E’ da piu’ di due anni che il nome di Francesco Corallo rimbalza sulle prime pagine della cronaca giudiziaria. E la vicenda che coinvolge la famigerata casa di Montecarlo appartenuta ad Alleanza Nazionale rappresenta solo la punta dell’iceberg. Figlio di Gaetano , condannato a sette anni e mezzo per associazione a delinquere e uomo di Nitto Santapaola (boss catanese ai vertici della Cupola, arrestato nel 1993), Francesco ha legami con la politica e con il mondo della finanza. La Dea (Drug Enforcement Agency) degli Stati Uniti lo descrive in “elevata posizione” nel clan mafioso Santapaola, ed e’ attualmente ricercato dall’Interpool.

IL “RE DELLE SLOT MACHINES”

Il “titolo” gli e’ stato conferito nel 2007, quando la Finanza denuncia la maxi-truffa ai danni dei Monopoli di Stato. Dal 2004, anno in cui il governo Berlusconi liberalizza parzialmente il gioco d’azzardo, le slot machines sono collegate ai Monopoli tramite la rete informatica pubblica Sogei. In questo modo lo Stato puo’ controllare in tempo reale gli incassi dei concessionari (dieci in tutto), a cui viene data in gestione la rete. Il problema e’ che per almeno tre anni, il 90 per cento degli apparecchi non viene collegata alla rete. Secondo la legge per ogni ora “evasa”, le societa’ avrebbero dovuto pagare una multa di 50 euro. In pratica i dieci concessionari incassano tutto in nero e i finanzieri gli contestano 98 miliardi di euro . Una di queste società, la più importante con una quota pari al 30 per cento del mercato, si chiama Atlantis World Nv, con base nelle Antille Olandesi. I militari indagano e, barcamenandosi nel fantastico mondo della finanza off-shore, risalgono fino al proprietario: Francesco Corallo. A questo punto la vicenda diventa ancora più torbida. I Monopoli di Stato, che gia’ avevano affidato una delle concessioni al figlio di un noto mafioso, ha nel frattempo stipulato delle nuove convenzioni con i dieci evasori.

 Sulla base alle condizioni del nuovo contratto, la Corte dei Conti condanna le società a pagare “solo” 2,5 miliardi di euro. Una cifra comunque importante che lo Stato non riesce a incassare perchè la battaglia legale, a colpi di ricorsi al Tar del Lazio e al Consiglio di Stato, e’ ancora in corso. Corallo e la sua Bplus (che ha sostituito l’Atlantis) devono all’erario 845 milioni di euro, un terzo del totale.

ATLANTIS, BANCHE E POLITICA

Passano i mesi, la crisi della finanza travolge l’economia reale del Paese, ma la vicenda della maxi-evasione delle slot machines continua a passare sotto silenzio. Corallo ha le spalle piu’ che coperte. Il rappresentante legale in Italia dell’Atlantis si chiama Amedeo Laboccetta, deputato del Pdl in quota Alleanza Nazionale e, ironia della sorte, membro della Commissione Parlamentare Antimafia. Non solo, Laboccetta presenta Corallo come suo “assistente parlamentare”. Lo scrive in una lettera del luglio 2010 inviata ad un’azienda in affari con Atlantis-Bplus. Il nome del figlio del boss esce fuori anche in un’altra delicatissima inchiesta che coinvolge Massimo Ponzellini, uomo forte della finanza italiana, gia’ presidente di Impregilo (tra le principali aziende italiane nel settore dell’edilizia e tra le affidatarie dell’appalto relativo al ponte sullo Stretto di Messina) e presidente della Banca Popolare di Milano, agli arresti domiciliari dallo scorso maggio per associazione a delinquere, finalizzata alla commissione di piu’ delitti (corruzione, appropriazione indebita e riciclaggio).

Al centro dell’indagine l’enorme mole di finanziamenti concessi a varie societa’ (oltre cinque milioni di euro) tutte riconducibili a Francesco Corallo. “Vicenda che presenta molteplici elementi di anomalia, sia secondo i canoni di buona amministrazione sia, piu’ gravemente secondo le regole di disciplina in materia di riciclaggio” scrive in merito la Procura di Milano. Quando nel novembre 2011 le Fiamme Gialle perquisiscono un ufficio romano riconducibile a Corallo, l’attenzione e’ caduta su un personal computer, che il re delle slot machines ha spiegato non essere suo, ma di una non meglio specificata “donna sudamericana”.

I militari hanno poi accolto con grande stupore l’arrivo del deputato Laboccetta, che ne reclamava la proprieta’, spiegando loro che non potevano sequestrarlo in quanto “coperto da immunita’” (per arrestare e/o perquisire un parlamentare e’ necessario l’ok della Camera di appartenenza).

 

FINI E LA CASA DI MONTECARLO

La storia non finisce qui, ma si aggiorna a ieri. Ricordate la storia della casa di Montecarlo, appartenente ad Alleanza Nazionale e passata di mano fino a Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, seconda moglie di Gianfranco Fini? Le carte pubblicate da L’Espresso e dal Fatto Quotidiano dimostrano che James Walfenzao, prestanome e consulente di Francesco Corallo, e’ l’ultimo acquirente dell’immobile sito n Boulevard Princess Charlotte. “Walfenzao – scrive la Finanza in un’informativa – era destinatario da parte di Corallo, di varia documentazione relativa ai noti fratelli Elisabetta e Giancarlo Tulliani, tra cui: 1) un fax inviato l’undici aprile 2008, con allegato application form per la Bank of Saint Lucia International Limited, dal quale si rileva che Giancarlo Tulliani e’ il beneficiario economico della societa’ Jayden Holding Ltd; 2) fax del 13 marzo 2008, con allegata copia del passaporto di Giancarlo Tulliani; 3) fax del 19 giugno del 2008 con allegata copia del passaporto di Elisabetta Tulliani”. Il filo, invisibile a molti, che collega il presidente della Camera a Corallo era gia’ stato evidenziato due anni fa quando saltarono fuori le foto di una vacanza del 2004 nell’isola caraibica di Sant Marteen che immortalavano Fini e Laboccetta (sempre lui) in un casino’ di proprieta’, sorpresa sorpresa, di Francesco Corallo.