite dallo stesso ministro, vi sono quelle di un rinvio da gennaio a giugno dell’aumento del salario minimo, così come di spostare da agosto a dicembre l’adeguamento degli stipendi pubblici. Per quanto la pulizia e lo sradicamento del fardello della corruzione non potrebbero che fare bene all’economia brasiliana nel medio-lungo termine, l’impatto potrebbe risultare abbastanza negativo, se si considera che da qualche ora è in manette uno dei più famosi magnati brasiliani con un patrimonio stimato da Forbes in 2,2 miliardi di dollari, a capo della sesta banca più grande del paese e della prima banca d’investimenti in tutta l’America Latina.